26 - Non si sculacciano gli AB-BA-KA!

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Il trono del sole, il simbolo dei potenti faraoni del mondo egizio, era lì, a pochi gradini da Yuri. Era lì con tutto il peso che comportava una volta scelto di sedervisi. Non aveva nemmeno l'aria d'essere un granché comodo. Va bene, era fatto tutto d'oro, il materiale più regale che ci sia, ma Yuri aveva soppesato già l'idea di farlo imbottire di cuscini perché, a giudizio di tante ragazze, le sue natiche valevano più di quel ferro giallognolo.

Justice sospirò pesantemente.
«Yuri, rifletti bene. Rifletti su chi sei e su chi vuoi essere!»

Il figlio di Apollo non accennò alcunché. Era ammaliato dal fascino che emanava il trono. Azibo fremette impaziente.

"Padre, cosa devo fare? Cosa vorresti che facessi?" implorò dentro sé Yuri, ma stavolta dall'alto non arrivò nessun segnale.

«Un'ultima domanda»

Azibo crollò le braccia spazientito. Aveva assistito all'elevazione di un sacco di uomini nell'arco dei secoli, e nessuno di essi era mai stato così titubante quanto Yuri. Erano tutti bramosi di assurgere a divinità e guadagnarsi un posto nell'infinito pantheon egizio. Perché lui no?

«Chiedete pure, Achenaton!» lo corteggiò, incrementando la lusinga che la scelta di sedersi sul trono già offriva.

«Questo trono ha offerto varie volte la possibilità di fermare Fetonte, la sua utilità è assodata. Però, vorrei sapere...» si voltò verso lo spirito e poi verso i presenti nella sala, alla ricerca di un consenso su quanto stava per chiedere. «Esiste una maniera per bloccare definitivamente quel farabutto senza per questo diventare una divinità?»

Azibo, per la seconda volta nella storia della sua vita, perse le staffe. Parlò con tono crescente fino a diventare stridulo.
«Achenaton è stato il primo a unificare in una unica entità tutte le divinità del sole conosciute. Assurse a un potere così strepitoso che ricacciò Fetonte in Eridania in pochi minuti di battaglia! Ora tu hai la possibilità di ricacciare indietro quel tiranno allo stesso modo!»

Yuri ghignò, e Justice, vedendolo, sentì gelare il sangue. "Yuri, non lo fare!"

«Quindi, se ho ben capito, io per voi sono Achenaton, giusto?» alzò la voce e le antiche presenze si inginocchiarono imponendo i palmi delle mani in segno di riconoscimento e rispetto. Qualcuno, timidamente, lo osannò pure.

«Bene!» alzò il pugno. Justice sentì la propria mano sbattere sulla frangia senza nemmeno accorgersene. "No!"

«Bene! Visto che mi riconoscete come vostro "fara-coso", io decreto che quel sedile di metallo non debba mai più essere usato!» e non aggiunse altro. Scatenò il plesso solare come quando aveva affrontato Fetonte. La luce generata risalì lungo il suo braccio, e vorticando si concentrò sul palmo della mano.

"Quella sedia d'oro, non so perché, ma non mi convince" ammise, e a dargli ragione ci pensò un'antìlipsi inaspettata che gli mostrò scene di uccisioni tra uomini, vide la desolazione lasciata dalle tante e varie guerre avvenute nel passato, la maggior parte causate da Fetonte. Vista così la probabile realtà futura, con la prospettiva di un genocidio su scala mondiale, si convinse della scelta decisa. "Sedersi sul trono, non è la strada giusta! Forse diventare un dio potrebbe facilitare le cose, forse è la strada più semplice, ma lo scotto da pagare è esagerato! Perciò, scelgo la strada più difficile".

La luce sul suo palmo si concentrò al punto di divenire una piccola stella non più grande di una palla da baseball, e la lanciò contro il trono d'oro esattamente come fosse un lanciatore.

Il sontuoso simbolo del potere antico assorbì il globo scintillante. Justice, sollevata dal suo gesto, immaginò di vedere tutta quella montagna d'oro fondere. Ma rimase delusa.

Il Meccanismo IncantatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora