Camminava per un corridoio buio ben attenta a non fare nessun rumore. Stringeva in mano una lampada ad olio, di quelle che usavano lì per la luce.
Natasha cercava la luce. Quello era l'unico momento del giorno in cui non era controllata a vista dai soldati del KGB: l'alba. Il sole non era ancora sorto, e lo sapeva. Quel posto le insegnava anche la puntualità, per cui Natasha non aveva mai perso un'alba.
Raggiunse la fine del corridoio e si inerpicò su una scaletta di metallo strettissima. Infilandosi in una finestra coperta da una spessa tenda nera, Natasha si ritrovò sul cornicione di una finestra. Il KGB sembrava un'autentica scuola di danza, vista dall'esterno: bella, enorme, lussuosa, come quel cornicione su cui posavano i piedi nudi di Natasha.
Agile come uno scoiattolo si arrampicò sul tetto, cosa abbastanza facile date le dimensioni del cornicione e grazie all'aiuto di una grondaia lì vicino. Si sedette con il mento appoggiato sulle ginocchia, aspettando l'alba.
L'aria del freddo inverno russo che scemava nella primavera sferzava le guance di Natasha, rosse. I capelli, che teneva sciolti, volteggiavano nella brezza mattutina.
Il primo raggio di sole sbucò all'orizzonte, illuminando il profilo lontano di Mosca. Non era mai stata a Mosca, lepiaceva chiedersi cosa stessero facendo in quel momento le famiglie. Alcuni si svegliavano per andare a lavorare, Natasha riusciva quasi a vederli alzarsi e lavarsi controvoglia, lottando contro il sonno. Vedeva i padri di famiglia svegliare i loro figli, per portarli a scuola. Riusciva a immaginarsi bene il profumo di caffè appena fatto che aiutava le persone a svegliarsi. Immaginava una madre in cucina, che si vestiva per andare al lavoro e preparava la colazione ai figli contemporaneamente. Erano tutte cose che Natasha poteva solo immaginare, che non avrebbe mai avuto.
Immaginava i bambini che si stropicciavano gli occhi, rigirandosi sotto le coperte, con la prospettiva di una giornata di scuola imminente. Natasha aveva la prospettiva di una giornata fatta di dolore, sopportazione e umiliazioni.
Il sole aveva illuminato di rosso il cielo ed era quasi completamente sorto. "Rosso di mattina brutto tempo s'avvicina" pensò distrattamente Natasha. Era un proverbio italiano che aveva letto su un libro in biblioteca. Ma a loro, nel KGB non faceva né caldo né freddo il clima. Loro erano segregati nella scuola di danza.
Il sole ora ardeva nel cielo, senza però scaldare la fredda Russia. Per Natasha era ora di tornarae dentro. La bambina si alzò e
si guardò intorno. Steve dormiva profondamente, sdraiato su un fianco, tutto contorto sul bracciolo del divano. Wanda sulla poltrona era raggomitolata come un gatto, con i lunghi capelli rossi che quasi toccavano il pavimento.
Natasha non voleva svegliare Steve, ma si sentiva terribilmente sola. Erano le sette di mattina del primo settembre. Di solito a quell'ora, saliva al secondo piano al complesso per svegliare Beverly e poco dopo Peter e Ned suonavano alla porta per andare a scuola.
Ma adesso era diverso. Beverly non c'era più, era sepolta in una bara di mogano lucido a pochi chilometri da loro.
Natasha si coprì il volto con le mani, per fermare le lacrime. Non appena la vista le si fu oscurata, iniziarono a danzarle davanti agli occhi immagini sfuggenti di Beverly, Tony e Clint. Erano tutti e tre morti da eroi. Tony aveva salvato il mondo, Clint aveva salvato Wanda e Beverly aveva salvato Natasha.
Natasha sentiva nella testa ronzare le voci dei tre, mischiate fra loro, non riusciva a distinguere le singole parole.
-Nat? - disse la voce impastata dal sonno di Steve.
Velocemente Natasha abbassò le mani da sopra il viso e cercò di sorridere a Steve. Era sollevato su un fianco, che si strofinava gli occhi. Natasha pensò che fosse troppo tenero per essere vero.
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When it's all over - |Romanogers|
FanfictionAllora, Endgame mi ha letteralmente uccisa, per cui ho deciso di scrivere questa storia in cui cambio MOLTE cose.