Capitolo 8

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Alec era nel pieno di una crisi d'ansia.
Era da quindici minuti buoni che faceva avanti ed indietro davanti la porta del loft di Magnus e doveva solo decidersi a suonare il campanello.
Era arrivato in anticipo, rispetto all'orario pattuito, ma se non si fosse dato una mossa, sarebbe arrivato in ritardo al suo primo giorno di lavoro. Il che era assurdo, visto che era là!
Inspirò ed espirò, tentando di calmarsi e si stava apprestando a schiacciare il famigerato pulsante quando la porta di spalancò di colpo e due piccoli cuccioli d'uomo lo osservavano incuriositi. Entrambi mori, il più piccolo aveva occhi azzurri e pelle diafana, il più grande occhi d'ossidiana e pelle caramellata.
Alec fu preso alla sprovvista. Da dove saltavano fuori? Chi erano? Stava per chiederglielo, quando il più piccolo fece dietro front, si trascinò dietro il compare, acchiappandolo per un braccio, e scappò dentro urlando "Papiiii avevi ragione! Era proprio dietro la porta!".
Papi? Con chi stava parlando? Poteva essere..
Magnus si palesò all'ingresso, sorridente "Buongiorno Alexander e bentornato! Vieni, entra. Non essere timido!".
Alec riuscì solo ad annuire ed entrò nel loft. Una volta arrivato nel salotto, stava per dire almeno un buongiorno, ma gli sguardi insistenti dei due piccoli, che lo sbirciavano da dietro le gambe di Magnus, gli fecero perdere definitivamente l'uso della parola.
Da quando c'erano dei bambini in quella casa? Era sicuro di non averli visti le due volte in cui era stato lì. Poteva metterci la mano sul fuoco, giusto? I dubbi cominciarono ad assalirlo. "No! No dai! Non c'erano!" si ripetè, tentando di convincersi. Ma poteva davvero esserne sicuro? Uhm, la prima volta era in uno stato pietoso e la seconda volta era emotivamente instabile tra quanto era successo col signor Lightwood, il patto con Magnus e soprattutto il fantasma di un bacio. Che gli fossero passati sotto al naso e non ci aveva fatto caso? In fin dei conti erano due puffi, potevano benissimo passare inosservati.
"Alexander? Tutto bene?" chiese Magnus, osservando incuriosito la reazione del ragazzo. Era stato un po' cattivello, lo sapeva, perchè aveva evitato accuratamente di accennare ad Alec dell'esistenza dei suoi bastoncini di zucchero filato, ma non si aspettava che il ragazzo avrebbe reagito col mutismo!
"Eh? Oh.. sì.. sì sì, sto bene!" rispose Alec. Non riusciva a togliere gli occhi di dosso ai due bambini che, a loro volta, non smettevano di osservarlo.
"Ah.. ehm.. ciao!" esordì. Salutarli gli sembrava un buon inizio, ma i bambini continuavano a guardarlo, muti. La loro ispezione visiva lo stava mettendo a disagio. Sembrava che lo stessero passando ai raggi x per giudicarlo idoneo o meno a frequentare quella casa.
"Oook, direi di cominciare con le presentazioni!" disse Magnus, "Rafe, Max, vi presento Alexander! Lavorerà per papi!" disse parlando ai bambini, poi si voltò verso di lui e, sorridendo, concluse "Alexander, questi sono Rafe e Max, i miei figli!".
Il cuore di Alec fremette. Il più piccolo dei due aveva lo stesso nomignolo del suo fratellino. Si limitò a salutare con la mano, temendo che la propria voce lo tradisse.
Il silenzio continuava a regnare sovrano, ma, grazie al cielo, Magnus venne in soccorso al trio e ruppe quel momento di stasi che stava diventando imbarazzante "Ok zuccherini miei, di corsa a cambiarsi! Tra poco sarà qui la zia Cat che vi porterà a scuola. Alexander, tu invece puoi accomodarti nel mio studio. Seconda porta a destra. Arrivo subito!".
Alec annuì e stava per salutare i bambini, ma questi sgattaiolarono via, non prima di avergli lanciato un'altra lunga occhiata.

"E' un po' strano.." disse Rafe.
"Davvero? Io lo trovo molto simpatico!" ribattè Magnus, mentre gli infilava il maglione che il figlio aveva scelto di indossare.
"E' strano ti dico!". Rafe, dall'alto dei suoi sette anni di vita vissuta, sapeva di avere ragione. Il nuovo amico di papà non era come tutti gli altri. Lui era più "normale" rispetto agli uomini che ogni tanto vedeva gironzolare per casa. Era vestito tutto di nero e gli abiti sembravano stare insieme per miracolo. Non aveva poi tentato di conquistarsi la sua amicizia, o quella del fratellino, con moine varie. A dirla tutta, il nuovo arrivato sembrava addirittura intimorito da loro. Era davvero davvero strano!
"Ha gli occhi azzurri come me!" disse, entusiasta, Max. Lui, di anni, ne aveva cinque ed era l'ombra del fratello maggiore.
"Sììì, hai visto amore? Allora, che dite, vi piace?" chiese entusiasta Magnus, "Perchè lo vedrete spessissimo, da oggi in poi!".
Rafe e Max si scambiarono un'occhiata ed alzarono simultaneamente le spalle "E' ok, credo", rispose Rafe.
"Papi ma è lui il signore che ha rotto Mary?" chiese Max.
Magnus sospirò. Mary gli mancava. "Sì è proprio lui. Si è scusato e così ho deciso di perdonarlo. E' un ragazzo molto gentile, sapete?" rispose.
In quel momento un bussare leggero arrivò alle loro orecchie e si girarono per vedere Cat appoggiata allo stipite della porta. "Allora.." esordì la donna, mentre si attorcigliava tra le dita una ciocca di capelli, talmente biondi da sembrare quasi bianchi, "Il misterioso Batman dagli occhi azzurri è arrivato, vero?" chiese, sorridendo.
"Da quanto sei lì?".
"Ciaoooo zia Cat!" la salutarono in coro i bambini, correndole incontro ed abbracciandola.
"Ciao piccoli!" disse, ricambiando la dimostrazione d'affetto, "E, per rispondere alla tua domanda, Mags, più o meno da quando Rafe ha detto che il ragazzo è particolare. La qual cosa mi fa diventare ancora più curiosa! Sai che non uscirò da questa casa se prima non me lo farai conoscere, vero?".
"Lo so, lo so." sospirò Magnus, "Ma mi devi promettere che farai la brava! Niente battutine o doppi sensi! Non spaventarlo!" la minacciò con un dito.
Catarina Loss sorrise. Era davvero strano vedere il suo migliore amico innamorato. Lo conosceva da ben venticinque anni e mai, neanche alla sua prima cotta adolescenziale, lo aveva visto ridotto così. "Farò la brava, promesso" disse, alzando le mani.
Magnus la osservò scettico, riducendo gli occhi a due fessure, ma decise di fidarsi.
Com'era il detto? "Dagli amici mi guardi Dio, che dai nemici mi guardo io"? Ecco, appunto.

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