19.30 e di Luke nemmeno l’ombra. Non può far tardi proprio questa sera. Noi tre siamo già tutti pronti seduti in salotto davanti alla televisione.
-Ora lo chiamo. –dico.
-Stai calma, Cry! Arriverà! Non saranno quei due minuti a cambiarci la vita. –mi dice Rebecca.
-Vedrai, vedrai che arriverà! –continua Steve concludendo in un ghigno.
Lo guardo seria. –Che c’è di divertente? –chiedo.
-La tua espressione da tesa. –risponde troppo velocemente per essere vero e torna a prestare attenzione alla TV. Alzo gli occhi al cielo e seguo l’esempio dei miei coinquilini. Fortunatamente la sit-com ci distrae a tal punto che Luke deve suonare due volte. Mi alzo e vado ad aprire la porta.
-Ma che diavolo… -guardo stupita quel pinguino gigante davanti a me. E per pinguino intendo un uccello inetto al volo. Finalmente si spiega anche il ghigno di Steve.
Luke mi abbraccia e ridendo: -Wow Cry, sei bellissima!
Tra le braccia di quel pinguino morbido non so da che parte cominciare, non so se iniziare a ridere come una matta oppure insultarlo pesantemente, una tentazione fortissima.
Mi trattengo e semplicemente decido di sorridere e sperare che le ore passate con Steve non siano servite solo per architettare questa bravata, ma che abbiano trovato almeno il tempo per cercare un vero e proprio smoking.
Mi libera dalla sua presa. Rebecca è sorpresa quanto me, mentre Steve se la ride soddisfatto.
-Allora, che ne dici del tuo accompagnatore? Un vero e proprio figurino, non ti pare? –mi chiede Luke aprendo le braccia e facendo un giro su se stesso per farsi vedere per bene.
-Devo essere sincera o posso risparmiarti la predica? –dico in tono ironico.
Ride divertito e forse anche un po’ sollevato che l’abbia presa bene.
-Sono tutto orecchi… -azzarda.
-Spero solo che sotto a quel simpatico e morbido costume ci sia il mio principe azzurro… sai non vorrei presentarmi con il brutto anatroccolo. –dico soddisfatta della mia frecciatina.
Si toglie la testa da pinguino e mi fa una linguaccia.
I capelli sono curatissimi e come sempre non manca il suo bellissimo ciuffo biondo.
-Scoprilo da te, mi slacci la cerniera dietro? –mi chiede.
Sorrido, grazie a quella richiesta d’aiuto mi è venuta in mente un'idea geniale. –Ma sai che ti dico? Ti sei impegnato così tanto a organizzare tutto… perché togliere questo bellissimo costume proprio ora?
Luke mi guarda preoccupato, poi scoppia a ridere. –Stai scherzando! –esclama.
-Certo che no! Andiamo ragazzi. –dico riferita agli altri. Prendo per mano Luke e usciamo fuori seguiti da Steve e Rebecca che se la ridono.
-Dai, Cry! Non farai sul serio! –mi chiede Luke.
Apro la portiera dell’auto della società: -Non sono mai stata così seria. –rispondo con un ghigno. –Su entra.
Luke si volta verso Steve. –Dai, amico! Toglimi da questa situazione imbarazzante. –lo supplica.
-Non… -dico in modo autoritario senza però finire la frase. Alcune volte l’immaginazione è migliore della stessa minaccia.
-Mi dispiace, ma non voglio mettermi in mezzo. –sussurra Steve rifugiandosi sul sedile anteriore.
Rebecca entra in auto ridendo.
-Allora, che aspetti? –chiedo attendendo che entri in macchina.
-Ti supplico, Cry! Ho addirittura aspettato che gli altri uscissero per non farmi vedere! Non farmi fare la figura dell’idiota alla tua cena!
Sorrido. Mi piace vedere che mi supplica e purtroppo per lui questo fa solo incrementare la mia voglia di tenerlo sulle spine.
-Pensa se ci vedesse qualcuno. Se mi riconoscessero! –si avvicina. Ora siamo divisi solo dalla portiera così che le nostre labbra siano a pochi centimetri di distanza. Lo sto per baciare e per rendere fine a questa piccola punizione quando dice: -Mia madre mi ucciderà!
Non posso più trattenermi, così gli scoppio a ridere in faccia.
-Prego, signorino Hemmings! La carrozza lo attende! –esclamo divertita indicandogli il sedile posteriore.
Alza gli occhi al cielo e sbuffa sonoramente, ma entra in auto.
Durante il viaggio non spiaccica una parola, ma con la sua pinna mi stringe la mano. Non sono così crudele: non manderei a rotoli la sua reputazione, anche se a pensarci bene è la mia quella a rischio dato che lui e i ragazzi sono proprio quei tipi che potrebbero fare pazzie a eventi importanti.
A un isolato di distanza dal grande hotel che avrebbe ospitato la cena della società faccio fermare l’auto. Gli occhi di Luke si illuminano di felicità e la preoccupazione accumulata scorre via.
Scendiamo dall’auto, gli slaccio la zip sul retro del costume e finalmente il mio principe azzurro torna tra noi.
Luke Hemmings in smoking. Mi lascio scappare un “Wow” appena sussurrato, ma che lui sente benissimo.
-Allora, sono si o no un figurino? –chiede guardandomi malizioso.
Non dico nulla, al contrario mi avvicino e lo bacio passionalmente. –Sei perfetto. –sussurro appena mi stacco dalle sue labbra.
Ripartiamo e in pochi minuti siamo di fronte all’hotel.
C’è moltissima gente, tutta vestita elegante. Lasciamo i cappotti alla reception e poi saliamo delle maestose scale di marmo per raggiungere il salone al primo piano.
La sala è arredata meravigliosamente. I colori che hanno la meglio sono l’argento e il blu. In fondo al salone c’è un piccolo palco dove alcuni musicisti suonano della musica classica e accanto vi è una specie di pulpito, dove sicuramente a metà serata Mr Smith farà il suo discorso di ringraziamento.
In mezzo alla stanza c’è addirittura una piccola pista da ballo e tutti in torno tavoli rotondi coperti da elegantissime tovaglie grigie con centritavola favolosi.
Noi siamo in uno dei tavoli in prima fila, vicino a quello di Mr Smith, ma fortunatamente, grazie ai segna posto, scopriamo che i nostri compagni di tavolo sono la famiglia Black, cioè il nostro tutore James, sua moglie e i due figli adolescenti.
Ci accomodiamo e ben presto arriva anche la famiglia Black. James procede subito alle presentazioni: la moglie Jessica, la figlia quattordicenne Vicky e il figlio di dodici anni Simon.
Ci stringiamo tutti la mano. Vicky non distoglie gli occhi da Luke. Non so quanto sia conveniente questa situazione per noi due.
-Vedi, ce l’hai gufata. –sussurro a Luke.
Mi guarda spaesato: era attento alla conversazione intavolata tra Steve e James.
-E poi da quando ti interessano gli investimenti bancari? –continuo sorpresa.
-Può sempre tornarmi utile. Ma cosa mi sarei gufato? –continua abbassando il tono di voce per l’ultima domanda.
-Guarda Vicky. Credo ti abbia riconosciuto, quindi pensa che bello! Dovremo usare le tue simpatiche regole. –dico in tono sarcastico.
Alza gli occhi al cielo. Poi infila la mano sotto il tavolo e incomincia ad accarezzarmi la coscia.
-Potrei avere delle carte nascoste per sviare alle regole -mi sussurra.
Rido. –Idiota! –esclamo e poi gli do una pacca sulla spalla.
La serata procede meravigliosamente, siamo tutti immersi in qualche conversazione, anche Mr Smith è venuto a salutarci e a fare i complimenti per il lavoro svolto fino ad ora.
Poi anche Vicky si fa coraggio e inizia a parlare.
-Ma tu sei quel Luke Hemmings? Cioè Luke Robert Hemmings? –chiede ancora un po’ intimorita.
-Credo di sì. –dice lui sorridendole.
-O mio Dio! Non posso crederci! O mio Dio! –esclama con un tono un po’ troppo alto.
I genitori la riprendono. –Vicky, la voce!
Luke viene tempestato da domande su qualsiasi cosa riguardi il suo lavoro e mi stupisco della pazienza che ha rispondendo anche dettagliatamente alle richieste di Vicky.
Poi il silenzio cala nella stanza. È arrivato il momento del discorso dell’anno. Fortunatamente non dura un’eternità: il capo è coinciso e ogni tanto mette qualche battuta per rallegrare il momento.
A fine discorso Mr Smith apre le danze con la sua signora e vengono così seguiti anche da altri. Luke mi porge la mano.
Lo guardo sbalordita. –Mi dispiace, ma non ho mai ballato in vita mia questo genere di musica. –dico.
Ride. –Perché secondo te io l’ho fatto?
Sorrido e mi alzo insieme al mio cavaliere. Stiamo ai limiti della pista e ci limitiamo ad ondeggiare a tempo di musica.
Mi appoggio alla sua spalla e penso a quanto sia meraviglioso tutto questo. Chi potrebbe essere più fortunato di me? Lavoro, studio, ho degli amici fantastici e naturalmente ho lui.
Lo guardo negli occhi.
-Che c’è? –mi chiede dolcemente.
-Ti amo. –dico.
Mi bacia davanti a tutti. Non lo respingo.
-Che ne dici se poi vieni a casa mia? –mi domanda.
-Direi che è una buona idea. –rispondo sorridendo.
Rimaniamo in pista ancora per qualche ballo, poi Luke ne concede uno anche a Vicky e dopo una foto tutti insieme ce ne andiamo.
Scesi dall’auto vado con Luke. La casa è ancora deserta.
-Faranno molto tardi. –mi dice in tono malizioso.
Prende il telefono.
-A chi scrivi? –chiedo appoggiando il cappotto sul attaccapanni.
-A Michael. Così non farà qualche entrata scenica in camera. –spiega.
Arriviamo in camera. È enorme: ci sono due letti matrimoniali, due armadi e una scrivania. Lui mi cinge i fianchi da dietro e inizia a baciarmi dolcemente il collo. Con una mano gli accarezzo il viso. Pian piano ci sbarazziamo dei nostri vestiti e sempre baciandoci dolcemente raggiungiamo il suo letto.
Passiamo la notte insieme amandoci e poi ci addormentiamo uno tra le braccia dell’altro.
È bellissimo e io sono la sua ragazza. Non posso ancora crederci! Gli accarezzo la guancia e istintivamente sorrido. Sorrido perché sono felice come non lo sono mai stata. Rimango sospesa in questo stato d’animo per qualche minuto, poi decido di andare a preparare la colazione per il mio amore.
Esco lentamente dal letto per evitare di svegliarlo e con la stessa delicatezza apro l’armadio e mi infilo una sua maglia. Chiudo la porta alle mie spalle e vado verso la cucina.
Il tempo di arrivare vicino all’isola della cucina e trovo un’altra ragazza con il mio stesso abbigliamento intenta a portare a termine la mia stessa idea.
Anche lei si accorge di me. Ci fissiamo ma non diciamo una parola. Entrambe ci facciamo una radiografia dalla testa ai piedi: è una bella ragazza di qualche centimetro più bassa di me. Bel fisico, lunghi capelli castani e grandi occhi marroni.
Poi ci guardiamo negli occhi; abbiamo la stessa espressione: di chi è questo divertimento di una notte?
Le sorrido e lei fa lo stesso, ma più che un gesto naturale sembra una paralisi facciale. L’imbarazzo e forse la paura che la ragazza potrebbe far troppe domande rende la situazione pesante.
-Ciao. –dice dopo un po’.
Contraccambio il saluto e aspetto che sia lei a parlare di nuovo.
Mi porge la mano e dice: -Sono Gemma, piacere.
-Cristina, piacere mio. –contraccambio mentre penso che il nome non mi è nuovo, anzi, e così mi vengono in mente i ragazzi che si lamentano delle assenze di Ashton.
Allora divento più amichevole: -Ma tu sei Gemma…
Non mi lascia finire, al contrario alza gli occhi al cielo e dice, forse un po’ scocciata: -Sì, sono Gemma Styles.
La guardo spaesata, ma continuo come se nulla fosse: -Intendevo la Gemma di Ashton.
Anche lei sembra cadere dalle nuvole: -La Cristina di Luke? –domanda a sua volta. Annuisco e scoppiamo a ridere insieme.
-Pensavo… -inizia, ma sono io questa volta a non lasciarla finire: -Sì, anche io. Stavo già pensando a che scusa adottare.
-Quindi finalmente conosco la donna d’affari. –continua Gemma addentando un biscotto.
-Esatto, la stessa che prima o poi ucciderà Calum per averle dato quel soprannome. –le rispondo.
Ride. –Ma in semplici parole di cosa ti occupi? Oh, che stupida, vuoi qualcosa per colazione?
-Non preoccuparti. –rispondo.
-No, davvero! Facciamo colazione insieme, così parliamo un po’. Se ti va bene cappuccio, brioches e qualche biscotto sono già pronti. –dice indicando un vassoio preparato per due.
-Non è per Ash? –chiedo divertita.
-Era… -risponde sorridendo.
Ci sediamo al tavolo e facciamo colazione insieme, io le racconto della mia fortuna e del mio incontro con Luke.
Lei fa lo stesso e mi dice di come sia diventata popolare grazie a suo fratello, grazie al quale ha incontrato Ashton e che a breve si trasferirà qui a Londra.
-Da quanto tempo stai con Ash? –chiedo.
-Da tre mesi circa, da quando dopo capodanno sono partita per l’Australia per andare a prendermelo. –risponde.
-Sul serio? Che cosa romantica! –dico.
-Sì. Siamo sempre stati molto amici, ci sentivamo quasi tutti i giorni e poi ho deciso di buttarmi e tentare. –spiega.
-Tentativo riuscito! –esclamo. –E ai tuoi che hai detto quando sei partita?
-Che andavo a trovare degli amici, li conoscono e non si sono minimamente preoccupati. Il problema è il mio caro fratellino, lui non sa ancora che io Ash… bè insomma è troppo geloso e non lo permetterebbe mai. –risponde.
Quasi mi va di traverso il sorso di cappuccino. –Stai scherzando?
Fa no con la testa.
Scoppio a ridere. –Tu e Ash dovete darci delle lezioni per evitare mamma Liz. Anche se devo dire che lei ormai ci ha colto in flagrante. –ammetto.
Racconto anche questo aneddoto, torniamo a ridere non appena concludo, ma poi due colpi di tosse ci interrompono.
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Ovunque andrai
أدب الهواةCristina è una ragazza italiana che già all'età di sedici anni sa quello che vuol fare nella vita: viaggiare. Grazie ad un'amica di famiglia ha la possibilità di partecipare al concorso di una società americana; così Cristina mette in gioco il propr...