– Hai fatto un incubo?
La domanda di Filippo fece eco ai rimasugli del sogno che aveva appena smesso di prendermi a colpi di revolver in mezzo al petto.
Mi sfuggì un mezzo sorriso, mentre maledicevo Morfeo e i suoi avvelenati voli pindarici.
– Lo hai chiesto anche nel sogno, questo – mormorai a denti stretti, sollevandomi e costringendolo a togliersi dai piedi.
Scostai le coperte e mi presi un secondo per massaggiarmi la testa e respirare, prima di alzarmi.Dammi la forza, recitai mentalmente esasperata.
– Hai sognato... me? – il suo tono di voce si era fatto più acuto del previsto.
Non gli risposi, limitandomi a lasciar perdere la meditazione e sollevandomi. Recuperai la vestaglia di flanella dall'attaccapanni e la indossai borbottando imprecazioni che speravo non riuscisse a sentire.
Era assurdo. Era veramente assurdo trovarsi un attimo da una parte e un attimo dopo dall'altra. Era insopportabilmente snervante avere tra le mani quell'uomo, completamente nudo e ai miei piedi un secondo prima, e averlo dopo come badante pronto solo a portarmi il pranzo.
I miei occhi rimarcarono il concetto soffermandosi a osservare Filippo. Era paonazzo e seduto ai piedi del letto, con il pennacchio di capelli castani dritti in testa, stravolti quanto il proprietario.Era imbarazzante quanto lo preoccupasse il fatto di essere protagonista dei miei sogni. Chissà cosa si stava immaginando in quella sua fronte spaziosa. A giudicare dal rossore delle guance,
doveva credere di aver abitato un mio sogno erotico.
E diamine, se aveva ragione.
Stizzita, gli diedi le spalle e mi diressi verso il soggiorno.
L'odore del fritto aveva inondato il corridoio, perché era così schifosamente scontato che avesse preso di nuovo da mangiare al ristorante cinese.
In punto di morte forse avrebbe capito di aver fatto male a dedicare tre quarti della sua esperienza gastronomica terrena a mangiare quella robaccia. E allora – e solo allora – si sarebbe dato dell'idiota per quella stupida ossessione per gli spaghetti di soia.
Non avevo decisamente voglia di cibo fritto, sebbene fossero le... le... avevo già dimenticato l'ora che si era fatta.L'orologio a pendolo in soggiorno si era fermato alle nove e non contribuiva ad aiutarmi. Mi ero scordata di ricaricarlo, ma era normale, succedeva più spesso di quanto mi piacesse ammettere.
– Senti, non ti ho offendere, – gli gridai dal soggiorno – ma ora proprio non ho voglia di cibo cinese. Mi mangio prima una merendina, sperando mi passi la nausea.
– Non urlare, sono qui.
Sobbalzai a sentire la sua voce precisamente alle mie spalle. Cercai di mascherare l'infarto in atto non voltandomi a guardarlo, limitandomi ad avvicinarmi al mobiletto degli snack ipercalorici.
– Sai, pensavo che oggi dovesse venire mamma.
Scelsi una brioche ai frutti di bosco, il cui pacchetto esplose in un attimo tra le mie mani, non appena lo strinsi con eccessiva violenza. Il pof che emise mi rilassò e, mugolando di piacere, afferrai la punta del dolcetto con i denti, tirando indietro tutto il resto.
– Ha avuto dei problemi col lavoro.
Alzai gli occhi al cielo.
Continuò: – Credo ti abbia chiamata circa venti volte per dirtelo. Si è anche preoccupata.
Masticando gli lanciai uno sguardo perplesso.
Era poggiato all'entrata del corridoio, teneva le braccia incrociate al petto e con il suo broncio era sexy da morire.
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La Maledizione di chi Rimpiange [Completa]
ParanormalBeatrice è preda della narcolessia da quando ne ha memoria. Il sonno la reclama e chiama a sé ogni giorno, ogni notte, costringendola a chiudere le palpebre e a perdere i sensi, per addentrarsi nel mondo onirico. Quel che sogna una volta addormenta...