Atmosfera natalizia

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Non eravamo una coppia normale e come tale non potevamo pretendere una sana tranquillità.
Anche perché con le continue "missioni" di Jack, il nuovo capo della polizia che non accettava "mazzette" da Christopher, la tranquillità non la vedevamo nemmeno con il binocolo.
Il sergente Tomas Glord era integerrimo e come tale stava ficcando il naso in questioni delicate.
Questioni che coinvolgevano il mio adorato fidanzato.
Dal mio risveglio dal coma, erano passati esattamente sei mesi, ormai era Dicembre e Natale era alle porte.
Esattamente tra due giorni.
Lo avremmo festeggiato a casa nostra e quando eravamo tra quelle quattro mura, non esisteva altro.
Non esistevano morti e pistole.
Non esistevano i mandati di cattura.
Non esisteva quel Jack, quello che faceva un sacco di cose poco etiche.
Non esisteva nulla di tutto questo, esistevamo solo noi due, che il resto andasse a farsi fottere.

"Davvero non hai mai fatto un albero?"chiesi stupita, ancora non mi capacitavo della sua non-infanzia.
Personalmente non avevo avuto una vita brillante, ma almeno le tradizioni in casa Tresir venivano rispettate o meglio, davamo l'impressione di essere una famiglia che le rispettava.
Ho basato la mia intera esistenza nel fingere di stare bene.
"Forse si, ma non lo ricordo"aggrottó le sopracciglia, gesto abituale quando era teso.
"Bene, sarà il tuo primo vero Natale, con annessi e connessi"sorrisi, mentre posavo lo scatolone delle decorazioni sul tavolo e correvo ad abbracciarlo.
Tra i due, quello più fragile era lui.
"Posso mettere la stella?"mi morse la punta del naso.
"Oh certo, aspetta all'uomo di casa metterla"dissi solenne.
"Mettiamoci all'opera, amore"fece un sorriso sghembo e persi un battito o forse un milione di battiti.
Quando usava il termine "amore", associato alla mia persona, mi veniva da piangere.
Se penso a come è iniziato tutto, non so se ridere o piangere davvero.
Mi ha salvato da una violenza e poi con il tempo mi ha salvato da me stessa, che spesso sono in balia del mondo.
"Perfetto, l'abete lo abbiamo sistemato"diedi un'occhiata critica al nostro pino vero, era spennacchiato e storto, ma sembrava comunque bellissimo.
Diciamo che ci eravamo ridotti all'ultimo per comprarlo e quindi non avevamo vasta scelta.
Ma poi Jack lo aveva adocchiato infondo al negozio e mi aveva convinto a prenderlo, perchè anche noi non eravamo perfetti, proprio come quel pino, che se ne stava isolato dagli altri.
Si era inventato anche una storia.
"A proposito" presi una pausa" Raccontami quella storiella sul nostro abete".
"Cosa ricevo in cambio?"mi guardó malizioso, adoravo i suoi ricatti a scopo sessuale.
"Un bacio"risposi.
"Uno?"disse contrariato.
"Dieci baci, in cambio della tua favoletta natalizia"sorrisi.
"Affare fatto"mi strinse la mano, come se fossimo mafiosi russi e avessimo stretto un patto.
"Sono tutta orecchi"mi lasciai scivolare vicino alla parete, sedendomi a gambe incrociate sul pavimento.
"Questo pino è tutto curvo perché ha dovuto lottare, perché ha dovuto portare sulle sue spalle un gran segreto, il segreto del Natale"a fine racconto mi fece l'occhiolino.
"Finito? Ieri era più lunga"brontolai.
"Lo so, ma non me la ricordo"ammise.
"Perfetto, non meriti nemmeno un minuscolo bacio"mi alzai e cominciare a decorare quell'ammasso di rami e aghi.
"Durante le feste siamo tutti più buoni"mi strinse da dietro, soffiando con il suo alito fresco, sul mio punto debole dietro l'orecchio.
"Stai giocando sporco, come al solito"sbuffai, mentre sistemavo con cura, una pallina di plastica rossa.
"Amo vincere e lo sai"mi bació la vena del collo, che pulsava furiosa, a causa del battito accelerato del cuore.
"Finirai per uccidermi, prima o poi morirò per auto-combustione"emisi un leggero rantolo.
"Ti prego, non associare la parola morte-uccisione-omicidi a te, mi rende nervoso"strinse la presa sui mie fianchi ormai ridivenuti morbidi, a furia di cucinare per lui, avevo ripreso tutti i chili.
A suo avviso ero molto più bella così e facevo finta di crederci.
"Scusa"mi girai tra le sue braccia, puntando i miei occhi di un semplice azzurro, nei suoi, che erano simili a diamanti.
Forse non mi sarei mai abituata a tanta bellezza.
Mi alzai sulle punte e lo baciai, come volevasi dimostrare, la cosa degenerò e divennero non dieci, ma miliardi di baci, di mani e di sospiri.
Mi piaceva baciarlo, ogni volta che le nostre lingue si sfioravano, il suo sapore sembrava essere sempre diverso.
Oggi sapeva di cioccolata calda, per la precisione di cacao al latte, con granelli di nocciola e tre cubetti di marshmallow.
Quella che avevamo bevuto circa un'ora fa.
"Avevi detto niente baci"scimmiottó il mio tono di voce.
"Ho cambiato idea, infondo sono lunatica"feci la linguaccia, cercando di tenere a bada gli ormoni e di completare questo cavolo di albero.
La missione fu abbastanza ardua, a causa dei dispetti di Jack o delle sue mani arpionate al mio corpo, sembrava un polipo e stavo apprezzando i polipi.
Okay, avevo troppo zucchero nelle vene.
Alla fine, il nostro pino era davvero delizioso, pendeva da un lato come la torre di Pisa, ma illuminato e agghindato a festa, con la stella che brillava sulla punta, era eccezionale.
Poi era il nostro primo Natale insieme, si sperava uno di una lunga serie.


Avevo preparato una cenetta veloce, talmente veloce che consisteva in due panini al prosciutto cotto e maionese.
Non dimentichiamo la birra, tocco di gran classe, espressamente richiesta.
"Che pensi ?"mi chiese il Dio greco, che si definiva il mio fidanzato.
FIDANZATO, ci rendiamo conto?!?
Sospirai sognante.
"Nulla"abbassai lo sguardo, non potevo confessare che mi sentivo un adolescente, che scriveva il suo nome cerchiato di cuori.
Una volta lo avevo davvero fatto, sul libro di psicologia, mentre mi perdevo nei ricordi della fantastica notte precedente.
"Credi che non ti conosca!?"alzó lo sguardo, guardandomi sornione.
"Nulla d'importante"sorrisi e sicuramente ero arrossita.
"Okay"caló il silenzio.
Silenzio, silenzio, silenzio ed io odiavo il silenzio.
"Jack, parlami di come sei arrivato a lavorare per Christopher"mi morsi la lingua per la domanda non appropriata.
Molte volte non usavo il filtro cervello-bocca.
Alzó come un razzo lo sguardo su di me, sputacchiando la birra ovunque, di sicuro non si aspettava che ritornassi sulla questione.
Per lui il passato era un specie di tabù, ma in alcuni casi, la psicologa che era in me prevaleva.
"Liz"ed ecco che mi ammoniva.
"Jack, ti prego, ormai stiamo insieme, abbiamo superato e stiamo superando milioni di ostacoli, parlami"sporsi il labbro inferiore, per cercare di intenerirlo.
Mi sentivo molto il gatto di Shrek.
"Che palle, okay"sbuffó un pochino.
"Mi piace quando parli di te, mi fa sentire importate"distolsi lo sguardo.
"Sei importante, senza te, non sarei qui a cercare di essere normale"si alzó dalla poltrona, per prendere posto accanto a me, sullo sfondato e logoro divano marrone.
Mi limitai ad un leggero sfioramento di labbra, in alcuni caso, le parole erano superflue.
"Come già sai, ho ucciso mio padre a diciassette anni"deglutii pesantemente"Ho dovuto farlo, dovevo vendicare mia madre in qualche modo e quando ho visto il suo corpo senza vita, non ho pensato a niente, ho sparato e basta. Era la prima volta che impugnavo una pistola, la prima di una lunghissima serie"bevve un sorso di birra dalla lattina e mi guardó, forse per verificare che non scappassi da lui, qualche volta mi aveva confessato che se fossi normale, scapperei da lui ed io ripetevo che era troppo tardi.
"Continua"appoggiai i piedi sulle sue gambe, ero ansiosa di sapere il continuo.
"Non sapevo dove andare, mi era rimasta solo mia nonna e non volevo deluderla, non volevo sapere del funerale dei miei genitori, della stampa, della polizia, dei morti, volevo scappare via e in un bar incontrai un uomo più grande di me, era Christopher, la prima volta che lo vidi fu tredici anni fa"scosse la testa"Stavo piangendo seduto a un tavolino, avevo la maglietta bianca schizzata di sangue e gli occhi arrossati dal sale delle lacrime, si avvicinò e prese posto al mio fianco, mi disse che qualsiasi cosa fosse successa, lui me l'avrebbe fatta dimenticare e ti giuro che in quel momento, non volevo altro che dimenticare"mi prese le mani e continuó"Ho iniziato a rubare qualche oggetto ai mercati o le sigarette dal tabacchino, poi ho spacciato la droga nelle discoteche. Ho ucciso il primo uomo, due giorni dopo il mio diciottesimo compleanno, in realtà la pistola fu il suo regalo.
Cazzo ero una marionetta nelle sue mani, i soldi e le donne mi avevano fottuto il cervello.
Lui ordinava ed io eseguivo, negli uomini che ho ucciso ho sempre rivisto il viso di mio padre e non ho mai sofferto per loro, nelle donne invece, la paura di mia madre e di conseguenza la loro espiazione.
Macchine, soldi e puttane, a vent'anni avevo un conto in banca degno di un politico, ma l'anima sporca degno di un assassino, che alla fine è quello che sono.
Il resto è un susseguirsi di sangue, urla, sballo, sesso e sangue, ancora sangue e pallottole che sfrecciavano nell'aria, poi sei arrivata tu ed eccomi qui, a desiderare di poter cambiare"lo abbracciai, anzi mi gettai su di lui, soffocandolo quasi con le mie braccia.
"Non scappi?"mi chiese innocentemente.
"Mai, fin a quando mi vorrai, resterò"indicai il suo cuore.
"Per sempre, senza di te morirei"mi accarezzó con delicatezza il viso"Ora tocca a me"si allontanó sorridendo.
"A fare cosa?"lo guardai stranita.
"Steffy, parlami di lei"appoggió il mento sul palmo della mano, assumendo un'espressione concentrata.
"Non di lei"mi alzai di scatto, cominciando a camminare avanti e indietro.
"Se vogliamo costruire qualcosa di nuovo, dobbiamo eliminare i fantasmi del passato"non smetteva di fissarmi.
"Mi viene da piangere"ammisi, mentre la vista si appannava.
"Piangi, urla, sbraita, sono comunque qui"addolcì il tono della voce.
"Eravamo amiche dalle elementari, in verità eravamo anche vicine di casa, lei era bella e solare, mi faceva ridere e scappavo da lei ogni volta che stavo male, ogni volta che mia madre piangeva, ogni volta che mio padre portava un'altra donna in casa"sospirai e portai una mano al petto, sentivo che i ricordi mi stavano pugnalando "Aveva vent'anni quando è andata via o meglio quando è morta, tumore al cervello ed io non sapevo nulla, mi sono sentita impotente davanti alla sua bara e non sono riuscita a salutarla, non gli ho detto che le volevo bene, che con lei ho passato gli anni migliori, senza di lei tutto è peggiorato, ho vissuto un periodo orribile, poi mi sono alzata ed eccomi qua"scrollai le spalle e nascosi le lacrime, che copiose scendevano.
"Io credo che l'amore ci ha salvato"assunse il tono da uomo serio.
"Non l'amore in generale, TU"mi asciugai il viso con la manica della sua felpa grigia, quella che gli avevo rubato.
"Noi"mi porse la mano, che presi al volo, come se fosse la mia ancora di salvezza"Sei bellissima"sussurró con voce roca, mentre stringeva la mia testa sul suo petto e ci faceva dondolare, canticchiava una vecchia canzone d'amore.
"Jack, non lasciarmi"strinsi le braccia al suo torace, in una morsa d'acciaio, nonostante le mie esili braccia.
"Shh, sono qui"riprese a cantare e a cullarmi, come a sottolineare il fatto che ci fosse e che infondo ci appartenevamo.
Forse era destino che quella fredda sera di Marzo lui mi salvasse, forse Dio ha mandato il suo angelo più bello per vegliare su di me o forse ci ha inviati entrambi, ognuno pronto a salvare la vita dell'altro.


L'atmosfera magica venne interrotta dal suo cellulare, che ruppe la nostra bolla di sapone.
"Che palle"ringhió.
"Tanto sarà lui"sbuffai, lasciandomi cadere sul divano.
Prese il suo ultimo modello di iPhone e fece una smorfia nel verificare che fosse davvero Christopher, pronto a rompere i coglioni.
"Pronto"rispose asettico e in seguito alla mia occhiataccia, mise il vivavoce.
"Ti disturbo?"chiese l'uomo di potere, colui che si era approfittato di un ragazzo e lo aveva plasmato a suo piacimento.
"Parla, ormai"alzó gli occhi al soffitto, perdendosi a guardare qualche piccola crepa.
Dovevano dipingere, me lo aveva detto milioni di volte, ma rimandavo sempre.
"Domani al ClaireDeLune, ci sarà il solito giro"non riuscii a capire a cosa di riferisse.
"Spiegati meglio, abbiamo troppi giri in atto"lo ringraziai mentalmente, almeno ci avrei capito qualcosina.
"Poker, puttane e droga"rise, come se fosse normale e logico.
"Okay, solita ora?"
"Porta anche Elisabeth, sarà divertente"rise ancora, di gusto.
"Non nominarla neanche, se sono ancora ai tuoi servigi è per quella promessa, ma sarò libero, in questa vita o nell'altra"vidi la sua vena pulsare e i pugni stringersi.
"Jack, mio caro e amico Jack, portala e non succederà nulla"staccó la chiamata e l'aria si fece tesa, carica di tensione.
Posó con troppa forza il cellulare sulla mensola in salotto e socchiuse gli occhi, sapevo che stava riordinando le idee.
"Calma, andrà tutto bene"dissi.
"Bene?! Davvero?! Quando ci sei tu nei paraggi, non riesco a concentrarmi, sono troppo concentrato su te e non penso lucidamente"ed ecco che era furioso.
"Non devo venire per forza, ti aspetterò a casa, tranquillo"dissi pacata.
"Porco cazzo, perché? Deve rovinare sempre tutto, oggi era un giorno speciale, ci siamo detti cose profonde"respiró a fatica"Lo ammazzo, giuro che lo uccido"emisi un suono simile ad un ringhio, sembrava un animale in cattività.
"Invece no, ce ne andremo quando sarà il momento, senza altri morti sulla coscienza"mi alzai.
"Se non finisse? Vorresti vivere per sempre in questo modo? Senza figli? Senza una vera casa? Senza una minchia di futuro?"urlava.
"Jackson Harold Stone, in primis non urlarmi contro e secondo si, se resto con te mi basta anche questo"urlavamo entrambi.
"Lo ammazzo, farò un favore a tutti"disse nervoso.
"Jack, no"protestai.
"Stasera rimani a casa, domani andiamo via"a passo svelto andò in camera, subito lo raggiunsi.
"Invece restiamo qui, avevi detto che dovevo prima laurearmi, mi mancano pochi esami"incrociai le braccia al petto, stavo facendo leva sul suo senso del dovere.
"Domani partiamo"mi inchiodó sul posto, con i suoi occhi gelidi e prese la pistola dal comodino, cominciando a caricarla con i proiettili.
"Non così, ci troveranno, vuoi essere un ricercato?"aggiunsi.
"Lo sono già"sospiró"Basta, fai quello che ti ho detto"mi strinse il braccio, sollevandomi di pochi centimetri.
"Sei un animale"gli urlai in faccia, vidi chiaramente la rabbia scemare e la vergogna comparire sul suo bel viso.
"Scusami"mi lasció libera e fece un passo indietro, cominciai a massaggiarmi il braccio arrossato.
"Con te un'attimo siamo in paradiso e poi dritto all'inferno"distolsi lo sguardo da lui.
"Non volevo"si giustificó.
"Jack, non così, ti prego voglio vivere una vita tranquilla e invecchiare con te e passare la vecchiaia seduta in veranda su una sedia a dondolo, mentre io brontolo e tu mi sussurri che mi ami"dissi tutto molto velocemente e non sapevo dove volessi arrivare con quello strambo discorso"Non ucciderlo, giuramelo".
"Liz, non capisci"scosse la testa e lasció cadere per terra la pistola.
"Giura"ripetei.
"Lo giuro"per una volta era stato lui a farmi una promessa.

Ma quanto valgono le promesse, davanti alla paura di perdere una vita?

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GRAZIE, sempre!!! ^ ^

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