Revisionato.

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Annuncio in diretta nazionale :)
Ecco il prologo e la bozza corretta (devo ancora rileggerla) di questa storia.

PROLOGO

Quando a Londra piove forte e tira un vento gelido in una sera di Marzo, si dovrebbe rimanere a casa, consapevoli che forse non sarà una bella serata.
Ma a ventitré anni pensi solo che è venerdì, che devi festeggiare per il massimo preso all'esame di psicologia, che vivere da sola è una grande figata, che bere shot di vodka ti fa stare bene, che ballare ti fa sentire euforica, e che non ci sono motivi per stare a casa davanti la TV, con un piumino sulle gambe mentre mangi una pizza al formaggio.
Elizabeth quella sera avrebbe fatto meglio a starsene a casa e invece era in giro per locali con la sua amica, con un vestito nuovo comprato in saldi nel pomeriggio, ed ordinava continuamente drink da quello fruttato a quello più intenso, ammiccando a bei ragazzi.
Si dice che al destino non si può scappare, si narra di una forza che ci porta dove vuole, e forse questa dea bendata voleva portare Liz a Jack.
Consegnarla a lui.
Al suo mondo assurdo, pericoloso, adrenalinico, al limite del legale.
E poi:
Se Jack ti vuole, ti prende.
Se Jack ti vuole, ti fa sua.
Se Jack ti vuole, ti rapisce.
Se Jack ti vuole, ti salva.
Se Jack ti vuole, mette sopra e sotto il suo mondo, per averti.
Soprattutto se si considera che Jack è un delinquente, spaccia droga, ruba nelle belle ville e frequenta prostitute.

Capitolo 1

La fatidica sera.

Forse ho bevuto troppo, la testa gira come le eliche degli elicotteri, mi fischiano  anche le orecchie, maledetta vodka, tequila e gin tonic.
Cazzo, credo anche di aver preso un drink rosa fenicottero con un ombrellino.
Sorrido inebetita, ma persino sorridere aumenta il mal di testa.
Merda, come torno a casa?
Cerco con lo sguardo la mia amica Kate, in verità ho la vista appannata e le lentine cominciano a darmi fastidio.
Tutto inizia a darmi fastidio, la musica troppo alta, i tacchi che mi massacrano i piedi, questo vestito che continua a tirarsi sù, e voglio tornare a casa mia, al caldo e morire nel mio letto.
Vago senza meta tra la folla di ragazzi, tutti ballano ammassati, si toccano e sembrano più ubriachi di me.
Li scosto dando gomitate su entrambi i lati e cerco di alzarmi sulle punte per individuare Kate, perdo l'equilibrio e mi aggrappo al braccio di uno sconosciuto.
Lo ringrazio abbozzando un sorriso, penso risulti essere più una smorfia.
Sospiro e avanzo ancora, ed ecco che individuo una massa di ricci biondi, o almeno sembra essere la sua massa di capelli.
Ed è proprio lei, la raggiungo in fretta e le poso le mani sui fianchi "Kate andiamo via" le strattono poi un braccio "Hai capito?" alzo il tono di voce, le sto letteralmente urlando nell'orecchio, ma lei non si scompone.
Continua a ballare senza darmi ascolto con un biondo dall'aria californiana, la camicia a fiori e un sorriso talmente bianco da sembrare finto.
Sbuffo rumorosamente, ho sonno, ho lo stomaco in subbuglio e desidero, ardentemente,  prepararmi una bella tisana calda.
"Kate, Kate, Kate" continuo a ripetere il suo nome e scosto in malo modo il ragazzo, piazzandomi tra i due.
"Oh ciao Beth" sorride stralunata, e osservo le sue pupille dilatate.
Questa sta peggio di me, che nonostante l'euforia iniziale, adesso mi sento più lucida.
Sono razionale sempre e in qualsiasi situazione, è nella mia natura.
Io sono nata nel corpo di una giovane, con la testa di una nonnina.
"Kate voglio andarmene" protesto e la supplico, stringendo le sue mani tra le mie.
"Io rimango ancora" si morde il labbro e con un cenno del capo indica il giovane con cui si sta intrattenendo, evidentemente vuole concludere al meglio la serata.
"Sicura? Stai bene?" mi annuisce convinta e mi sorride, poi le sussurro "Stai attenta e usate precauzioni, non fare cazzate" scoppia a ridere e mi abbraccia, e quando la musica riparte si abbandona tra le braccia della montagna di muscoli.
Spero vivamente che non sia a caccia di qualche guaio, anche se per la bella Kate scopare con sconosciuti incontrati in palestra, al bar, per strada, è all'ordine del giorno.
Lei adora il sesso senza impegni.
Io invece lo odio, mi fa sentire strana.
Respiro, un grosso respiro profondo e mi dirigo al bancone, ordino un caffè amaro, procurando una smorfia al barista.
Il caffè rientra tra i metodi della nonna post sbronza.
Giusto?
Dio santissimo, io sono Elizabeth Tresir, non faccio cazzate e non bevo come una distilleria, sono sempre stata diversa dalle ragazze della mia età, preferisco un libro alla discoteca, eppure questa sera ho avuto la brillante idea di fare l'idiota.
Ma poi perché mi sto rimproverando da sola?
Sto impazzendo.
L'alcol mi fa un effetto strano, da ora in poi solo acqua minerale.
Quando il barista mi porta la tazza fumante gli sorrido, per poi fiondarmi sulla bevanda come un avvoltoio.
Il caffè è il nettare degli universitari stressati e avviliti da libri di mille pagine, ho iniziato ad apprezzarlo solo dopo l'inizio degli esami. Inizialmente mi rifiutavo di berlo, adesso lo tracanno come fosse acqua.
A proposito di esami, per fortuna ho superato brillantemente anche il terzo di questa sessione.
Ogni vittoria, mi procura uno strano senso di piacere, piacere nel confermare alla mia famiglia il mio successo.
Pago velocemente con le monete e raccatto la giacca pesante all'ingresso del Claire de lune, mi tocca solo uscire e prendere il pulman di linea, farmi mezz'ora di autobus e tuffarmi tra le lenzuola.
Ma al momento il mio ostacolo è rappresentato dalla porta girevole, la vedo girare come una trottola e mi viene mal di stomaco, trattengo un rantolo poco piacevole, sposto i capelli dal viso matido di sudore e cerco di calmarmi.
Il caffè ancora non ha fatto effetto, quel maledetto.
Osservo ancora l'ordigno infernale che continua a girare, mi sembro una bimbetta, eppure attraverso porte girevole continuamente.
Solo che stasera mi sembrano le porte per l'inferno.
E non potevo sapere quanto fosse vero questo assurdo pensiero.
Mi avvio con passo deciso, per quanto i tacchi mi permettano una camminata decente e lancio un'occhiata veloce all'orologio da parete che segna le tre di notte.
Che bello, domani sarà una giornata da occhiaie scure e malumore.
Accantono in un angolo i miei pensieri, più rumorosi del giorno, che slittano senza connessione logica da un mondo all'altro e mi concentro sulla mia missione, ovvero uscire al più presto da questo locale e tornare a casa.
Casa, che bella parola, vero?
Bene, sono ad un passo dal mostro girevole, aggrotto lo sguardo, stringo i pugni e mi dirigo spedita nella sua direzione, ed ecco che mi scontro con un uomo, che non ho visto.
Sbadata ed anche cieca, mi limito a borbottare delle scuse sconnesse.
"Signorina si sente male?" alzo lo sguardo e davanti a me compare per magia l'uomo più bello al mondo.
In realtà ho la vista non proprio perfetta e adesso che ci penso ho forse perso anche una lentina, ma quegli occhi ghiaccio, freddi e intensi, è impossibile non notarli.
"Tutto benissimo" sorrido, lo supero e decisa esco dal locale.
Vorrei saltellare sul posto per essere riuscita in questa missione, ma il vento mi sferza le gambe nude e mi stringo meglio nel cappotto.
Merda, fa freddo.
Strofino le mai tra loro e ci soffio sopra, tentando di darmi calore.
L'unica cosa positiva è che senza l'aria soffocante del locale, mi sento più lucida.
I miei pensieri sembrano più coerenti e respiro molto meglio.
Bene, devo solo aspettare il bus, visto che ho investito troppi soldi nei drink e adesso non posso permettermi un taxi.
Sarebbe tutto più semplice seduta sui comodi sediolini di pelle di un'auto.
Mi avvio alla fermata e sospiro di sollievo, perché il gabbiotto di plastica mi avrebbe riparato dal freddo.
Però sento delle voci maschile alle mie spalle, frasi poco eleganti e risate sguaiate, così aumento il passo.
"Ma quella è la bella bambolina con cui abbiamo parlato prima" la voce arriva ovattata alle mie orecchie, mi tremano le gambe e non solo dal freddo.
Ho paura.
"È vero, ammazza che culo" continuano a ridere ed inizio a correre, perdo persino una scarpa che mi ha prestato Kate, inizio a zoppicare mentre cerco di liberarmi dell'altra.
Corro e prego in silenzio, svolto in una stradina laterale e mi nascondo dietro a dei cassonetti.
Chiudo gli occhi e non respiro, evito di fare il minimo rumore, sento solo il mio cuore battere furioso.
Lo sento martellare al centro del petto.
"John eccola qua la bambolina" mi prende per un braccio e mi solleva come se fossi di cartone.
"È proprio carina, guarda che occhi celesti e che bocca carnosa, chissà quanto è brava a succhiare" gli vomito addosso e mi molla come un sacco di patate, cado a  terra  e continuo a rovesciare lacrime, drink, paura e succhi gastrici.
Urlo disperata e non pensavo di avere tutta questa voce.
"Questa troia mi ha sporcato la camicia nuova" mi molla un calcio nella pancia ed urlo dal dolore.
Voglio solo svegliarmi da questo incubo.
"Sa anche urlare bene, sarà proprio una puttanella" ringhia uno dei due.
Non ricordo chi sono, ho parlato e ballato con un paio di ragazzi, ma senza malizia e senza pretese, solo per divertimento.
Non sono una puttanella, sono un'ordinaria ragazza che passa la giornata sui libri.
Ho scopato solo con due ragazzi in tutta la mia vita e voglio solo tornare a casa. 
"Vi prego lasciatemi in pace" mormoro.
"No, sei troppo eccitante tutta sgualcita" in automatico mi copro meglio e mi rannicchio su me stessa, con la speranza di essere inghiottita dalla strada.
Piango ed urlo, ma nessuno sembra sentire le mie preghiere.
"Mantienila ferma che facciamo a turno" sento il rumore della cinghia e della cerniera che si abbassa, quella dei suoi pantaloni.
Urlo ancora ed inizio a prenderlo a calci, mi alzo e cerco di mollargli un pugno, graffio il suo viso e spero che la sua pelle mia sia rimasta sotto le unghie, così possono rintracciarlo alla mia morte e sbatterlo in carcere.
Avrò la mia vendetta, in questa vita o nell'altra.
"Aiuto" urlo ancora e mi divincolo, perché l'altro mi ha bloccato le braccia e mi tiene ferma.
Mi tiene ferma mentre l'altro mi alza il vestito con le sue mani sudice e mi strappa gli slip, e penso che questo rumore rimarrà impresso nella mia mentre per sempre.
Qualsiasi cosa succederà stasera, mi avrà compromessa per l'eternità.
Elizabeth sta morendo in questo vico, tra le mani di questi schifosi e non tornerà più indietro.
Mai.
L'ennesima lacrima solca la mia guancia sporca di terra, di saliva, del loro odore.
Scalcio ancora e mi arriva un pugno sullo zigomo, sento l'odore del sangue e qualcosa di caldo mi scivola sul viso, mischiandosi a tutto il resto.
"Sei un figlio di puttana" gli sputo in faccia, e firmo praticamente la mia condanna a morte, perché questa volta lui estrae un coltellino e lo punta alla mia gola.
E giuro, che se mi uccidesse, proverei meno dolore.
"Zitta o ti sgozzo" sorride, quando mi vede tremare, mentre passa le sue mani sul mio seno e mi sfiora l'ombelico con la punta del coltello.
Mi sale un altro conato di vomito, mentre quello dietro stringe la presa sulle mie braccia e si struscia su di me.
Riprendo a dimenarmi, mi arrenderò solo quando mi avranno ucciso, non mi avranno mai cedevole.
Urlo ancora e sento un dolore al ventre, mi ha mollato un pugno nello stomaco, poi mi tira i capelli ed urla all'amico di scoparmi da dietro.
Ridono e le loro risate aumentano il mio disgusto.
Succede tutto all'improvviso, mentre uno dei due porci sta per abusare di me, un colpo di pistola arriva dritto alla testa di quello che mi tiene ferma.
Vedo il proiettile passare al di sopra dei miei capelli arruffati, prima di cadere per terra con un colpo tonfo.
Credo di essermi rotta una costola, visto che sono caduta su delle cassette di legno.
Chiudo gli occhi, sperando di morire, forse un colpo di pistola avrebbe portato via anche me.
E invece no.
"Signorina si sente male?" sbatto un paio di volte le palpebre, ormai pesanti e gonfie di lacrime.
Occhi ghiaccio mi porge una mano e mi guarda, sembra disgustato da quello che vede.
"Voglio andare via" scoppio in singhiozzi "La prego non mi faccia nulla" mormoro.
"Andiamo all'ospedale è davvero ridotta male" mi prende in braccio e comincio a muovermi come un'anguilla, non voglio essere toccata.
"Stia tranquilla come me è al sicuro" scavalca il cadavere di uno dei due giovani.
"Lei è un assassino" sbotto.
"Sono molte cose si fidi" sorride, mostrando una bellissima dentatura.
Rimango a fissare il suo viso per un tempo che mi sembra infinito.
"Perché a me? Mi lasci la prego" lo colpisco al petto.
"Stai ferma" mi blocca i polsi "Ora andiamo all'ospedale e tu stai zitta, non nominare pistole e morti, se non vuoi avere un foro al cervello" mi si gela il sangue nelle vene "Brava non fiatare, mi hai fatto venire mal di testa".
Mi carica su una macchina scura, mi sdraio sui sedili posteriori e mi rannicchio in posizione fetale.
Sono stata catapultata all'inferno, non ho dubbi a riguardo.
Spero solo di non bruciare viva.

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Piano piano mi sto concedendo tempo per sistemarla, e naturalmente vi terrò aggiornati con i progressi.
Credo che qualcosa cambierà, oppure pensate che il finale vada bene così?
Avevo anche pensato di cambiare il titolo, forse in Salvami tu, più breve e facile da trovare.
Che dite? Si accettano proposte!!!
Fatemi sapere!!!
Mi mancate, giuro.
❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️
Carmuz.

Ps: scusate eventuali errori XD

Ps1: per il cartaceo del primo libro di Sotto lo stesso tetto, sto aspettando un retro copertina decente, è difficile usare quei programmi strani per un'imbranata come me :(

Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: May 12, 2020 ⏰

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