Sogno, realtà (interlude)

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Yoongi era nato in una piccola città in una zona rurale lontano dalle metropoli. Era un buon ambiente per crescere, soprattutto quando avevi sei anni e il mondo era il tuo parco giochi personale.
C'erano un sacco di alberi su cui arrampicarsi, cespugli da cui rubare more succose e un sacco di bambini con cui giocare. Yoongi poteva dire ora che quello era stato probabilmente il suo periodo più felice.
Era troppo giovane per capire che quello che era il suo paradiso era un vero e proprio inferno per la sua famiglia.
A quel tempo suo madre aveva cominciato a lavorare nella fabbrica locale sebbene le ore di lavoro come operaio di suo padre non fossero diminuite. Yoongi aveva preso atto di questo cambiamento, senza dare troppa importanza alla cosa.
"Tu sei il mio miracolo, Yoongi. Sei il miracolo della nostra famiglia. " Sua madre era solita dire queste parole ogni volta che veniva a prenderlo dalla casa di sua nonna. Aveva sempre un’espressione cupa in volto dopo il lavoro, ma Yoongi cercava di non darci peso, perché i suoi abbracci erano ancora caldi anche quando lei lo abbracciava un po' troppo stretto. Lui non si lamentava, però. Lei gli mancava: era la sua migliore amica, il suo compagno, la sua mamma, aveva solo lei perché suo padre lavorava troppe ore per essere in grado di passare con lui un po' del suo tempo, mentre la madre era sempre stata con lui. Era giovane e non si rendeva conto che era l’unico amico anche di lei.
Le cose strane, però, iniziarono un anno dopo. Avevano avuto le lezioni sulle anime gemelle l’anno precedente in prima elementare e Yoongi aveva preso questa informazione come prendeva tutte le informazioni che non riguardavano nuovi giochi eccitanti. Con completo disinteresse.
C'era un bambino nella sua scuola, era un paio di anni più grande. Era iniziata come una scaramuccia infantile perché Yoongi era un giocatore migliore sul campo da basket, anche dei ragazzi più grandi di lui. Stava cercando di spiegare a questo bambino che avevano vinto lealmente, ma lui non voleva capire e Yoongi avrebbe dovuto lasciar perdere. Sua madre non gli aveva sempre detto di non attaccar briga?
"Zitto, bugiardo!" Il ragazzo aveva detto spingendolo a terra. Yoongi aveva fatto del suo meglio per non piangere, anche se il suo di dietro faceva male. Gli altri bambini avevano riso. Era solo un insulto infantile, l’episodio lo fece imbronciare per un po ', ma non penso ulteriormente all’accaduto.
Avrebbe dovuto. Perché dopo le cose iniziarono a degenerare.
Era stato questo bambino a incominciare, ma subito dopo anche gli amici di costui iniziarono a prendersela con lui. Ma Yoongi era un bravo studente ed era ancora il miglior giocatore di basket in campo. Si trattava solo di un gruppo di ragazzi annoiati che, per qualche ragione, avevano deciso di prenderlo di mira perché erano invidiosi.
"Falso, bugiardo!" Yoongi si scrollava di dosso le parole. Non era importante, gli altri bambini a scuola sapevano la verità, lui sapeva la verità. Decise di non dire nulla a casa, il padre era impegnato con il lavoro o a trascorrere il suo tempo a bere da una bottiglia e sua madre lavorava sempre più ore.
Yoongi finì col trascorrere molte ore a casa di sua nonna.
A casa era ancora il loro tesoro, il loro piccolo miracolo. Il loro campione. Quindi non gli importava se alcuni bambini a scuola lo prendevano in giro.
"E 'un bugiardo, un falso. Mio padre dice che i numeri zero sono rifiuti della società perché non fanno altro che mentire. La tua famiglia è spazzatura! "Yoongi perse la pazienza, non gli importava se il bambino era più alto di lui. Si lanciò su di lui e tirò un pugno, anche se non l’aveva mai fatto prima. Si concluse tutto con dei brutti lividi e una lavata di capo nell’ufficio del preside. La madre si scusò ripetutamente con il preside e la famiglia del bambino. Yoongi pensò che fosse ingiusto perché avevano insultato la sua famiglia e lui si era solo difeso. Quando cercò di protestare sua madre lo fulminò con uno sguardo e lui chiuse bocca. Se possibile, lei si inchinò ancora più profondamente.
"Ma mamma, tu sai che ho ragione. Hanno detto che siamo bugiardi, falsi, ci ha insultato! "
"Anche se fosse così, cosa ti avevo detto? Niente baruffe! "
"Ma mamma."
"Yoongi!” Lei lo sgridò, ma subito dopo si er guardata intorno imbarazzata, perché si trovavano ancora nel patio della scuola. Alcune delle altre madri si erano voltate a fissarli. Lei lanciò un’occhiata di avvertimento al figlio e Yoongi non ebbe il coraggio di parlare e salì fumante in macchina.
Una volta dentro, sua madre accese il motore e rapidamente guidò la macchina fuori dal parcheggio della scuola.
"Yoongi devi capire. Noi siamo chi siamo. Non avete avuto le lezioni sulle anime gemelle l'anno scorso? Noi siamo numeri zero. Siamo numeri  zero da tre generazioni. Se non ti comporti bene può finire molto peggio di una lavata di capo dal preside! "
"Ma io non sono uno zero!" Protestò Yoongi.
"Lo so caro. Tu sei il nostro piccolo miracolo. Ma qui, in questo piccolo posto dimenticato da Dio, è come se lo fossi. Promettimi, promettimi che non risponderai alle provocazioni! Mai!"
Yoongi non disse nulla. Perché lui non voleva mentire.
Le zuffe, infatti, non si fermarono perché il bullismo non si fermò. Era doloroso. Era ancora un bravo studente e lui era ancora il miglior giocatore sul campo da basket. Ma anche altri bambini avevano cominciato a prendersela con lui, perché Yoongi si azzuffava spesso e questo gli aveva guadagnato una cattiva reputazione.
Voleva lamentarsi e urlare per la frustrazione perché non era giusto. Quando aveva cercato di dirlo alla sua insegnante lei gli aveva sorriso, quel suo sorriso smielato da numeri due, e gli aveva detto che forse Yoongi doveva fare uno sforzo maggiore per integrarsi.
Quando lui si lamentò con sua madre lei lo mise in castigo per aver disobbedito. Ma lui non pianse , non avrebbe mai pianto, si disse.
Perché aveva ancora i suoi alberi, i suoi cespugli di more e lui poteva ancora correre libero per i campi, anche se non aveva amici. Anche se lui non capiva.
Poi, un giorno vide sua madre venire a prenderlo a casa di sua nonna e non poté fare a meno di notare che aveva gli occhi rossi. Come se avesse appena pianto. Yoongi non ebbe il coraggio di fare domande e dopotutto lei stava sorridendo. Forse aveva immaginato il rossore. Questa città era ancora il suo paradiso.
Un giorno Yoongi non ce la fece più. Sgattaiolò fuori dalla casa di sua nonna e con la bici pedalò fino in fabbrica, che si trovava poco al di fuori della cittadina. Era comunque una grande distanza per un bambino di sette anni e il suo respiro si fece ben presto affannoso, ma doveva scoprire cosa stava succedendo.
La madre stava uscendo dalla fabbrica, c'erano piccoli gruppi di uomini e donne che chiacchieravano fra di loro, ma sua madre era da sola. Lei non sorrideva.
"Quella donna è sempre triste. Dovrebbe essere grata che i proprietari stanno dando un lavoro a qualcuno della sua specie. " Dissero alcuni degli uomini passando davanti al nascondiglio di Yoongi, Non avevano detto il nome di sua madre, ma in qualche modo Yoongi sapeva. Abbandonò la bici in un angolo e corse verso sua madre. Lei sembrò spaventarsi alla sua vista e stava per sgridarlo, ma lui non glielo lasciò fare e la abbracciò stretta in vita.
Sua madre gli restituì l'abbraccio. Yoongi aveva capito, oh se aveva capito.
Anche sua madre era una vittima.

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