♧Chapitre 13♧

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Mentre osservavo quelle foto, Roberto mi si affiancò.
《Dove sei stato per tutto questo tempo?》 Mi girai a guardarlo.
《Oh beh, mi stavo godendo lo spettacolino tra quella bionda e Charles. Davvero comico.》Rotai gli occhi e mi spuntò un leggero sorriso alla vista dell'espressione disgustata del mio amico.
《Tu cosa hai fatto?》Mi chiese curioso, scrutandomi con i suoi occhi azzurri.
《Ho incontrato Hamilton, è davvero molto dolce e disponibile. Non mi ha guardato con compassione come tutti gli altri, lo apprezzo per questo.》Toccai il cappello sulla mia testa e sorrisi istintivamente. 《Ah stavo per dimenticarmi, mi ha chiesto se sabato volessi uscire con lui per vedere la città.》
《Ci va giù piano il ragazzo.》Scoppiai a ridere e potei notare, non so se felicemente, Charles girarsi verso di noi. Lo guardai ed il suo sguardo si spostò sul mio cappello Mercedes. Lo ignorai e continuai a parlare con il mio amico.
Le gambe cominciavano a farmi male, avevo bisogno di sedermi, ma non vi erano sedie.
Volevo rimanere, ma il dolore non mi abbandonava. Soffrivo terribilmente.
《Roberto, dobbiamo tornare in hotel.》Mi guardò confuso. 《Mi fanno male le ossa, non riesco a stare in piedi.》
《Vuoi che chieda aiuto a qualcuno? Magari ti fanno sedere all'interno.》Annuii, non sarei riuscita ad arrivare alla vettura.
Lo vidi allarmarsi e provare a chiedere informazioni a chiunque passasse, invano. Per fortuna, grazie ad un intervento divino, un ragazzo dal volto familiare, ma che in quel momento non riuscivo a distinguere, ci aiutò a trovare un posto in cui farmi sedere.
《Grazie mille.》Dissi io con un filo di voce, a causa delle sofferenze allucinanti.
《Figurati. Piacere io sono Daniel.》Mi sorrise e solo allora lo riconobbi. Ricciardo. Tentai di sorridere, ma ad uscire fu unicamente una smorfia di dolore.
《Dafne vuoi che chiami l'ambulanza? Non sopporto di vederti soffrire.》Scossi la testa in negazione, ce l'avrei fatta da sola. Non avevo bisogno di nessuno.
《Darling, che hai?》Mi chiese l'australiano, visibilmente preoccupato. Non risposi, non ne avevo le forze. Lo fece Roberto al mio posto.
《Dolori alle ossa, è da qualche giorno che li ha.》Non aveva detto la vera causa dei miei dolori e ne fui grata, ma Daniel mi sembrava un tipo troppo sveglio per non comprendere cosa lui intendesse. Infatti fu così, abbassò la testa ed attese che io rivolgessi loro una parola, cosa che non avvenne.
Passarono diversi minuti, nei quali vi era un silenzio assordante.
Daniel, ormai stanco del mio mutismo, si abbassò alla mia altezza e mi alzò il mento, affinché i nostri occhi si incrociassero.
《Sicura tu non abbia bisogno di aiuto? Posso chiamare qualcuno se vuoi.》
《Non preoccuparti, davvero, grazie di tutto ciò che hai fatto per me, non ne avevi l'obbligo. Mi sento già meglio, posso anche incamminarmi verso la macchina.》 Tentai di alzarmi, ma non riuscivo a tenermi in piedi. Prontamente i due ragazzi mi afferrarono, evitandomi un capitombolo.
《No, non credo di essere pronta.》Scossi la testa sconsolata, odiavo tutto ciò, odiavo la malattia ed odiavo me stessa, in quanto fonte del mio dolore.
《Se vuoi ti puoi appoggiare a noi due, ti conduciamo noi verso la vettura.》Continuò l'australiano, cercando in tutti i modi di essermi d'aiuto.
《Davvero lo faresti?》Annuì leggermente e mi sorrise. 《Va bene.》
Posi un braccio attorno alle spalle di Daniel e l'altro attorno a quelle di Roberto, proprio come se fossi ubriaca.
Uscimmo dal box, che solo allora mi resi conto fosse proprio della Renault e ci incamminammo, lentamente, verso l'auto del ballerino. I fan alla vista del loro beniamino e di me in difficoltà, non si scomposero, rimanendo dunque nelle identiche posizioni di prima.
Sentivo mille occhi su di me e mi pentii di aver accettato la proposta di Daniel, ero a disagio. Abbassai la testa, affinché non vedessi le espressioni disgustate, come se la malattia fosse stata causa mia. Loro mi reputavano colpevole, colpevole di aver ottenuto la benevolenza dei piloti grazie al mio male. Non era quello il mio scopo, non lo era affatto. Avevo sempre vissuto grazie alle mie forze, alla mia capacità, non avevo bisogno di inventarmi una malattia. Mi sentivo violata, sporcata di un peccato mai commesso. In breve tempo raggiungemmo la vettura e tirai un sospiro di sollievo.
《Non dar retta ai loro sguardi, non sanno cosa voglia dire il termine soffrire, non hai nessuna colpa. Tu hai il diritto di poter vedere una gara di Formula 1, di ricevere autografi e foto. 》Gli sorrisi, anche se malinconica.
《Perdonami di tutto il disturbo che ti ho arrecato, non avrei voluto coinvolgerti.》Mosse la mano come a scacciare le mie parole e ciò mi fece ridere ancora di più.
Lo salutai e partimmo alla volta dell'hotel dove mi sarei riposata.
Presi il cappellino di Charles e lo girai tra le mani, fino a quando non mi resi conto di un piccolo particolare sulla visiera: la scritta "Tu es magnifique". Increspai lievemente le labbra in segno di compiacimento e tornai a guardare davanti a me, ripensando a quelle tre parole, le quali erano state capaci di tirarmi su il morale.

♧Juste Danser♧|| Charles Leclerc [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora