Mi sembrava di star guardando la scena a testa in giù. Effettivamente la prospettiva era un po' ambigua e quantomeno capovolta.
Il vecchio sfogliava il suo taccuino, ma io lo vedevo come lo avresti visto riflesso in un cucchiaio. Era chiaramente sottosopra!
Prima di stupirmi per aver saltato a piedi pari tutta la prima parte del sogno, ritrovandomi direttamente in compagnia del folle, mi mossi appena, cercando di capire perché vedessi tutto in quel modo.
In realtà non ci volle molto. Quando ripresi a respirare, aprendo ben bene i polmoni, tutto iniziò a muoversi. E allora mi resi conto di quel che non andava: ero io quella che stava fluttuando, immobile, sopra al tavolo, pericolosamente invischiata nell'oscurità di quella spaventosa stanza.
Più respiravo a fondo e più la forza di gravità sembrava riportarmi al mio posto.
Il vecchio neanche aveva alzato lo sguardo.
Iperventilai qualche secondo, giusto per darmi lo sprint finale e tirai un sospiro di sollievo, quando sentii la sedia sotto ai miei glutei.
Non mi sarei mai spiegata stranezze del genere, quindi aveva poco senso piagnucolare più del necessario. Si trattava di un sogno e lì tutto era pur sempre concesso.
Mi lisciai la camicetta bianca, controllai rapidamente che i miei riccioli non stessero fluttuando in aria per qualche assurda e strana ragione, e inspirai un'ultima volta a fondo, sperando in quel modo di saldarmi definitivamente a terra.
Il vecchio chiuse il taccuino in pelle con uno scatto secco e io sobbalzai in risposta, mordendomi la lingua.
– Dove eravamo rimasti?
Era come se mi stesse servendo su un piatto d'argento la possibilità di insultare lui e i suoi metodi detestabili, ma non mi azzardai: anzi, non mi passò neanche per l'anticamera del cervello di provocarlo in nessun modo. Per quanto i miei incubi ¬– parlando – avessero iniziato a togliersi di dosso quella patina di inquietudine, ci trovavamo sempre in un contesto da brividi.
Non avevo intenzione di stuzzicarlo in nessun modo.
– Mi dicevi di Rimpianto... – sussurrai, con i pensieri che viaggiavano dritti verso il ragazzo nella gabbia.
– Ah sì. – fece finta di mettersi più comodo, intrecciando le braccia al petto e poggiandosi allo schienale della sedia – Rimpianto.
Scosse il dito sovrappensiero, smettendo di guardarmi: – Sai, Rimpianto era un'emozione abbastanza particolare. Era come se qualcosa non avesse mai funzionato, in lui.
Come un orologio rotto destinato a non poter essere mai riparato, mormorai nella mia testa, distraendomi.
– Ed era abbastanza prevedibile che prima o poi avrebbe fatto qualche stupidaggine. Quando mandarono alla televisione la notizia nessuno ne è rimasto sorpreso; quando lo hanno arrestarlo, nessuno ha impuntato i piedi, né i suoi genitori, né suo fratello Rancore. Era davvero scontato che avrebbe fatto quella fine e per tutti si stava semplicemente concretizzando il normale svolgimento degli eventi.
Feci finta di stupirmi: – Arrestato?
Annuì silenziosamente: – Sì. Venne fermato, catturato e imprigionato in un luogo sicuro, lontano sia dal mondo delle emozioni che da quello degli umani. Con a guardia il peggiore carceriere di sempre.
Rabbrividii. Carceriere?
Perché io non avevo mai visto un carceriere nella foresta?
E perché avevo il vivido sospetto, invece, che il carceriere al contrario mi avesse vista eccome?
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La Maledizione di chi Rimpiange [Completa]
ParanormalBeatrice è preda della narcolessia da quando ne ha memoria. Il sonno la reclama e chiama a sé ogni giorno, ogni notte, costringendola a chiudere le palpebre e a perdere i sensi, per addentrarsi nel mondo onirico. Quel che sogna una volta addormenta...