13 - L'olimpiade

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Settimane dopo l'ultimo incidente causato da Axel con l'incauto maneggiamento dello strumento di Anticitera, la piazza Agorà, in tutta la sua ampiezza, era in fermento. Plotoni di semidei correvano ordinatamente in ogni direzione per disporre tutte le attrezzature necessarie per l'unico evento olimpico della stagione estiva, prima del rientro annuale nel mondo esterno.

Arrivato il gran giorno, i capi dei quartieri e i loro seguiti sfilavaono lungo le arterie principali delle rispettive zone di appartenenza. Vista dall'alto, la piazza ottagonale appariva come un fulcro verso il quale gli abitanti erano attratti.

L'evento tanto atteso, la prova cardine utile a valutare il coraggio, la destrezza, astuzia e furbizia di ognuno era finalmente in pieno svolgimento.

Com'era noto, ogni gara iniziava e finiva con modalità differenti. Anche i nuovi arrivati, Yuri compreso, erano stati messi al corrente delle regole delle olimpiadi.

Dall'alto una voce gracchiante la confermò sbuffando divertita.

Certo, ma quest'arena dov'è? Si chiesero i nuovi, ma non attesero molto per scoprirlo.

Gli spiriti, sentinelle sempre si disposero in cerchio lungo il perimetro della piazza Agorà a formare un enorme girotondo, e con suoni di trombe eteree misti a soavi strimpellii di lire e cetre, evocarono dal pavimento del piazzale la struttura sportiva.

Un immenso ammasso ordinato di mattoni e pilastri di marmo spuntarono dal lastricato e, guidati dagli spiriti dell'aria, composero gli spalti, le piste da corsa, i molti campi delle varie discipline guerresche e i portoni delle entrate.

Una figura nuova di Asteria, che si era imposta e fatta conoscere con prepotenza, campeggiava su una nuvola violacea, tutta eccitata e compiaciuta. Era la dea Aphaia, messa in tiro con in dosso un chitone arancio acceso firmato Dolce e Gabbana. Non era più un mistero che, da quando aveva conquistato la libertà grazie a un certo ex cieco molto paziente aveva scoperto le meraviglie manifatturiere moderne, apprezzando con esuberante entusiasmo i pregevoli manufatti sartoriali italiani.

«Chi ha avuto questa idea?» domandò Aliseo Storm a Gregorio.

«Prova un po' a immaginare?» rispose l'altro indicando col mento Aphaia in visibilio sulla sua nuvoletta personale dalla quale sovrastava l'anfiteatro. Sembrava esserne la padrona. Comunque, l'euforia della dea era giustificata, del resto era passata da reclusa millenaria dentro un tempio fatiscente a guardiana delle carceri di Asteria. La musica per lei non era cambiata molto.

«Oh! Avanti! Tanto lo sappiamo tutti che il finale ultimo delle olimpiadi è la preparazione tattica alle invasioni dei nemici di Asteria! È un'esercitazione bellica a tutti gli effetti! Dai sto via una buona volta a questo circo invece di osservarci dall'alto come un'aquila!» protestò una testa calda del gruppo di Ares, al che la dea, piccata per l'impazienza del semidio, macchinò all'istante un'idea. Ben presto i semidei capirono che quando a quella dea veniva in mente un'idea, c'era poco da stare tranquilli.

«Ti accontento subito! La prima prova consiste nel riuscire a entrare nell'arena, superando gli ostacoli mortali che attiverò io stessa a mio piacimento!» emise imperiosa con un tono a un passo dall'infuriarsi. E quel "mortali" echeggiò lugubre nelle orecchie di chiunque.

«Bene Nicky! Bravo! Ben fatto!» lo ammonì una seccata ragazza di Atena che aveva assistito al dibattito.

Aphaia non chiese di meglio che alzare il livello di pericolosità dei giochi, anche perché doveva tenere fede al giuramento fatto a Yuri. Voleva rendergli la vita un inferno, e il diretto interessato ne era consapevole, lo si poteva capire dallo sguardo in quell'attimo incrociato.

Yuri dal canto suo non era uno sprovveduto e non si creava problemi a chiedere informazioni quando ne aveva bisogno. Un giorno chiese a Techne, suo mentore e l'unico che sapeva spiegargli le cose che non afferrava, il come mai di quell'atteggiamento ostile di Aphaia.

Il Meccanismo IncantatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora