21. Il Rancore

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– Non ce la farai.

La sua voce familiare mi riscosse. Era alle mie spalle e mi voltai, furiosa.Incontrai lo sguardo del vecchio seduto al tavolo. La candela accesa e incastonata nel candelabro si era quasi del tutto consumata.

– Ti sbagli – le mie parole risultarono più lamentose del previsto.

– Perché? – ringhiò in maniera sottile, sporgendosi in avanti per alzarsi. Si rifiutava di allentare la presa dal suo taccuino.

– Perché sono più forte. Perché stavolta è diverso – mollai un pugno sul tavolo.

– Bugiarda. – rise – Non c'è modo di recuperare il passato.

– Forse no. Ma non potrò mai esserne sicura, finché non ci provo.

– Potresti peggiorare la situazione, nel tentativo, non ci hai pensato?

Spalancò la bocca per sorridere e notai per la prima volta che i suoi denti erano marci. Scostò la sedia dietro di sé e fece un passo nella mia direzione: non era mai arrivato a tanto.

– Filippo potrebbe rifiutarti una seconda volta, in maniera più definitiva. Potresti mettere a rischio questo sottile rapporto che si è creato tra voi. Non ti piace averlo nella tua vita? Anche se per poco, anche se non puoi toccarlo? Non preferisci questo al nulla?

Si muoveva in maniera viscida, come si sarebbe mosso un serpente pronto a strisciarmi attorno alla gola. Lo imitai, ma spostandomi nella direzione opposta, tenendomi a distanza di sicurezza, usando il tavolo come scudo.

Stavamo girando in tondo.

– Non ha senso rimanere in questa situazione. – sussurrai – Non sono felice.

– Ma potresti essere ancora più infelice. Non c'è mai fine al peggio e il fondo del pozzo, fidati, non lo hai ancora toccato.

Sentivo le sue unghie corte grattare sulle mie incertezze e stuzzicarle, provocarle a colpo sicuro. Mi conosceva, era così schifosamente parte di me.

– Sarebbe meglio continuare così, no? – sbottai sarcastica, sovraccarica – Vivere nel rancore, vivere di te.

La nostra danza attorno al tavolo proseguiva.

– Mio fratello te lo ha detto – non era una domanda. La cosa sembrava divertirlo.

– Sei stato crudele.

– Ho fatto quello che dovevo. Nessuno può cambiare quello che è, può solo morire nel rancore e nell'odio.

– Hai tradito il tuo stesso sangue.

– Eravamo troppo diversi.

Il fatto che ne parlasse la passato, come se Rimpianto fosse in realtà morto e non imprigionato in qualche meandro della mia mente, mi faceva infuriare, disperare e avvilire: perché era come se non ci fosse nessuna possibilità, neanche per me, soprattutto per me.

– Io voglio solo essere libera. Voglio solo riuscire a dire quello che penso da circa un anno. Non posso vivere così – sussurrai, perdendo il ritmo di quella danza mortale.

– Non sei libera neanche di decidere quando dormire e quando svegliarti, figuriamoci per il resto.

Le sue parole mi ferirono a fondo.

Strinsi i pugni, notando come acquistava centimetri e si faceva più vicino. Il suo taccuino sempre stretto e protetto tra le dita.

– Io parlerò con Filippo, gli dirò quello che penso, gli chiederò perché mi ha lasciata.

La Maledizione di chi Rimpiange [Completa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora