quindici

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Ho sempre creduto di essere una donna forte e indipendente: quel tipo di donna che vedi talvolta nei film; quelle che farebbero di tutto pur di ottenere ciò che più vogliono; quelle che mettono da parte l'amore per concentrarsi su se stesse; quelle che, per imparare ad amare e apprezzare il proprio corpo, sono disposte ad allontanarsi dall'uomo della loro vita; quelle che ti fanno rabbrividire ogni volta che le senti parlare, perché lo vedi che potrebbero fare il mondo a pezzi, se solo lo volessero. Ecco, credevo di essere quel tipo di persona, o, per lo meno, di star percorrendo quel tipo di strada.

Ma, quella sera, mentre tornavo in hotel dopo essere stata male non ci assomigliavo nemmeno lontanamente. Già ero mi ero alterata abbastanza quando aveva voluto accompagnarmi a tutti i costi, figuriamoci quando mi sono dovuta letteralmente appoggiare alla manica della sua giacca per restare in piedi ed evitare di cadere con la faccia per terra. Da quel momento, non aveva smesso un secondo di sorreggermi, nonostante le mie numerosissime proteste.

«Sai, Chaeyoung, forse dovresti semplicemente stare zitta e accettare l'aiuto di qualcuno!» brontolò il moro, sistemando meglio il braccio intorno alla mia vita. «Smettila di allontanarti o va a finire che cadiamo entrambi!»

Ma io non mi fermai. Odiavo essere toccata, da lui in particolare. La vicinanza era assolutamente troppa per i miei standard di sopportazione. Sentivo la pelle letteralmente bruciare sotto le sue dita. Non era per nulla una bella sensazione. Spesso si legge nei libri "al suo tocco, il mio corpo andò a fuoco". In quei casi è ovvio che ci sia almeno una sorta di intesa tra i due protagonisti, non so magari un interesse contraccambiato, un po' di attrazione sessuale o, magari, amore. Il nostro caso non era quello, manco lontanamente. Diamine, era Jungkook a starmi toccando, il mio "acerrimo nemico" per così dire.

Una volta raggiunto l'hotel, riuscii – non so bene come – a divincolarmi dalla sua presa, così aumentai il passo dirigendomi verso le scale.

«Puoi tornare dagli altri!» bofonchiai ancora imbarazzata per quello che era successo nel bagno del ristorante. Non ci potevo credere che fra tutti era stato proprio lui quello a vedermi in condizioni pietose.

Stavo quasi per mettere il piede destro sul primo scalino quando una mano si poggiò sulla mia spalla e, dopo aver esercitato una leggera pressione, mi tirò delicatamente indietro.

«Non credo tu sia in grado di fare le scale.»

«Oh, andiamo, Jungkook!» mi lamentai esasperata, senza però opporre resistenza mentre mi trascinava verso l'ascensore. «È solo un piano!»

Lui non disse nulla, limitandosi a spingermi nell'ascensore e premere il bottone del mio piano.

«Le hai le chiavi?» mi chiese una volta giunti davanti alla mia stanza. Io lo guardai storta. Mi credeva stupida?

Senza rispondergli, le tirai fuori e aprii.

«Grazie è stato un piacere enorme averti accanto tutto questo tempo, ora puoi veramente andartene.»

Lui rise mentre io gli sbattevo la porta in faccia. C'è ben poco da ridere.

Poi, proprio come aveva fatto quando era si era presentato a casa mia, usò il piede per bloccare la porta. Per un attimo rimasi interdetta nell'osservarlo entrare e posizionandosi proprio di fronte a me, lasciando che la porta si chiudesse alle sue spalle. Normalmente gli avrei urlato con tutto il fiato di andarsene, oppure lo avrei preso a pugno, o magari entrambi. Ma, quella sera, in quel momento ero completamente stanca. La testa mi doleva ancora e lo stomaco non aveva smesso un secondo di contorcersi su se stesso. Non avevo tempo e tanto meno voglia di mettermi a litigare con un bambino.

«Fai come vuoi.» alzai le braccia in segno di resa e mi allontanai, avvicinandomi alla mia valigia per tirare fuori uno spazzolino e il dentifricio. Afferrai un pantaloncini e una maglia vecchi da sopra il letto e, senza controllare cosa Jungkook stesse facendo, entrai in bagno.

✓ Seoul, Why Do You Sound Like Soul? {BTS - Jeon Jungkook} ✓Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora