Liz

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JACK

Erano passati sette giorni e Liz era ancora su quel letto di ospedale, ferma e fredda, tanto che guardarla mi faceva venire da piangere. 
Con lei ho ricominciato anche a piangere.
Sembrava quasi morta, se non fosse per il macchinario che continuava a segnare il battito del suo cuore.
Quel cuore che pulsa sangue e la tiene in vita, perché sa che senza di lei tutto sarebbe triste, senza di lei ritornerei quello di prima e non voglio ritornare al buio, non dopo aver provato i raggi del sole sulla mia pelle, non dopo aver amato lei, non dopo aver amato qualcuno dopo mia madre.
Le tengo la mano, che sembra ancora più piccola con quel tubicino in bella vista, se sapesse di avere un ago nelle vene, urlerebbe dalla paura, sorrido a questo pensiero infantile.

Con il tempo siamo cambiati entrambi, infondo il tempo cambia tutti e cambia tutto.
Da assassino senza futuro, sono diventato un uomo che lotta costantemente per averlo un futuro.
Forse questo incubo è un segno del destino, un segnale di Dio, una specie di avvertimento.
Forse è un invito a cambiare finalmente vita, ad essere migliore, quello che sarei dovuto essere se la vita non mi avesse riservato solo dolore.

Dopo aver rimurginato sulla questione del segno mandato da qualche Divinità, decido di andare da Christopher.
Saluto Bob e Steve all'ingresso del villone da miliardario, dove in bella mostra ci sono una serie di auto di lusso, di quelle da capogiro.
Logicamente comprate con i soldi della droga o delle puttane.
I due scagnozzi mi domandono di Elisabeth, gli sono molto riconoscenti, senza il suo avvertimento saremo probabilmente morti.
Entro nell'enorme ingresso, con il pavimento di marmo e il lampadario di cristallo, salgo le scale di legno intrecciato e raggiungo l'ufficio di Christopher.
"Ciao Jack, che piacere vederti"sibila"tutto bene alla tua giovane donna?"chiede solenne, mentre infila la giacca grigia.
"Si, sembra andare meglio"evitai i dettagli, ancora una volta volevo tenerla fuori da tutto questo, anche se sembrava impossibile.
"Ne sono lieto, allora qual buon vento? Ti avevo dato qualche giorno di riposo"sorrise.
" Devo parlarti di una cosa seria"mi accomodai sulla poltrona "Voglio andarmene da qui"sputai fuori il rospo.
" Cosa?"domandò sorpreso.
"Non voglio più fare questo, voglio andarmene da Londra e vivere una nuova vita"difesi la mia causa.
"Per lei? Abbandoni tutto per lei?"urlò furioso.
Mi alzai come punto da uno spillo "Per me, perché non ce la faccio più, mi faccio schifo ogni giorno, per tutto quello che ho fatto, per le persone che ho ucciso, per le lacrime che ho visto versare"ormai urlavo anch'io, le mie parole riecheggiarono nella stanza enorme.
"Ti ho accolto in questa casa quando eri solo un'adolescente senza futuro e mi ringrazi tradendomi? Ti ho fatto diventare un uomo, tutto quello che sai è grazie a me"si avvicinò con un paio di falcate.
"Non ti sto tradendo, voglio la libertà e in base al giuramento che ho fatto, ho bisogno del tuo consenso"cercai di placarmi.
"Appunto, hai giurato con il sangue e non puoi venir meno al patto se non con la morte"sorrise maligno.
"Non puoi farmi questo, non dopo anni di lealtà" ringhiai.
"Jack, vivere o morire? A te la scelta"mi guardò intensamente.
"Non finisce qui, non può finire qui" uscii sbattendo con forza la porta di noce massello.
Che andasse all'inferno e che le fiamme lo bruciassero vivo, che mi ridesse la pace.


Torno a casa o meglio la casa di Liz, che ormai è anche la mia.
È uno schifo, ci sono cartoni di pizza e lattine di birra, ne prendo una e la scaglio con forza contro la parete, il liquido schizza ovunque.
Sono deluso, frustato, imapurito ed incazzato, con il mondo e con me stesso.
Quel figlio di puttana di Christopher ha il coltello dalla parte del manico, farà uccidere me e soprattutto troverà il modo di ricattarmi tramite Elisabeth, perché è il mio unico punto debole.
Faccio una doccia gelata, cercando di cancellare questi giorni di inferno, dove la rabbia e la paura hanno dominato, come un pendolo che oscilla costantemente tra queste due emozioni.
Guardo il mio viso stanco allo specchio, ho le occhiaie e anche le rughe intorno agli occhi, cazzo sto invecchiando proprio come aveva detto Liz il giorno del mio trentesimo compleanno.
Ho trent'anni e della mia vita non ho fatto un cazzo, se non spacciare, fumare, andare a puttane, uccidere e rubare, bella merda, davvero bella merda.
Arrivo in camera da letto e mi getto a peso morto sul materasso, le lenzuole profumano ancora di amore e di sesso selvaggio, quanto vorrei fare l'amore con lei e  perdermi nella sua carne, nei suoi sospiri e tra le sue mani.
Ci passerei la vita tra le sue fragili mani.
Emmetto un leggero sbuffo, comincio a rigirarmi agitato tra le lenzuola, che si appiccicano addosso e mi danno fastidio, le scalcio con forza, fin a quando non cedo al sonno.


Sono nella mia stanzetta dipinta di azzurro cielo, ho circa dieci anni e sto giocando con una macchinina da collezione regalatami da mio nonno, è una piccola Ferrari rossa fiammante, in casa c'è tanto silenzio, di quel silenzio spettrale.
Poi sento la porta di casa spalancarsi talmente forte da sbattere contro il muro, fa un rumore assordonte e so già cosa succederà tra pochi minuti, ormai sono abituato.
Mio padre anche questa volta è ubriaco, lo sento urlare come un matto, dice parolacce e bestemmia a gran voce ed io ho tanta paura.
Nonostante ci sia abituato, ho sempre tanta paura.
Entra nella mia camera e domanda di mia madre, cioè sua moglie ed io non parlo, perché non voglio che la picchi ancora.
Mi limito a guardarlo fisso negli occhi, abbiamo lo stesso colore delle iridi, preso da un raptus mi afferra per il maglione beige e mi butta per terra, mi tira un calcio nello stomaco e mi schiaccia la testa con le scarpe massicce, mi sembra di morire talmente è forte il dolore.
Grida che sono stupido e cattivo, che mia madre è una puttana e che ci odia, piango a singhiozzi, ma non si ferma comunque.
Poi arriva mamma, bellissima nella sua vestaglia color pesca, sembra una principessa, mi porta via e mi chiude a chiave nella cucina.
Poi la sento piangere fortissimo, mi nascondo sotto al tavolo e mi piego facendo avanti e indietro, come un cavallino a dondolo.
Piange e urla, sento il rumore del cuoio che sbatte sulla sua pelle, lo sento persino da qui, deve farle malissimo.
Povera mamma, la mia bellissima mamma, prego la Madonna che ci salvi entrambi.
La prima volta che ho pregato è stato quel giorno, ogni santissimo giorno pregavo per la nostra salvezza, che non è mai arrivata.


Mi sveglio di colpo, ho il cuore che batte all'impazzata e sono sudato, l'ennesimo incubo, più vivido che mai.
Mi domando se sarò mai libero, se sarò libero dai fantasmi del mio passato, se riuscirò ad espiare la colpa di non essere stato abbastanza, di non aver salvato mia madre

LIZ

Non riuscivo a muovere le braccia, le gambe o ad aprire gli occhi, sembrava non avessi il comando del mio corpo.
Sentivo gli odori, come quello del caffè, del disinfettante e della candeggina.
Sentivo i rumori, come quello dei medici che parlottavano frenetici, la goccia della flebo che scendeva, il suono del telefono della segreteria.
Sentivo le sensazioni, come quella di vuoto allo stomaco e una mano che stringeva la mia, con possessione, come se avesse paura che andassi via.
Avrei scommesso che fosse Jack, avrei conosciuto la sua consistenza tra milioni di persone.
La sua pelle era liscia anche se c'erano due piccoli calli sul palmo, forse a causa della pistola o di altri lavori non propri etici.
Mi trovavo all'ospedale e questo l'avevo capito, ma non riuscivo a ricordare come fossi finita lì.
Ero come sospesa, tra la sensazione dell'essere e del non essere.
Poi sentii la sua voce e fui felice, di nuovo.
"Amore mio, come stai? Mi manchi tanto, non vedo l'ora che ti svegli e ritorni da me, perché ti aspetto"aveva la solita voce sensuale e roca, quella che mi sussurrava cose dolci di giorno e cose spinte la notte.
"La casa senza te è un vero porcile, non sono bravo con le faccende di casa, infondo come hai detto tu, so solo fumare, mangiare e dormire, oltre far godere te"lo sentii ridacchiare, mentre con il pollice accarezzava il dorso della mia mano immobile "Voglio fare l'amore con te, quindi non lamentarti se appena uscita dall'ospedale, non usciremo dalla stanza per giorni interi, ho voglia di te, ti voglio da impazzire"volevo gridare che anch'io lo volevo, che saremo potuti restare chiusi anche per anni.
"Devi svegliarti anche perché devo spiegarti il significato di promessa, perché mi sa che non lo sai. Santo Iddio hai rischiato di morire, ti rendi conto? Sono morto un milione di volte quella sera e ancora oggi, mentre ti vedo sdraiata su questo letto freddo, al posto mio"sbuffò"Sei un incosciente, una stupida, una folle, senza un briciolo di ragione ed io ti amo, ti amo più della mia vita ed amarti è talmente bello da farmi sentire vivo"prese una pausa, per poi posare un bacio sulle mie labbra screpolate, mi venne la pelle d'oca, anche se ero in coma "Liz torna, torna da me"mi baciò lievemente e andò via.
Sentii uno scoppio al centro del petto e poi il nulla.


JACK
Andai al Claire de Lune, sorrisi ai molteplici ricordi che mi investirono come un uragano in pieno agosto.
L'avevo incontrata per caso, quando era mezza ubriaca e da subito ho sentito l'istinto di proteggerla.
Ho lottato contro me stesso per giorni, contro quella cosa che si era insediata al centro del mio stomaco.
L'ospedale, il negozio, casa sua, la cena, le confessioni, il mio compleanno, il bacio, la lontananza, la gelosia, l'amore, Sasha, i guai, ancora amore, tanto amore, troppo amore, l'incontenibile amore per lei.
Sentii l'iPhone suonare e vidi il numero dell'ospedale risposi subito, impaurito ed eccitato.
"Pronto"dissi in fretta.
"Signor Stone?"chiese una voce maschile, che riconobbi come quella del medico che l'aveva operata 
Era talmente serio, che mi mancò il fiato.
"Mi dica, ho capito chi è"alzai il tono.
"La sua fidanzata" prese una pausa e sospirò "Deve venire immediatamente" staccai la chiamata senza convenevoli e corsi alla macchina.
Partii velocissimo, senza badare agli incroci o al semaforo rosso, m'importava solo di arrivare il più presto possibile.
Quando notai l'edificio bianco, rallentai, fermando la macchina nel parcheggio.
Prima di entrare, chiusi gli occhi e pregai ancora, ormai non facevo altro da giorni, ma questa volta pregai lei.
Ti prego Mamma, tu che sei lassù, per una sola volta ascoltami, ho bisogno di lei, non voglio perderla, non voglio perdere anche Liz, quindi fai in modo che sia viva.
Elisabeth Tresir, torna, torna da me.

Salvami, Salvami TuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora