25 - Chi vuole diventare una divinità?

82 9 56
                                    

Durante gli ultimi giorni d'estate, Yuri fu alle prese col quaderno ricevuto in prestito da Justice. Imparare a scriverci sopra non gli risultò difficile come aveva immaginato, però lo stare fermo e mantenere la concentrazione su quel filo d'inchiostro che, arzigogolandolo sulla carta dava vita alle parole, lo sfiancava. "Credo di essere portato più per la pastorizia! Ah! Quanto mi mancano le pecorelle!"

Il bello, o lo snervante, di quel quaderno era che a ogni errore commesso emanava fastidiose scariche elettriche che gli pungolavano la mano. Per ovviare l'inconveniente doveva cercare il refuso e correggerlo. Se la procedura risultava corretta, il quaderno diffondeva una musichetta vittoriosa, ancora più snervante delle scariche elettriche. A un certo punto sbuffò. "Se continuo a sbagliare, rischio una folgorazione!"
Studiò ciò che di buono era riuscito a scrivere. Lo trovò affascinante decodificare sul quaderno ciò che gli passava per la testa, ma quella musichetta... "Secondo Atena, l'istruzione è una cosa importante, e forse è anche vero, ma la musica è meglio se la lasciasse gestire a mio padre!" pensò rimaneggiando l'elaborato, seguito dall'ennesimo inno "niente-gioia-tutta-bruttezza" che lo costrinse a tapparsi le orecchie.

Raggiunto lo sfinimento sonoro, decise di meritarsi una tregua. Si alzò dal tavolo, raggiunse la porta e l'aprì. Dall'alto degli oltre trenta metri dov'era la sua casetta incastonata nel Faro di Alessandria, ammirò la porzione di pineta mescolata a ovest con la foresta tropicale, il divisorio naturale con il settore dei campi di Demetra.

"Questa è la mia casa. Un pezzo che era stato sottratto al Faro di Alessandria, ora tornato al suo posto. È così enorme che potrebbe offrire un tetto a tutti gli abitanti di Asteria. Davvero merito così tanto? Justice e gli altri studiosi che l'avevano accompagnata durante le prime esplorazioni, dicono che qui ci sono case su case, monolocali e suite di diversi livelli, e tutti arredati. Mi hanno detto che potrei cambiare una casa al giorno e non basterebbe un anno per provarle tutte. Però io sono affezionato a questa capanna. Di qua non mi sposto" sorrise a sé stesso, immaginando il Faro occupato da tutti gli asteriani. Nel frattempo che, forse, si avveri questa eventualità, quei cento metri e oltre di torre a base quadrata, ampia più di mezzo campo da calcio, lo riqualificò come il più mastodontico trespolo per gli animali mitologici più piccoli della storia: la pecorella Jolly e il Leone d'oro di Nemea, nelle loro forme tascabili.

Li richiamò col fototrasporto ed essi apparvero ciascuno sul palmo delle mani stese e aperte. Avevano un'espressione smarrita. Erano settimane che non li curava, per questa mancanza chiese loro perdono. Ma il fatto di averli saputi al sicuro, un po' lo aveva sempre tranquillizzato. Di loro se ne era preso cura Roberto, il timido ragazzo di Demetra conosciuto mesi prima. Lo stesso che aveva sperato che il figlio di Apollo avesse potuto resuscitare Marcelo Pino. Di tanto in tanto risaliva la collinetta per portare del cibo a Jolly e al leone. Yuri si sentiva in debito nei suoi confronti.

Dopo aver dato le attenzioni che i piccoli amici pelosi meritavano, passò in rassegna i suoi tesori. Spiccava tra tutti la candela regalatagli da Poseidone come premio per aver salvato sua figlia Greta Sanders Coleman. Non aveva mai acceso quel tubo di cera. Poi sollevò il ciondolo rubato ad Atalanta, l'antica ancella di Artemide incontrata a Pantelleria, e si soffermò a riflettere su come ella si era definita: un inutile vento del passato. In quell'affermazione riconobbe un verso della profezia che ebbe avuto mesi prima ai campi di Demetra. Si convinse che c'era un nesso sfuggente, forse collegato alla visione avuta sul Monoptero. Rabbrividì nel ricordarla. Decine e decine di sentenze di morte emesse come niente fosse. Masse di asteriani prostrate e imploranti pietà, in ginocchio dinnanzi a lui e Justice seduti sui troni di Apollo e Artemide; tutti e due vestiti, anzi addobbati, come faraoni! «È un controsenso!» esplose, riconoscendo i propri giusti meriti. «Ho fatto di tutto per salvarli, e ora il destino si vuole prendere gioco di me? Ma che scherziamo! È senz'altro un errore! Questa cosa non si avvererà mai, finché sarò vivo!»
Chiuse gli occhi con stizza.

Il Meccanismo IncantatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora