6 - Tutto nelle mani di Dafny

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Dafny, leggendo più volte quella domanda dalla dubbia educazione, era indecisa se rimanere perplessa o piuttosto irritata.

"Di chi ti sei infatuata stavolta, donna succinta?"

«Vorrei sperare che questa domanda non sia rivolta a me!» borbottò accigliata.

Dopo pochi attimi l'acqua si increspò e le alghe maleducate si mossero nuovamente.

"Afrodite! Allora? Non ho tutto il giorno!"

"Risponde pure!"

«Non sono Afrodite, sono sua figlia... una delle tante!» ribatté con più fermezza.

«Ah! Mi sembravi troppo grassa e scura, figlia qualunque di quella succinta!»

Dafny, valutando sé stessa, non aveva mai avuto problemi con il proprio aspetto. Essendo hawaiana amava il tono deciso del colore ambrato della sua pelle. Che fosse terribilmente sovrappeso ne era cosciente, e comunque aveva imparato a convivere con il suo corpo. E tanto per essere sincera, Dafny sapeva pure di non impazzire per la mamma dea dell'amore, tuttavia era lontana anni luce dal rivolgerle alcuna offesa. Anzi, quella espressione palesemente infelice la toccò nel profondo. Era sua madre dopotutto, e per ciò decise di non tollerare altri insulti gratuiti da quel cespo ammollato in acqua tiepida! Allorché, si impuntò.

«Sentimi bene, ammasso d'erbaccia acquatica, se non vuoi che ti faccia diventare algha nori, ottima per avvolgere il sushi, da questo momento in poi non voglio più che insulti me o mia madre! Siamo intesi?».

La minaccia sortì l'effetto desiderato... ma solo in parte. La pianta sotto il pelo dell'acqua fremette per un po'. Forse indecisa su quali parole scegliere. Alla fine, le scelse.

"Preferivo l'altra delle tante figlie di..." la frase non era completa, tuttavia Dafny, sostenendo lo sguardo ammonitore, comprese che si stava riferendo a Nancy, la quale per altro, se ne stava ben lontana da quell'assurdo dibattito.

«Perfetto! Ora discuto pure con le alghe!» bofonchiò prima di riprendere.

«Sono venuta fin qui per recuperare qualcosa appartenente alla dea Afrodite! Sapresti indicarmi cosa cercare?» domandò, sottolineando il nome e il titolo divino dalla genitrice con autorevolezza, in maniera da far intendere al viscido cespuglio che non stava scherzando, che non avrebbe tollerato alcun passo falso, e che altrimenti la promessa minacciata l'avrebbe mantenuta.

Di nuovo il folto fogliame vibrò e alcune bolle emersero da esso.
Dafny, chinatasi, rimase in attesa di una qualche altra scritta da leggere, e invece si tappò il naso con ambo le mani, fortemente irritata dal puzzo di pesce putrefatto emesso da quelle alghe dispettose.

«Adesso mi hai proprio stufato!» esclamò trattenendo i conati di vomito. Immerse un braccio in acqua e strappò di netto una manciata di viscide foglie. Il basso fondale, smosso dal cespuglio animato, rese torbida l'acqua attorno, e Dafny non vide più il vegetale lacustre.

Rassegnata a non ottenere alcun aiuto da quella entità assurda, osservò di nuovo il punto luminoso che persistette a rilucere in mezzo al lago.

«Non ho bisogno del tuo inutile aiuto!» asserì buttando stizzita il fogliame puzzolente e molliccio strappato. «Ciò che devo cercare l'ho trovato!».

Avanzò con circospezione verso la meta individuata. L'acqua le arrivava a malapena a metà polpacci. La temperatura era piuttosto tiepida e alquanto piacevole. Laura, infatti, aveva raccontato di tutto e di più circa il lago Specchio di Venere. Non mancò di riportare anche quale fosse la massima profondità, che per inciso supera di poco i dieci metri, dodici in caso avesse piovuto il giorno prima. Difatti, il bacino acquifero è di origine vulcanica, il suo perimetro stesso ne è il cratere. È per questo motivo che la figlia di Afrodite camminava con molta attenzione, condita con una più che giustificata punta di paura.

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