Capitolo 2 [Bea]

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Apro il portone con la mia copia di chiavi e vedo mia mamma che sta pasticciando in cucina: «Hey, che combini mamma?»
«Io niente, piuttosto tu cosa combini che già il primo giorno di scuola qui e non torni a pranzo!» se la ride mentre sta preparando l'impasto per non so cosa.

Racconto tutto a mia madre, lei per me è la mia migliore amica. È curiosa da farmi duecento domande insieme e metterti in condizione di non sapere a cosa rispondere per prima.

«Quindi com'è questo ragazzo?»
«Mamma, scordatelo»
«Andiamo, Bea! Hai diciannove anni, farsi un ragazzo ora, non vuol dire portarselo fino al matrimonio»

No, non ho mai avuto un ragazzo, ma per mia scelta. Non mi sono mai sentita pronta ad averne uno. Alla fine con gli amici sto bene e forse qui, mi trovo ancora meglio.

«Stasera c'è una festa...»
«Bea!»
«Che c'è?» dico ridendo per la sua faccia.
«Menomale non avresti trovato amici qui!»
È un si. Mia madre è contenta per me, lo vedo e anch'io lo sono per lei. Lei avrebbe anche abbandonato la proposta di lavoro pur di vedermi felice, ma l'ho convinta a stare tranquilla. Mi sento cambiare, mi sento più aperta con gli altri. Forse questa esperienza mi servirà a essere più spontanea e amichevole.

Sono le nove, comincio a prepararmi. Non so cosa indossare, li provo letteralmente di tutti i colori, ma alla fine su dieci o quindici vestiti, con l'aiuto della mamma, scelgo quello nero, ma molto bello. È attillato, con la manica lunga di pizzo e corto leggermente più su delle ginocchia, abbinato a uno stivaletto col tacco rigorosamente nero.
Mi pettino i capelli, li lascio sciolti e, è strano tutto questo, ma mi trucco con un po' di mascara e un rossetto leggero.

Prendo la mia borsetta e sono pronta.
«Stai attenta e non fare tanto tardi» mi bacia la fronte «ti voglio bene...divertiti ma non troppo!».
«Anch'io mamma» quanto è protettiva mia mamma, ma come faccio a non volerle bene?

Indosso il giubbino di pelle ed esco dal palazzo. Farsi otto piani con i tacchi non è il massimo, per fortuna c'è l'ascensore.

Fuori c'è già Alessio, ad aspettarmi in macchina. Indossa uno jeans e una camicia bianca. Ho forse esagerato a vestirmi così?
«Wow, che trasformazione»
«Non esprimerti ti prego, va bene così» ridacchio entrando in macchina.
«Dico sul serio, sei molto bella»
«Grazie...»

Odio essere guardata. Vi ho già avvisato che sono molto strana. Mi sento in imbarazzo quando qualcuno mi osserva, per qualsiasi motivo. Soprattutto quando qualcuno giudica il mio corpo, sia nel bene che nel male, ma a dire il vero, è una delle poche volte che mi sento bene e bella.

Partiamo e in poco tempo arriviamo a casa di questo Giorgio, che non conosco bene per ora. Fuori è pieno di luci, decorazioni e musica. C'è una piscina enorme e la casa è davvero grande. Questo ragazzo dovrebbe avere un bel po' di soldi per permettersi una casa così.

Ci sono tantissime persone. C'è tutta la mia classe. Tutti mi salutano, per loro sono simpatica, tranne che per Giulia, seduta in disparte su un tavolo con il suo probabile ragazzo da cui non si smuove e qualcun'altro, così io e Alessio ci avviciniamo.
«Ciao Nuova» Giulia sta probabilmente salutando me.
«Piacere, Bea» faccio finta di niente e le stringo la mano, ma lei si limita a guardarmi, senza dire nulla.
Si presentano Niccolò, ovvero il ragazzo di Giulia e Riccardo, il loro amico. Hanno l'aria di chi se la tira, tutti e tre.

«Volete da bere?» chiede un ragazzo. È Giorgio, il proprietario di casa, lo saluto e lo congratulo per la festa ben organizzata.
«Complimenti per il vestito Bea!» mi fa i complimenti poi lui.
Beh, questo vestito sta prendendo gli occhi di tutti.
Tutti prendono del rum o della vodka, io non riesco a ingerire queste bevande così forti e chiedo della birra.
Tutti ridono. Bel modo di presentarmi.
«I biscottini? Li vuoi?» Giulia ha di nuovo da prendermi di mira.

Giorgio va a prendere le bibite e con Alessio vado a fare un giro per la festa.
«Lasciali stare, devono sempre fare i più grossi» Alessio mi rassicura.
«Giusto» faccio finta di stare bene, ma in realtà mi sto vergognando molto, forse non è la compagnia adatta a me.
«Venite a ballare, forza!» Riccardo invita tutti in pista e in un attimo una folla vastissima inizia a ballare, impazzita.

Sono bellissime queste feste, anche se non sono mai stata un'invitata scatenata. Mi piace ascoltare la musica e ballare un po'. Alessio cerca d'invogliarmi e proviamo a divertirci anche noi.

Alessio ti fa sentire al tuo agio. Cerca di farti sentire bene. Immagino ha già capito che tipo sono, non è difficile, però mi sento compresa da lui.

«La tua birra!» urla Giorgio per farsi sentire.
Lo ringrazio sperando mi senta, anche se ne dubito.
Comincio a bere, ma questa birra fa schifo. Continuo, nonostante il terribile sapore.

Tutti si divertono, c'è chi gioca al limbo, chi urla al microfono senza un preciso motivo, chi si diverte in piscina, poi c'è chi è per terra senza sensi per aver bevuto o chi si mette in disparte e si diverte a baciare una bella ragazza per ore e ballarci... Tutti sono felici, è bellissimo da vedere.

Molta gente mi viene incontro per presentarsi, amo la gente così, è più facile stringere rapporti in questo modo.

È un po' che ci muoviamo ormai, sto sudando e le orecchie mi stanno esplodendo. C'è tantissima gente, devo riprendere il respiro.

Entro in casa, mi permetto di dare un'occhiata. Ci sono tantissime stanze, probabilmente Giorgio ha molti familiari. Sono al secondo piano, sento un pianoforte. La melodia è bellissima, la seguo. Mi porta in una stanza con scaffali pieni di libri e spartiti e al lato un pianoforte. C'è un ragazzo che suona e canta delle parole bellissime e senza disturbarlo o che lui mi veda, mi metto infondo. Lo guardo bene. È Niccolò.

Suona benissimo, non ho mai sentito suonare così un pianoforte.
Amo il suono di qualsiasi strumento, ed è bravo, molto. Credo che queste siano sue canzoni, altrimenti non le conosco.

La borsetta mi cade dalle mani, facendo rumore e subito Niccolò si gira: «Che cazzo stai facendo?» mi guarda quasi infuriato, intimidito, non capisco.
Sono sempre la solita, anche se effettivamente non dovevo essere lì.
«Scusami, hai ragione» riprendo la borsetta per andarmene «Comunque sei molto bravo...».

Mi sto vergognando da morire, non riesco neanche a parlare per bene.
«Scusami tu, davvero» dice mentre si alza dalla panca.
Si avvicina: «Ero nervoso, scusami».
Mi viene da sorridere, ora mi sento più serena.

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NUOVO CAPITOLO PER VOI. 🗝️💓

Ecco Niccolò! Che caratterino. Come vi sembra?😁

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La sua Wendy | Ultimo | #wattys2019Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora