capitolo 7

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Avanzai verso la porta di casa senza distogliere lo sguardo dal suo viso. Aveva delle profonde occhiaie e i capelli tutti arruffati, il volto segnato dalla stanchezza.
Ero scombussolata, la testa mi girava vorticosamente e non sapevo esattamente cosa fare, da una parte avrei voluto abbracciarlo ma dall'altra ero ancora terribilmente arrabbiata con lui e spaventata per quello che era appena successo.
Mi guardava incerto, non poteva sapere cosa avevo appena passato eppure in quei momenti avevo pensato a lui. Fu un attimo e mi gettai tra le sue braccia stringendolo forte.
Mi strinse a se e poggiai la testa al suo petto cominciando a piangere e singhiozzare. Piangevo per quello che era successo, piangevo perché avevo paura di averlo perso, piangevo per la morte dei miei genitori, piangevo perché sentivo cinghiate ancora bruciarmi la carne e l'anima.
Mi prese delicatamente il mento tra le dita e mi alzò il viso "Mi dispiace tanto Katie, sono stato uno stupido-" lo interruppi poggiandogli un dito sulle labbra...
"Ryan" sussurrai; lui mi fissò "Come ti sei procurata tutte queste ferite Katie? Cosa è successo?"
Il suo sguardo mi scrutava incerto e preoccupato; presi le chiavi e con mani tremanti aprii la porta di casa "meglio se ci sediamo"

Non riuscivo a guardarlo in volto, mi sentivo così sporca e fragile come se fosse stata colpa mia; sentivo i suoi passi seguirmi in camera da pranzo e si sedette sul divano. Rimasi in piedi, proprio di fronte a lui e piano abbassai la zip della felpa.
"Katie ma che fai?" Disse poggiando delicatamente la mano sulla mia per fermarmi.
Ignorandolo tolsi la felpa rivelando la maglia a brandelli e vari graffi su tutto il corpo.
Le parole non mi uscivano di bocca, solo dopo qualche istante incrociai i suoi occhi.
Sembrava sconvolto, gli occhi divennero due fessure, si alzò barcollando leggermente e mi abbracciò forte.
"Dimmi che non è successo." Disse ringhiando stringendomi ancora più forte "Dimmi che non ti hanno toccata, dimmi che non sono riusciti a farti del male"
"Gabriel è arrivato in tempo, li ha fermati poco prima che..." sentivo gli occhi bruciare e il suo corpo fremere.
"Cazzo, io li ammazzo! Dimmi dove sono, chi cazzo sono?!? Io li ammazzo!" si staccò da me cominciando a fare avanti e indietro per la stanza, gli occhi divennero due fessure e cominciò a passare nervosamente una mano tra i capelli, afferrandoseli poco dopo.
Tremava e all'improvviso cominciò a dare pugni ad una parete. Sobbalzai, la violenza con cui colpiva il muro mi fece trasalire.
Ad un certo punto si bloccò, tenendo le mani poggiate al pilastro. "È tutta colpa mia, è a causa mia se ti stavano stuprando!"
Trasalii a quella parola e mi destai dal mio improvviso stato di trance; mi avvicinai e gli poggiai una mano sul bicipite.
"Non è stata colpa tua Ryan; avrei dovuto chiamare un taxi invece di avventurarmi da sola per le strade a quell'ora" dissi in un sussurro "ma non capisci?!" Sbottò "se non fossi andato via dal locale non sarebbe successo nulla! Se non avessimo litigato e se non avessi letto quel diario...è colpa mia!" Disse urlando.
Gli presi il volto tra le mani e lo fissai intensamente negli occhi; Dio che voglia di baciarlo che avevo in quel momento e rassicurarlo per tutto..."Non è successo Ryan, non sentirti colpevole di qualcosa che non hai fatto,ti prego."
Poggiai la testa sulla sua fronte "Mi sei mancato" dissi in un sussurro.
Dopo qualche istante lui sembrò calmarsi, mi prese tra le braccia e mi portò sul divano.
Mi sentivo così al sicuro, così protetta; mi fece sedere sulle sue gambe e mi coccolò in silenzio baciandomi tra i capelli e accarezzandomi dolcemente.
"Anche mio padre mi stringeva così sai?" Dissi d'un fiato.
"Non devi parlarmene per forza" disse piano
Sentivo di essere pronta ad aprirmi con lui, era la mia roccia e in quel momento tutte le mie difese caddero.
"Ero una bambina molto capricciosa e testarda" proseguii "e mamma spesso mi rimproverava per la mia insolenza; gli rinfacciavo sempre che per me non c'erano mai, che vedevo più Margherita. Ero convinta che non ci tenessero a me perché lavoravano sempre e non avevano molto tempo per me. Mi sentivo abbandonata e ogni volta che litigavo con mamma, papà saliva in camera e mi abbracciava forte. Ricordo ancora il suo profumo e il suo caldo abbraccio" dissi mentre una lacrima mi rigava le guance arrossate, Ryan poggiò le labbra sul mio volto e le spazzò via senza dire nulla "il giorno dell'incidente, era il compleanno di papà. Si erano presi la giornata libera per passarla con me, per dedicarmi del tempo e rendermi felice. Se non avessi mai detto quelle cose, se non li avessi fatti sentire in colpa forse sarebbero ancora qui" dissi tra le lacrime. Ryan mi strinse cullandomi " Eri solo una bambina Katie, e avevi bisogno dei tuoi genitori, del loro affetto. Non è stata colpa tua, non potevi saperlo e non puoi fartene una colpa"
Sapevo in fondo che lui aveva ragione ma il senso di colpa mi attanagliava.
"Mia nonna non la pensava esattamente come te" mi guardò interrogativo e dopo aver fatto un respiro profondo continuai
"Lei mi attribuiva la colpa, diceva che a causa della mia maleducazione sua figlia era morta, che ero soltanto una stupida bambina capricciosa." A ripensarci le sue parole ancora mi bruciavano dentro "Assassina, sei solo una stupida assassina. Mi diceva questo mentre mi prendeva a colpi di cinghia. Ogni sera Ryan. Ogni sera" la voce mi si spezzò; ricordare tutta la mia infanzia aveva riaperto profonde ferite, sentivo la pelle bruciare e la voce di mia nonna risuonarmi nelle orecchie.
Ryan mi prese il volto tra le mani con decisione "Tu non sei un'assassina. Sei la ragazza più dolce e premurosa che io conosca. E sei forte per essere così piccina" disse strappandomi un sorriso.
"Io sarò sempre al tuo fianco. E sconfiggerò i tuoi demoni con te se non riuscirai a farlo da sola" disse ancora poggiando delicatamente le labbra sulle mie

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