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Tornare a ballare fu come tornare a casa dopo che si era stati lontani per tanto tempo.

C'era quel senso di 'finalmente' nel sentire i muscoli tendersi anche se con fatica, nel fiatone che inevitabilmente aveva causato lo sforzo fisico. Tuttavia per quanto faticoso, e lo era stato perchè il maestro Lee li aveva istruiti con la stessa solerzia di un despota, Jungkook era stato felice. Per quell'ora e mezza di lezione era stato come se la luce della stanza si fosse fatta più chiara.

"Sei meno Jeon Jungkook del solito, kookie" Taehyung aveva commentato il giorno successivo, con quella che doveva essere una battuta. Jungkook si era limitato a roteare gli occhi esasperato.

Questo non voleva dire che non avesse provato a resistere alla chiamata in tutti i modi possibili. Era scappato come un ladro quel martedì sera, piantando Jimin all'ingresso della porta con appena un saluto di commiato e nessun ringraziamento.

Era destino, si disse, doveva sempre fare la parte del maleducato quando si trattava di Park Jimin.

La verità era che tornare a ballare aveva scatenato emozioni forti in lui e, allo stesso tempo, aveva riaperto una ferita profonda che aveva seppellito sotto strati di orgoglio e cinismo. Aveva rinunciato a ballare una volta e non importava quanto ineluttabile fosse il suo destino da numero zero, nessuna risoluzione, per quanto forte, poteva cancellare il fatto di aver abbandonato la cosa a cui aveva tenuto di più. In un certo senso tutta la sua determinazione nel tenere fede ai suoi piani era figlia anche di questa grande rinuncia.

Era stato inevitabile quindi, per Jungkook scappare quella notte, rintanarsi nel suo appartamento e cercare di affrontare il caos emotivo che tale esperienza aveva scatenato. Era stato facile anche avercela con Park Jimin e dare tutta la colpa a lui. Per essere il numero zero scelto dai suoi genitori, per averlo trascinato su una pista da ballo dopo che era stato così difficile staccarsi una volta.

Tuttavia quando giunse giovedì, i piedi di Jungkook lo trascinarono ancora una volta in direzione di quello stupido circolo,a quella stupida lezione, con Park Jimin. In tutta onestà non poteva dire di essere stupito.

"Quindi, cosa hai detto che fai nella vita?".

Jungkook si dondolò sui talloni. Kim Seokjin, il biondo receptionist e migliore amico di Jimin, aveva uno dei visi più perfetti che Jungkook avesse mai visto. Anche uno degli sguardi più intimidatori.

"Studio economia. E lavoro. Part-time." aveva risposto Jungkook a frasi spezzate, guardando il receptionist negli occhi, come un domatore che tiene d'occhio una belva.

" Bravo. E quanti anni hai Jungkook?" a Jungkook sembrava più un interrogatorio che una conversazione ma essendo arrivato in anticipo ed essendo l'unica persona presente nell'atrio, non aveva altra scelta che sottoporsi a quella tortura.

" 23."

"Sei proprio, giovane" commentò Seokjin inarcando un sopracciglio, quasi la sua età corrispondesse a un difetto.

"Già". Jungkook rispose a denti stretti. Questo Kim Seokjin non gli piaceva.

Jungkook era bravo a far capire alle persone quando non voleva avere niente a che fare con loro. Dopotutto quello con il talento con le persone era sempre stato Taehyung, Jungkook era invece il ragazzo che non aveva filtro cervello-bocca, quello brillante ma difficile da approcciare. Era pertanto altrettanto bravo a capire quando, a sua volta, le persone non volevano avere a che fare con lui. E questo Kim Seokjin sembrava non avere sentimenti troppo amichevoli nei suoi confronti anche se Jungkook non riusciva a capire il perchè.

"Sei venuto" esclamò una voce leggera. Così indiscutibilmente Park jimin.

Jungkook si voltò di scatto, un'espressione di sollievo che si faceva strada sul suo volto, la stessa dipinta su quello di Jimin anche se per ragioni diverse. Jungkook si limitò a scrollare le spalle. Si sentì perforare dallo sguardo del receptionist il quale sembrava aver trovato offensivo persino quell'innocuo gesto. Tanto per sottolineare dove stessero le sue preferenze Kim Seokjin salutò Jimin con un grosso sorriso.

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