L'amore è un'illusione (parte 2)

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Andava tutto bene. Era tutto fantastico.

Come poteva non esserlo quando tutti lavoravano duramente per farlo apparire tale?

Seokjin fissò la propria immagine riflessa nello specchio. La famiglia Kim era solita partecipare a incontri formali di altissimo livello, incontri per lo più popolati dalle stesse persone anziane e d'élite a cui di tanto in tanto piaceva incontrarsi per discutere di politica. Nella modesta opinione di Seokjin erano meramente occasioni per far del buon gossip.

In ogni modo, se Seokjin era riuscito a evitare quelli più noiosi fin tanto che era stato giovane, dopo la sua introduzione la sua famiglia gli aveva caldamente suggerito, e un suggerimento dalla famiglia equivaleva a un ordine, di partecipare a più eventi possibili. I suoi genitori insistevano nel dire che era un modo per famigliarizzare con gente con cui avrebbe avuto a che fare per lungo tempo, una volta che lui e Namjoon fossero ascesi come gli eredi dei Kim.

Seokjin distolse il suo sguardo dallo specchio. Non sopportava la propria immagine riflessa.

Namjoon, che aveva a malapena superato i sedici anni.

Aveva provato. Seokjin aveva cercato di approcciare Namjoon per chiedergli perché gli avesse mentito e se avesse mai avuto l'intenzione di dirglielo. Ma, ogni volta che guardava negli occhi il più giovae, non riusciva a farlo. Così si era limitato a osservare da lontano, in attesa di una parola. Un segno.

Li stava lacerando. Perché Seokjin non riusciva a toccare e a comportarsi con Namjoon come era solito fare e ogni fottuto minuto che passava, con la verità ancora tenuta nascosta, rimarcava ancora e ancora come il loro amore fosse fondato su una bugia.

Sulla base di false premesse.

Era la sua anima gemella, maledizione, Seokjin lo avrebbe perdonato senza battere ciglio se solo Namjoon avesse parlato. Silenzio da entrambe le parti.

Namjoon naturalmente aveva capito subito che c'era qualcosa che non andava, ma sembrava aver deciso di non intervenire, nella speranza che si trattasse di una fase passeggera. Non lo era.

Qualcuno bussò alla porta.

"Avanti."

"Jin, sei pronto?" Chiese Namjoon entrando nella sua camera da letto. Appariva bellissimo e affascinante così ben vestito e con i capelli sistemati ad arte. Sembrava anche molto più adulto, pensò Seokjin, mentre cercava di non inarcare un sopracciglio. In questo gioco a chi diceva la verità prima, lui non aveva nessun diritto di irritarsi per l'abitudine di Namjoon di omettere la parola hyung.

"Sì. Arrivo," il maggiore disse girandosi a prendere la sua giacca dal guardaroba.

La presenza di Namjoon nel suo spazio personale pesava su di lui, come una forza gravitazionale a cui lui non poteva sottrarsi non importava quanto goffamente l'altro fosse in attesa sulla soglia.

"C'è altro?" Seokjin disse voltandosi, giacca in mano. Odiava il tono formale, odiava il modo in cui stavano diventando, saluti freddi e parole vuote, ma non poteva frenare se stesso. Era anche lui del resto inesperto e un adulto ancora imperfetto e l'unico metodo efficace per affrontare i problemi che aveva imparato in quella casa, era stato quello di costruire muri per difendere il suo cuore infranto.

Namjoon sembrò ferito dal tono glaciale e il maggiore si rimproverò in silenzio.

"Io ... Jin, va tutto bene?"

Seokjin per un attimo vacillò.

"Benissimo."

"C'è qualcosa che vorresti dirmi?" Ah. Seokjin cercò in tutti i modi di impedirsi di fulminarlo con lo sguardo, fiamme che minacciavano di bruciare il suo petto.

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