Capitolo 8

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12.30

Sono già all’interno del ristorante vicino all’università, seduta al tavolo che uso con Rebecca e Steve quando abbiamo lezione tutto il giorno.

Sono agitatissima. Faccio finta di interessarmi al cellulare per ammazzare il tempo, ma mi stanco presto così guardo fuori dalla vetrata: la giornata è fredda e vi è un vento fortissimo. La gente si ripara nelle sciarpe o nei colli alti dei loro cappotti.

Da quando sono in Inghilterra mi piace guardare i passanti: sono un bellissimo mosaico di diversità. Le persone manifestano il loro modo di essere senza vergogna, esprimendosi anche attraverso i vestiti.

Vedo collant gialli, giacche attillate di pelle nera, impermeabili blu elettrico,… un cappello di lana grigio.

Luke. Mi vede da fuori e con un sorriso e cenno della mano mi saluta.

Faccio un respiro profondo. “Una cosa alla volta” continuo a ripetermi. Un sentimento alla volta: rabbia.

-Ciao, Cry! –esclama sedendosi di fronte a me.

-Ciao… come è andata la mattinata? –indago.

-Molto bene. Ci siamo divertiti molto, la tua invece?

Lo sapevo; così ci ritento: -Solo divertente? Avete visitato la città?

Luke diventa serio. –No, era un impegno di lavoro. Solo che con gli altri anche gli impegni più noiosi diventano sopportabili.

-Era un impegno noioso? –continuo sempre più decisa.

-Non proprio. Tu eri alla Soky? –chiede.

Annuisco. Non posso andare avanti così. Non me lo dirà mai.

-Giornata pesante? –mi chiede.

-Non proprio. È stata molto interessante, soprattutto durante la pausa caffè con Rebecca… -dico sperando di incuriosirlo.

Lui ride: -La pausa caffè?

Centro! Ora ti sistemo io. –Sì! –esclamo sorridendo. –Stavo bevendo il caffè con Rebecca, quando… -faccio una finta risata. -…non crederai alle tue orecchie. Vi abbiamo visto in Tv alla Capital FM. Divertente non trovi?

Luke fissa il tavolo. Mi pento di averlo detto, anzi no.

-Ascolta, tu sei libero di non dirmi ciò che vuoi. In fondo chi sono io per impedirti di farlo? Solo che pensavo… -non trovo le parole. –Cioè io ti ho raccontato la parte più importante della mia vita e anche tu mi hai raccontato della tua famiglia, della tua casa. Mi sono solo chiesta perché questo lato della tua vita sia stato messo da parte… ti ho sempre fatto delle domande, ma le hai sempre ignorate.

Rimaniamo in silenzio. La cameriera ci lascia i menu. Ringraziamo. Luke alza lo sguardo.

-Perché? –chiedo.

Luke è serissimo e mi fissa dritta negli occhi. Reggo quel confronto aspettando una sua risposta.

-Perché… -si blocca ancora. –Scusami… è solo che è bello evadere qualche volta, non complicare la conversazione con faccende di lavoro. Poi la tua storia è decisamente più interessante della mia.

Alzo le spalle e faccio una smorfia. Perché deve dirottare sempre l’attenzione su di me?

-Cosa intendi per evadere? –domando, non mi sarei accontentata di quelle poche parole.

La cameriera ritorna e ci trova impreparati. La facciamo attendere e scegliamo velocemente. Quando se ne va guardo Luke aspettando che parli.

-Evadere nel senso di essere me stesso. Mi capita così raramente di dover dividere cabine di telefono.

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