quarantasette

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è breve, ma spero vi piaccia!

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I nostri respiri affannati erano l'unico suono udibile all'interno della stanza. Le nostre braccia erano alla continua e disperata ricerca del corpo dell'altro, mentre le nostre labbra erano impegnate a lasciare baci umidi e marchi violacei sulla nostra pelle. Non mi era mai capitato, in vita mia, di sentirmi così piena. Piena di emozioni, piena di sentimenti, di affetto, di bisogno e, purtroppo, di angoscia. Da quando entrambi avevamo deciso di lasciarci andare al momento, non ci eravamo preoccupati di nient'altro, se non di recuperare tutto il tempo perduto. Eppure, sapevo che in un angolo remoto della nostra mente lo stesso timore stesse cercando di farsi spazio ed emergere. Ci stavo mettendo tutta me stessa per contrastarlo, ma a lungo andare, sapevo che avrei ceduto. Era questione di secondi.

Quando la sua mano si insinuò tra i miei capelli, avvicinando il più possibile il mio viso al suo, sentii il cuore martellarmi nel petto. Non mi ero mai resa conto, o forse non avevo mai voluto accorgermene, di quanto avessi desiderato tutto ciò. Ogni volta che lo avevo respinto, lo avevo fatto ascoltando il mio cervello. Sapevo che fosse sbagliato, fin dall'inizio, quando io ero una persona qualunque. Ma ora, che entrambi facevamo parte di quel mondo crudele, mi stavo rendendo conto di quanto tutto ciò fosse totalmente e irreparabilmente impossibile. Non c'era via di uscita. Era una strada a senso unico verso il nostro patibolo. Ad aspettarci alla fine del tunnel, non c'era la luce, come succede nei film o nei libri, ma solo dolore.

Posizionai entrambe le mani sul suo petto e, dopo aver assaporato per qualche altro secondo le sue labbra tra le mie, mi costrinsi ad allontanarlo da me. Non aprii gli occhi immediatamente. Afferrando la sua maglietta in due piccoli pugni, cercai di ristabilizzare il mio respiro affannato. Lui fece lo stesso, appoggiando delicatamente la sua fronte contro la mia.

«So cosa stai per fare.» sussurrò dopo qualche minuto di silenzio. Sollevai le palpebre, per incontrare il suo volto a pochissimi centimetri dal mio. I suoi occhi erano ancora chiusi e le sue mani erano poggiate sul mio collo, con i pollici che continuavano ad accarezzare le mie guance. Sospirò profondamente. Tutto ciò ci avrebbe uccisi. Non potevamo continuare a farci del male e lo sapevamo entrambi.

«Non...» cominciai a parlare, con voce tremante, ma lui mi fermò immediatamente.

«Non farlo. Ti prego.» mormorò, con voce implorante. Mi faceva quasi più male vederlo così, supplicante, piuttosto che la paura di ciò che sarebbe successo in seguito. «Non respingermi. Non respingere questo

«Questo cosa?» domandai con un filo di voce, afferrando i suoi polsi, ma non per fargli allontanare le mani dal mio viso. Volevo solo sentirlo più vicino a me. Non rispose. «Non sappiamo nemmeno come definirlo, questo

Risi amaramente, nonostante ci fosse qualcosa nella mia gola che bloccasse il mio respiro.

«Qualsiasi cosa sia, è sbagliato. Lo sai anche tu.» continuai, aumentando la presa sui suoi polsi. Il mio cervello mi diceva di andarmene, ma il mio cuore e il mio corpo erano in completo disaccordo.

«Qualsiasi cosa sia, non voglio rinunciarci!» rispose lui, aprendo finalmente gli occhi per guardarmi in volto, staccando la fronte dalla mia per avere maggiore visuale. 

«Smettiamo di farci del male a vicenda.» scossi leggermente la testa, abbassando lo sguardo sul suo stomaco. Non riuscivo a confrontarlo. Averlo così vicino mi mandava in confusione. Sentire il suo respiro sulle mie labbra mi faceva perdere la ragione. Percepire ancora il suo tocco su di me, mi mandava in estasi. La pelle bruciava ancora, laddove aveva poggiato le sue labbra fino a pochi secondi prima. Dovevo allontanarmi da lui per ragionare con mente lucida. Il problema era che non volevo farlo.

✓ Seoul, Why Do You Sound Like Soul? {BTS - Jeon Jungkook} ✓Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora