– Prego, entri pure – mi feci da parte e l'uomo entrò titubante in casa.
Si portò una mano sulla fronte, come se avesse un cappello invisibile da sollevare.
– Permesso – mormorò, fortemente intimorito dal mio arredamento.
Mi dispiacque, non avrei voluto metterlo a disagio. Lanciai automaticamente un'occhiata all'enorme orologio a pendolo di quercia che avevo sempre amato, ma che improvvisamente mi sembrava un'ostentazione esagerata. In quel momento quell'uomo era il mio unico vero alleato, l'avrei voluto accogliere meglio.
Appesa a un braccio portava una cassetta molto voluminosa e dall'aria pesante. Silenziosamente, gli feci segno di seguirmi e lo condussi lungo il corridoio.
– Mi scuso ancora per non averle potuto dare prima un appuntamento, signorina.
– Non si preoccupi. – sospirai – L'importante è che mia madre non sappia nulla.
Mi voltai appena per controllare la sua espressione e accertarmi che fosse sincero.
– No, assolutamente. – era leggermente impallidito – Un po' di segreto professionale non guasta mai.
Gli concessi un sorriso ed entrambi ci rilassammo di conseguenza, più distesi, più tranquilli. Era fatta, ero a un passo dal farcela.
Mi fermai e gli indicai la porta blindata della cucina.
– Vorrei che mi liberasse di questa.
Il fabbro avanzò verso di me, oltrepassandomi e studiando la serratura con attenzione.
– È chiusa a chiave?
Incrociai le braccia al petto: – Sì, ma non voglio che si limiti ad aprirla, voglio che la sradichi via dal muro, voglio che la strappi via di lì. Deve sparire. La voglio mettere sotto al letto e dormirci sopra.
Lo stavo confondendo con il mio tono seccato e con la nota di pazzia nelle mie parole, ma sembrò cogliere l'antifona e mugolò in segno di assenso, passando a osservare i cardini.
– Mi servirà qualche attrezzo un po' più ingombrante. Le dispiace se li vado a prendere dal furgone?
– Certo che no, non si preoccupi. Vada pure, anzi, le dico di più, ha carta libera su qualsiasi manovra pensa di dover adottare per spaccare in due questa porta. – mi incastrai una ciocca di capelli dietro l'orecchio, osservando le sue iridi grigiastre seguire il mio movimento – Non voglio disturbarla più del necessario, quindi penso che resterò in camera per tutto il tempo necessario. Faccia come fosse a casa sua, nella madia del salone ci sono degli snack e il bollitore per il tè, in caso le venisse fame. Nel mini frigo trova l'acqua, le bibite e due birre.
– Grazie – balbettò.
Come se non avessi sottolineato meglio il concetto, aggiunsi: – Può ubriacarsi, addormentarsi sul divano e ruttare. Faccia quello che vuole, basta che entro stasera questa cosa sia sparita dalla mia vista.
Doveva essere abituato a mia madre, molto più autoritaria e intransigente di me, sempre con un occhio cinico puntato sui suoi sottoposti, perché non batté ciglio, al contrario, sembrò quasi prenderla a ridere.
Riconoscevo l'ilarità delle mie stesse parole e continuai a sorridergli in risposta, stemperando il mio sguardo gelido.
Senza dilungarmi oltre, gli voltai le spalle per chiudermi in camera. Una volta da sola e seduta sul letto, non riuscii né ad aprire un libro, né a guardare la televisione, men che meno a dormire. Fissavo semplicemente il vuoto, seguendo il filo molle dei miei pensieri pigri, un lento pascolare in una distesa ombreggiata.
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La Maledizione di chi Rimpiange [Completa]
ParanormalBeatrice è preda della narcolessia da quando ne ha memoria. Il sonno la reclama e chiama a sé ogni giorno, ogni notte, costringendola a chiudere le palpebre e a perdere i sensi, per addentrarsi nel mondo onirico. Quel che sogna una volta addormenta...