dieci

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«D'accordo, Jungkook. Parliamo.» mi arresi, sprofondando sul divano.

Mentre lui finiva di pulire la cucina – sporcatasi per colpa sua, mettiamolo be in chiaro – ero andata in camera mia per indossare qualcosa di più appropriato.

«Wow, sei passata all'estremo opposto!» commentò il ragazzo, osservando i miei vestiti.

«Hai qualche problema con il mio modo di vestire? Possiamo parlare anche di questo, se vuoi.» risposi senza alcun accenno di ironia.

«Un'altra volta, dai!» sorrise e mi fece un occhiolino.

Sul serio? Un cavolo di occhiolino? Urgh!

«Arriva al punto, non ho tutta la mattinata. Ho cose da fare!»

«L'ho ascoltata.» sospirò. «La traccia, l'ho ascoltata.»

«Okay. E?» risposi, cercando di non farmi aspettative, inutilmente.

Chiaramente, speravo gli fosse piaciuta. Anche se non era il mio essere umano preferito, era comunque importante per me conoscere i punti di vista altrui. E poi, pensandoci, proprio a causa del nostro reciproco odio, sarebbe stato il giudice più oggettivo al mondo. Dalle critiche si impara sempre.

«Devo ammettere che non è male. Direi sia okay.» borbottò con voce rauca. Lo guardai ad occhi aperti e bocca spalancata. Lo aveva detto? Mi fissò e senza che io facessi nulla, aggiunse: «Ok, è un po' più di "okay". Molto di più.»

Sprofondai nel divano. Davvero? Era sul serio uscito dalla sua bocca? E perché cavolo non avevo pensato di registrare questo momento unico e irripetibile? Ero essenzialmente scioccata.

«Sul serio?» chiesi a un fil di voce.

«Ti sembro il tipo che dice stronzate?»

Si.

«Be', e ora?» lo incalzai. Io avevo fatto la base e a lui piaceva, ma il lavoro non era nemmeno lontanamente finito. Mancava il testo, piccolo dettaglio. «Voglio dire, mi hai tartassato di chiamate per tutta la sera e ti sei presentato a casa mia senza preavviso solo per dirmi questo? Carino, ma potevi mandarmi un messaggio.»

Lui sbuffò stizzito e proseguì come se io non avessi detto nulla.

«E ora...» indugiò, infilando la mano in tasca dei jeans scuri da cui estrasse un foglio bianco. «Ora scriviamo il testo.»

Voce del verbo scrivere, indicativo presente, prima persona PLURALE. Noi scriviamo. Noi chi, io e lui?

«Scriviamo?» chiesi conferma. Jungkook, senza alzare lo sguardo dal foglio, annuì. Appariva molto in difficoltà, in quel momento, come se stesse facendo la cosa più difficile della sua vita: farsi aiutare.

In un certo senso, lo capivo. Anche io ero testarda, mi piaceva fare le cose a modo mio e cercavo a tutti i costi di farle in autonomia.

«Ho bisogno di una mano. Non penso di essere capace.» ammise, tornando a guardarmi con occhi supplichevoli.

Perché lo stava chiedendo proprio a me? La persona che sembrava odiare di più al mondo? Perché non aveva semplicemente chiesto a qualcuno dei suoi fratelli? O agli altri produttori, che conosce da molto tempo e che, sicuramente, sopporta. Perché a me?

«Va bene.» mormorai. «Di cosa vorresti parlare?»

Jungkook rigirò il foglio che aveva in mano ancora per un po', fino a quando non si decise ad appoggiarlo sul tavolino da caffè davanti a noi.

In alto a sinistra, aveva scritto in modo preciso e ordinato, a differenza di tutto il resto, un'unica parola: Seoul.

«Voglio parlare del mio arrivo qua, a Seoul.» sussurrò.

✓ Seoul, Why Do You Sound Like Soul? {BTS - Jeon Jungkook} ✓Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora