♧Chapitre 8♧

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Era ormai passata una settimana, mancavano solo pochi minuti all'inizio dello spettacolo. Io e Claudio ci eravamo allenati duramente, ballavamo in sintonia, ci capivamo. Nessuna scelta mai era stata più giusta. Mentre io stavo ripetendo mentalmente i passi del balletto, Claudio stava bevendo tranquillamente dell'acqua accanto a Roberto. Discutevano su una gara di nuoto. Il dolce far niente. Ad un tratto sentii pronunciare il mio nome e resami conto che non erano stati i due ballerini, realizzai che a chiamarmi erano stati i giudici del teatro. Salii sul palco e cercai di scacciare dalla mia mente tutti i pensieri negativi e che mi procuravano ansia e timore. Potevo farcela. Cercai di immedesimarmi nella protagonista e devo ammettere che per l'intera durata della scena, mi sentivo un tutt'uno con lei, come se ad essere raccontata non fosse la sua storia, ma la mia. Ciò mi risultò alquanto strano, non avendo mai provato quei sentimenti così forti. Non perché  non avessi sofferto in passato, ma perché il centro della mia vita era sempre stata la danza. Non avevo mai cercato qualcos'altro al di fuori del successo, credevo di non averne bisogno. Essendo, a differenza delle altre volte, più "cosciente" (solitamente l'ansia prendeva il possesso di me e non riuscivo ad osservare bene tutto ciò che mi circondava), potei felicemente constatare che Claudio stava dando il massimo di se stesso, cosa che avevo visto fare unicamente da Roberto. E sorrisi mentalmente al pensiero che lui potesse diventare un giorno uno dei migliori ballerini al mondo. Lo meritava. Quel periodo di spensieratezza durò pochissimo, in quanto la sensazione di gonfiore ed il dolore alle ossa si erano nuovamente impossessati di me, torturandomi. Desideravo fermarmi, credevo di star per cadere da un momento all'altro. Cercai con lo sguardo il mio migliore amico, ma non lo trovai. A sostituirlo furono due occhi azzurri, che mi scrutavano spaventati, quasi come se avessero compreso ciò che stavo provando in quel momento. Quel ragazzo aveva un volto familiare, ma il troppo dolore non mi permise, in quel momento, di riconoscerlo. Mi sorrise e sembrò quasi che la mia sofferenza si fosse calmata, se non fosse stato che dopo qualche secondo ritornò. Lo spettacolo, per mia fortuna, era quasi giunto al termine e ciò significava che presto mi sarei potuta riposare. A darmi sollievo furono gli applausi del pubblico entusiasta. Mi diressi di corsa verso il mio camerino, dove mi sedetti. Le ossa continuavano a farmi un male atroce. Subito dopo entrò anche Roberto per congratularsi, ma quando vide la mia espressione sofferente si fece serio.
«Dafne domani andiamo a fare una visita medica. Non posso vederti soffrire in questo modo. Non accetto un no come risposta». 
Non lo avrei fatto comunque, non riuscivo neanche a respirare.
«Vuoi che chiamo qualcuno che ti aiuti a cambiarti?». Annuii, non potevo farlo da sola. Uscii ed in breve tempo mi ritrovai Brigit davanti. 
«Roberto mi ha chiamata, ha detto che avevi bisogno di me». La guardai e le feci un sorriso, anche se un po' sforzato. 
«Non riesco a cambiarmi». Mi guardò dispiaciuta e fece il possibile per aiutarmi. Dopo qualche minuto ero pronta. Bussarono alla porta. Feci un cenno alla giovane di aprire. Il ragazzo di prima fece capolino nel camerino e mi porse un mazzo di rose rosse. 
Brigit, dopo avermi salutata, uscì dalla stanza, lasciandoci soli.
«Balla divinamente, beauté, non sono un esperto, ma devo ammettere che lei mi ha lasciato senza parole». Gli sorrisi e lo ringraziai.
«Puoi darmi del tu, avremmo la stessa età ed il lei mi fa sentire vecchia». Cercai di ridere, ma mi uscii una smorfia di dolore.
«Cos'hai chérie? Non ti senti bene?». Feci un gesto della mano per rassicurarlo. Detestavo che qualcuno mi vedesse in quello stato.
«È tutto ok, non ti preoccupare». 
«Comunque, piacere io sono Charles». Gli allungai la mano, che baciò prontamente.
«Dafne, il piacere è tutto mio». Osservandolo da vicino mi resi conto che il ragazzo era Leclerc, il pilota di Formula 1. Com'era possibile che non me ne fossi resa conto prima?
«Da quanto tempo danzi?». Mi guardò curioso.
«Quindici anni, ma sono entrata nella Scala di Milano da dieci». Non sembrò sorpreso, d'altronde anche lui aveva iniziato molto presto la sua carriera da pilota. Continuammo a parlare, fino a quando Roberto non entrò nel camerino, avvertendomi che saremmo dovuti tornare in hotel. 
Salutai Charles e mi incamminai con il mio amico, che mi sosteneva. Non parlammo per l'intero tragitto, fino a quando non giungemmo davanti all'albergo. 
«Ho davvero paura per te Dafne. Non sai quanto». Lo abbracciai e lo tranquillizzai. Ero convinta che la visita sarebbe andata per il meglio e che sarei tornata a ballare senza alcuna preoccupazione. Tutto ciò, però, fu solo una grande illusione.

♧Juste Danser♧|| Charles Leclerc [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora