Avevo fame. Avevo una fame bestiale.
Ero di fronte alla porta della cucina e la fissavo, crogiolandomi nell'impotenza. Sarei arrivata a staccarmi un braccio e divorare quello, pur di saziare quei crampi allo stomaco devastanti. Se solo avessi potuto scassinare la serratura, se solo avessi potuto strappare via il nastro segnaletico che mia madre ci aveva incollato tanto simpaticamente.
Ero probabilmente l'unica donna al mondo ad avere una porta blindata pesante tonnellate al posto della porta della cucina.
"Beatrice, rinunciaci": recitava il post-it giallo incollato accanto al pomello, lasciato lì come monito per tutte le volte che avevo cercato di infrangere il sacrosanto divieto. Avevo tentato un numero incalcolabile di volte, ma non c'era mai stato verso. La serratura non aveva ceduto a cacciaviti, martelli, trapani; e utilizzare il comodino come ariete si era rivelato completamente inutile – oltretutto, avevo dovuto ordinarne un altro online. Per non parlare dei miei ridicoli tentativi di rubare una copia delle chiavi a mia madre o a Filippo.
Prima o poi sarebbe dovuto finire, quel maledetto incubo. Era una situazione assurda: dovevo anche aspettare ore perché qualcuno venisse a portarmi un pasto caldo. Avevo una cucina, diamine, comprata con il mio quinto o sesto stipendio da architetto, e non potevo utilizzarla!
Mollai un pugno rabbioso al legno, facendomi male, ma non abbastanza da impedirmi dal rifarlo un paio di volte.Avevo fame.
Mi strinsi i riccioli biondi tra le mani e mi allontanai a malincuore, dirigendomi verso il salone. L'enorme orologio a pendolo in legno di quercia segnava le due del pomeriggio passate. Minuto più minuto meno, quel che contava era che Filippo era in ritardo.
Sfilai il caricatore dal sedere del mio smartphone e aprii le ultime chiamate effettuate. Le ultime venticinque erano segnate tutte sotto il suo nome: Filippo il deficiente. Questo mi fece soffrire, ma, spronata dal brontolio del mio stomaco, mi decisi a digitare per l'ennesima volta il suo numero, portandomi il cellulare all'orecchio e tamburellando con le unghie sulla madia scura. Al secondo squillo rispose.
– C'è traffico – fu la prima cosa che disse.
– E io ho fame.
– Sto arrivando – borbottò, mettendo giù senza ulteriori manfrine.
Sgranai gli occhi, osservando lo schermo spegnersi.
E pensare che quello sarebbe dovuto diventare mio marito.
Assurdo, veramente assurdo.Rimisi in carica lo smartphone e tornai a fissare la porta della cucina, considerando qualche nuova idea per scassinarla. A pensarci bene, non avevo ancora provato con la fiamma ossidrica. Ovviamente non avevo una fiamma ossidrica in casa, ma non c'era nulla che non si potesse acquistare online. Era da un anno intero che facevo il mio abituale shopping su internet: dal cibo, i calzini in cachemire e gli assorbenti da notte, alle riviste di moda, le ciabatte pelose e, perché no, a una bella fiamma ossidrica.
Avevo accesso a qualsiasi oggetto, senza dover mettere fuori dall'uscio di casa neanche un alluce. Non mi sarei fermata proprio in quel momento.
Tornai indietro e mi sedetti sul divano, afferrando il laptop e accendendolo.
Avevo lasciato aperta la pagina di streaming del mio telefilm preferito, che chiusi con un rapido tap tap.Su Amazon il primo risultato della mia ricerca costava centocinquantasei euro. Non avevo voglia di cercare più a fondo, quindi lessi le recensioni, la descrizione e mi convinsi in fretta. Dopotutto non faceva molta differenza. Feci per cliccare su Acquista Subito, quando sentii una chiave inserirsi nella serratura dell'ingresso.
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La Maledizione di chi Rimpiange [Completa]
ParanormalBeatrice è preda della narcolessia da quando ne ha memoria. Il sonno la reclama e chiama a sé ogni giorno, ogni notte, costringendola a chiudere le palpebre e a perdere i sensi, per addentrarsi nel mondo onirico. Quel che sogna una volta addormenta...