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“Lui, ha fatto cosa?”

A pensarci bene, raccontare a Seokjin come era andato il suo incontro con Jungkook, non era stata la sua idea più brillante, considerate le circostanze. Ossia il fatto di trovarsi nel bel mezzo di un negozio e senza Namjoon a raffreddare le acque. Sarebbe stato inoltre più intelligente aspettare che lo stomaco senza fondo del suo migliore amico fosse stato doverosamente riempito di gelato e quindi la sua persona più predisposta alla cattive notizie. Ma Jimin aveva sempre avuto un pessimo tempismo e, dopotutto, la verità non sarebbe stata diversa anche se infiocchettata per bene.

Jimin cercò di sembrare concentrato e per nulla turbato mentre osservava uno scaffale pieno di scarpe da tennis. Per la cronaca lui odiava le scarpe da ginnastica con la suola piatta.

“Ha detto quel che ha detto e se ne è andato.“

Sentì Seokjin sospirare e sapeva che sicuramente aveva corrugata la sua fronte perfetta in disappunto.

“Beh questo Jeon Jungkook è un idiota, cieco, e se posso dire anche un gran maleducato.”

Jimin non poté fare a meno di ridacchiare.

“In realtà è intelligente e di talento. Anche se non protesterò sul maleducato.”

“Dubito altamente sia intelligente. O sarebbe rimasto seduto su quella dannata sedia.” Seokjin disse quasi ringhiando.

Jimin sorrise suo malgrado. Era bello sapere di poter contare su amici che erano sempre dalla sua parte e pronti ad insultare chiunque fossi così poco assennato da osare ferirlo.

In questo caso però, Jimin non si sentiva ferito.

Certo era stato arrabbiato. Con i suoi genitori, per avergli proposto qualcuno senza prima assicurarsi che questo qualcuno fosse ben disposto; con Jeon Jungkook per aver detto, ciò che aveva detto.

Con se stesso per non aver reagito prontamente.

Tuttavia, nonostante tutto, Jimin riusciva capirlo. Anche fin troppo bene. Siamo numeri zero. Solo un numero zero poteva capire un altro numero zero. La tristezza che ci portiamo dietro. La lotta per la sopravvivenza.

Seokjin ripose le scarpe sullo scaffale e si voltò a guardare Jimin.

Jimin conosceva quello sguardo.

“Tu vuoi rivederlo” disse assottigliando gli occhi. Non era una domanda e come sempre Seokjin ci aveva azzeccato. Lui e quel suo istinto da segugio che solo le madri hanno ma che per qualche insano motivo Seokjin possedeva.

“Più o meno?” tentennò Jimin. Era piuttosto sicuro Seokjin si stesse trattenendo dal dire qualcosa di irrimediabile.

“Non mi piacciono le scarpe qui. Andiamo?” disse questi improvvisamente e in modo brusco e Jimin lo seguì fuori dal negozio, desideroso di spiegarsi. Seokjin doveva capire.

“Hyung”. Jimin quasi si scontrò con la sua schiena.

“Mangiamo qualcosa ti va? E' risaputo che io riesco ad essere ragionevole solo a stomaco pieno” disse Seokjin voltandosi, e Jimin sapeva che era il suo modo di scusarsi per la sua reazione.

“Certo, in effetti anche io avrei una certa fame” il viso di Seokjin si illuminò di quella luce che aveva solo di fronte a del buon cibo o a Namjoon. Non per la prima volta Jimin pensò che per avere 29 anni Seokjin fosse tremendamente innocente.

Dopo che Seokjin ebbe mangiato un panino gigante e un cono gelato, Jimin si convinse a parlare.

“ Hyung ti ricordi come eravamo noi a 23 anni?”

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