TREDICI

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Il mattino dopo mi svegliai alla solita ora. A differenza della mattina precedente aspettai che Cesare uscisse con il cane prima di fiondarmi in doccia.

Non ci eravamo più parlati dalla sera prima. I suoi occhi gelidi e profondi mi avevano tormentata per tutta la notte.

Se era incazzato con me era un problema suo.

Aprii la cabina armadio e indossai i miei pantaloni a vita alta e una tshirt grigia. Lasciai i capelli sciolti sulla schiena e mi allacciai le Nike bianche ai piedi. Misi l'occorrente nello zaino e scesi al piano inferiore. Quando varcai la soglia della cucina, Cesare era già seduto al tavolo.

«Buongiorno», lo salutai. Non ricevetti risposta.

Scossi la testa esasperata e mi fiondai sulla tazza bianca la quale sbattei nel microonde.

Aspettai i catodici due minuti per far si che l'acqua si scaldasse poi versai zucchero e caffè istantaneo nel recipiente. Lo mescolai e lo portai alle labbra, assaporandone il gusto. Preferivo il caffè della moka, tuttavia quella brodaglia non era per nulla malvagia.

Mi sedetti accanto a Cesare, fingendo che non esistesse.

Lui stava messaggiando con qualcuno, senza degnarmi di uno sguardo.

Aprii il mio zaino e presi il libro di testo di letteratura. I miei occhi scorsero in fretta sugli autori che avremmo affrontato durante l'anno scolastico.

«Non è un po' troppo presto per iniziare a studiare? La scuola è cominciata solo ieri, non possono averti già dato i compiti», mormorò scontroso Cesare senza guardarmi.

Alzai lo sguardo su di lui, e quando mi accorsi che mi stava fissando, preferii riportarlo sul libro di testo. «Non credo che siano affari tuoi», sbuffai.

Ero incazzata a morte con lui. Odiavo quel suo modo di fare. In verità non sopportavo il modo in cui mi faceva sentire. Ero sempre a disagio e irrequieta in sua presenza.

Cesare non disse nulla e io non pronunciai parola. Eravamo due perfetti estranei.

Passammo circa cinque minuti in quel silenzio imbarazzante.

«A che gioco stai giocando?», disse all'improvviso rompendo il silenzio.

Scossi la testa. «A nessun gioco e lo sai bene», gli ribadii.

I suoi occhi trovarono i miei. «Non ti credo.»

Mi strinsi nelle spalle. «Fa come vuoi, non mi importa», mormorai alzandomi per riporre la tazza nel lavandino.

Quando mi voltai, mi trovai intrappolata tra le sue braccia. Il suo petto muscoloso era attaccato al mio e io ringraziai il mio reggiseno, il quale nascondeva le prove della mia eccitazione.

Cesare teneva entrambe le mani ai lati della mia vita, appoggiate sul bordo. I suoi occhi scrutarono i miei con insistenza.

«Cosa ci facevi ieri con Filippo in camera tua?», volle sapere.

Sbattei gli occhi perplessa. «Come?»

Digrignò i denti. «Hai capito benissimo. Cosa facevate voi due insieme da soli nella tua stanza?», ribatté scontroso.

«Non sono affari tuoi», gli rinfacciai.

«E' qui che ti sbagli!», esclamò facendosi sempre più vicino. «Sono affari miei. Filippo è mio fratello, mentre tu...»

Sostenni il suo sguardo. «Io cosa? Avanti dillo Cesare, io che cosa sono per te?»

«Buongio... oh cazzo!», esclamò imbarazzato Alessandro varcando l'ingresso della cucina. «Ho per sbaglio interrotto qualcosa?»

VIENI CON ME (1-The Rossi's Series)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora