La valigia è chiusa, do un ultimo sguardo al mio minuscolo appartamento, un sorriso si disegna sul mio volto, quante volte mi sono lamentata del poco spazio, del fatto che mi vergognassi tantissimo a vivere in un posto così piccolo, però so che mi mancherà, raccolgo la borsa e chiudo la porta alle mie spalle. Il signor Gerardo mi aspetta appena fuori dal portone, gli restituisco le chiavi di casa sua e lo ringrazio, Sabrina e Simone sono in macchina, il mio amico scende dal lato guida e mi aiuta a sistemare la valigia, dietro di noi un'auto non smette di clacsonare, mi giro a guardare è un uomo di mezza età che gesticola e sicuramente ci sta mandando a fanculo, Simone si fa una risata ed entriamo in macchina.
-Ciao Sabri – la mia amica ricambia il mio saluto, guardo ancora un po' quello che era il mio quartiere e per tutto il tragitto rimango in silenzio, mi godo ogni angolo di questa città, i colori, il sorriso della gente, i rumori, vedo un edicola e la mia mente mi riporta indietro di un bel po' di anni, ogni sabato io e mio padre uscivamo a fare colazione e dopo aver preso il classico cornetto al bar prima di tornare a casa passavamo da Giuseppe, aveva questo chioschetto pieno di giornali proprio sotto casa, papà si fermava a prendere una rivista e per me un enorme pacco sorpresa, è uno dei ricordi più preziosi della mia infanzia.
Quando arriviamo a casa Grimaldi, la signora Anna mi accoglie con un grandissimo abbraccio stranamente anche Giulio, il papà di Simone e Sabrina, questa volta si alza a salutarmi è proprio un evento più unico che raro.
-Prendo la valigia... - si propone il fratello della mia amica.
-No lasciala pure, non resterò molto – lo rassicuro.
-No, almeno un piatto di pasta devi mangiarlo, chissà cosa mangerei in quel posto – ridiamo tutti, perché il tono con cui Anna ha pronunciato quella frase è molto buffo. Ci accomodiamo e tra una chiacchiera e l'altra pranziamo, appena finito mi alzo e inizia il giro di saluti, abbraccio il capo famiglia che mi stringe forte a sé, saluto quella che nell'ultimo periodo è stata per me una madre adottiva e infine saluto Sabrina, ci abbracciamo, riesco a sentire il suo cuore battere per quanto ci teniamo strette , non riusciamo a staccarci, sappiamo entrambe che questo potrebbe essere un addio.
-Scrivimi, chiamami, ma fallo davvero ti prego – asciuga le lacrime -non so come farò senza di te, il cambiamento non è solo tuo- la abbraccio di nuovo e per la prima volta da quando ho deciso di partire mi chiedo se sto facendo la cosa giusta.
-Te lo prometto e non è una stupida promessa che con i mesi svanirà, io ci sarò sempre – guardo la poltrona di Giulio, i fornelli di Anna, gli occhi ancora lucidi della mia migliore amica e Simone, che commosso, mi aspetta per accompagnarmi in aeroporto, li saluto ancora una volta e poi camminiamo fino alla sua auto. Indosso gli occhiali da sole, non riesco a trattenere le lacrime, Simone da uno sguardo rapido per vedere come sto e poi si gira di nuovo e guarda dritto davanti a sé.-Beh, siamo quasi arrivati, ancora convinta di partire? – rifletto un attimo prima di rispondere e mi perdo a guardare un aereo che è appena decollato – Giulia? – mi sollecita il ragazzo.
-Non lo so Simo, non so cosa io stia facendo, ho mandato tutto a puttane, ho perso il lavoro, non ho dato gli esami, non vedo i miei genitori da troppo tempo e ho perso la donna della mia vita, che alternativa avevo? – forte mi sto autoconvincendo che questa sia la scelta giusta.
-Scappare non è mai stata la soluzione – abbassa il finestrino e allunga la mano per prendere il biglietto del parcheggio che poi userà per uscire.
-Lo so, ma grazie a quei mesi di lavoro da chi sai tu sono riuscita a mettere un po' di soldi da parte, poi New York è sempre stato il mio sogno e voglio ripartire da lì – quando ho realizzato che la famiglia Salvatore mi aveva tolto tutto quanto ho deciso che almeno una cosa me la dovevano, così ho fatto un biglietto di sola andata per la grande mela, perché da questa brutta storia dovevo tirar fuori qualcosa di positivo e se all'inizio non riuscivo a vedere nulla che potesse colmare il vuoto che Rachel aveva lasciato in me, poi ho capito che loro in qualche modo potevano realizzare il mio sogno, ho abbastanza soldi per i primi mesi, per il resto cercherò di arrangiarmi.
Ci fermiamo davanti l'entrata dell'aeroporto e sulla punta dei piedi abbraccio Simone, dopo le ultime raccomandazioni mi saluta e va via ed io mi perdo tra la folla di gente che come me è in partenza.Sono confusa, sto veramente andando dall'altra parte del mondo, lasciandomi alle spalle tutto quello che in questi mesi mi ha fatto stare male, sto ripartendo da me, dai miei sogni, lo sto facendo davvero. Mostro la carta d'imbarco e passo i controlli, mi fermo davanti i monitor e cerco il gate, cammino con un passo rapido perché l'imbarco è già iniziato e se non voglio rimanere a Milano dovrò darmi una mossa. La distanza percorsa mi sembra infinita ma finalmente, stravolta, arrivo al B15, c'è molta gente in fila, alcuni sono già entrati mi avvicino e aspetto in maniera paziente il mio turno, anche se non vedo l'ora di essere su quell'aggeggio e riposarmi dopo questa corsa inaspettata. Tiro fuori il telefono per dare un'occhiata, Sabrina ha provato a chiamarmi, sicuramente mentre mi preparavo per la maratona di New York, la richiamo.
-Sabri, scusa non l'ho sentito squillare...- la mia amica mi rassicura e mi dice che c'è una cosa importante che dovrei sapere –Dimmi – è agitata -Come? Aspetta aspetta, respira, tua madre ti ha detto cosa? – inizio a picchiettare nervosamente sul manico del mio trolley -Quindi lei sta tornando a New York? Ha lasciato il marito? – a quel punto rimango in silenzio e ascolto tutto quello che ha da dirmi, mi racconta che dopo essere andata via sua madre ha chiamato una sue collega per cose di lavoro e questa le raccontava che Kevin Salvatore ha preso qualche giorno libero perché la moglie è andata via, lasciando lui ed il figlio da soli, ha raccontato di un uomo distrutto e un po' mi dispiace, perché alla fine nonostante il suo brutto carattere lui ama sua moglie più di ogni altra cosa, mi spiace soprattutto per Oscar perché sta pagando per gli errori di sua madre e quel bimbo così sveglio e simpatico non lo merita, ma soprattutto mi spiace che abbia deciso di lasciare tutto quanto e che non abbia neanche avuto la decenza di chiamarmi, di dirmelo. Fino alla fine si è mostrata per quella che è: una codarda.
-Sabri ti prego, New York non è Canicattì dove diavolo vuoi che la incontri? Non so neanche in che quartiere abitava prima di trasferirsi a Milano, è una città che fa 8 milioni di abitanti – la mia amica dall'altra parte ride -certo che mi sono informata sul numero degli abitanti e non solo su quello, ci sono tantissime lesbiche – cerco di sdrammatizzare e la signora davanti a me si gira e mi lancia un'occhiataccia, per un attimo pensavo già di essere in America e invece no Giulia, sei ancora nel bel paese. Saluto e poso il telefono in tasca tocca a me, finalmente potrò prendere posto e dare il via alla mia nuova avventura.
Mi sento totalmente libera e adesso si che sono contenta di partire e non perché in cuor mio spero di rivederla o di incontrarla da qualche parte, nulla di tutto questo, mi sento bene perché adesso ho la certezza che lei non mi ha mai voluto come l'ho voluta io, sta partendo anche lei, ma io sto partendo per motivi diversi, mi ha trascinato nel suo mondo ed il mio adesso senza di lei è completamente vuoto, invece ora poteva avermi ma per l'ennesima volta non mi ha voluta. Mostro la carta d'imbarco e il passaporto, mi fanno passare. Ci fermiamo per un attimo nel corridoio che ci porta all'entrata dell'aereo un bambino continua a correre avanti e indietro ed io inizio a pregare affinché non sia al mio fianco durante il volo, possiamo andare, il mio cuore batte forte quando metto il piede destro dentro quell'enorme ammasso di ferro sorrido, come non facevo più da troppo tempo, saluto le hostess e mi indicano il mio posto, inizio a camminare guardo in alto i numeri e le lettere, sono impaziente, voglio sistemare la valigia, sedermi, allacciare la cintura. Un'altra hostess mi saluta, sarà già la quinta che vedo, e mi invita a proseguire, sono quasi arrivata al mio posto, una persona mi afferra il polso, abbasso lo sguardo.
-Giulia! –
-Rachel! –FINE.
________________________________
Eccoci arrivati alla fine di questa storia, ho impiegato circa due anni per finirla, soprattutto per mancanza di tempo visto gli altri progetti che ho portato avanti in questi mesi, ricominciare è stato difficile ma una volta riaperto il file non sono più riuscita a fermarmi e ho scritto in due giorni tutti i capitoli mancanti.
Ho deciso in maniera pensata di lasciare il finale aperto per due motivi, il primo è che per il tipo di storia d'amore che è stato mi sembra un finale più che corretto perché le due protagoniste non ci hanno mai dato nessuna certezza sulla loro storia, amore, passione ma poi? Chissà! Quello che sappiamo è che faranno il viaggio insieme, Rachel deciderà finalmente di fare qualcosa per dimostrare a Giulia quanto importante sia per lei o le loro strade si divideranno una volta arrivate a destinazione?Il secondo motivo è invece perché non escludo un sequel, magari non subito, ma volevo lasciare una porta aperta.
Vi dico già che a breve, molto a breve, inizierà una nuova storia, sempre a sfondo LGBT+, ne ho due già quasi finite una più thriller una invece più sulla commedia, fatemi sapere nei commenti cosa vorreste leggere per primo.
Grazie a tutti per aver seguito la storia d'amore di Rachel e Giulia.
❤️
STAI LEGGENDO
Una vita senza te. •-• [LesbianLove]
Teen FictionGiulia ha 27 anni, studia psicologia all'università di Milano e cerca un lavoretto che possa farle mettere da parte un po' di soldi per fare il viaggio della sua vita: l'America. Trova lavoro come babysitter a casa di una famiglia americana che si...