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La sveglia suonò, ma lui era già sveglio: non aveva dormito quella notte. Non avrebbe mai potuto chiudere occhio, dopo il tornado che lo aveva investito; era ancora frastornato e sconvolto. Chloe, non era ancora rientrata; non era servito a nulla telefonarle tutta la notte, il suo telefono era sempre spento. Stava vivendo un incubo... La sua superficialità lo aveva distrutto.

Il cellulare suonò: era il promemoria della riunione. Quella era una mattina importante per lui...Per il suo studio. Doveva essere lucido, doveva almeno provarci.

Iniziò a vestirsi sfilando gli abiti della sera prima. Scelse dall'armadio una camicia attillata bianca di seta, che risaltava il suo petto e fasciava perfettamente le sue braccia. Chiuse ogni bottone dal basso, nascondendo pian piano il suo fisico, i suoi addominali appena accennati e il suo petto asciutto. Lasciò aperto l'ultimo bottone, sulla gola, perché si sentiva già soffocare pensando a lei, a loro... Passò le mani sulla camicia, come a volerla stirare ancora di più, poi lentamente si abbottonò i polsini della camicia, utilizzando due gemelli in oro bianco. Indossò eleganti pantaloni neri, utilizzando una cintura nera con fibbia argentata. Si avvicinò allo specchio e si osservò: mancava la cravatta. Scelse la cravatta nera, delle occasioni speciali, ma per quanto ci provasse il nodo proprio non veniva. Inconsciamente si stava rifiutando di sentirsi stretto in un nodo in gola, era già fin troppo appesantito dal nodo allo stomaco.

Le mani gli tremavano mentre i pensieri vagavano. Quanto avrebbe voluto mettere a soqquadro la città, pur di trovarla...Avrebbe rivoltato il mondo pur di riaverla..Ma non poteva: la riunione era troppo importante, il suo studio aveva bisogno di quel progetto, ne avrebbe ricavato grandi benefici. Amava Chloe, ma il lavoro era più importante, il suo futuro lo era.

In studio doveva incontrare il signor Marchisi, e convincerlo a commissionare a loro il suo nuovo centro commerciale. Non era stato facile farsi concedere quell'appuntamento: era un osso duro! Marco l'aveva tampinato per mesi, non aveva mollato. Sapeva che non doveva fallire, non poteva: quel termine non esisteva nel suo vocabolario. Un sorriso soddisfatto si dipinse sul suo viso al ricordo di quel pomeriggio.

Marco era poggiato al bancone del bar, in attesa di Marchisi

«Ma sei sicuro che verrà?» gli chiese sussurrando il suo collega Riccardo

«Certo! È abitudinario, viene qui ogni mattina alla stessa ora, alle 8» rispose Marco osservando il suo Rolex.

Non finì nemmeno la frase, che un uomo basso e corpulento entrò nel locale.

Riccardo picchiettò sulla spalla destra di Marco: «È lui?»

Marco annuì silenziosamente, fece cenno a Riccardo di aspettarlo e si avvicinò al tavolino, dove si era appena accomodato il signor Marchisi

«Dottore buongiorno»

Marchisi lo scrutò «Buongiorno anche a lei Dottor Cartieri, cosa la porta qui?»

«Mi hanno detto che questo è uno dei bar più buoni di tutta la città: fa il caffè migliore di tutta Torino. Lei che ne pensa?»

Marchisi si tolse gli occhiali, li osservò alla luce e li portò verso la sua grande pancia, prese un lembo della sua maglia e iniziò a strofinare le lenti: «Lo adoro! E poi è strutturalmente perfetto, non esiste un altro bar così.»

Marco aveva ricevuto l'assist e sorrise, era pronto a segnare il suo goal «Potrebbe averne uno simile nel suo centro commerciale, immagini un centro commerciale con un bar simile ma molto più grande»

«Sarebbe stupendo, ma io vorrei qualcosa di innovativo, dovrei trovare l'architetto che l'ha progettato»

Marco, che fino a quel momento era rimasto in piedi, si sedette accanto a lui, si guardò intorno e rispose: « L'ho progettato con il mio studio, perché non fissiamo un appuntamento? Potrei darle il bar che sogna, e creare un centro commerciale che oscurerebbe tutti gli altri»

L'uomo era titubante, non si fidava molto di quel giovane ragazzo, non aveva l'esperienza giusta.

Accortosi della titubanza, il bell'architetto sferrò il colpo finale: «Non dovrei dirglielo ma sono già stato contattato da Borelli per ampliare il suo, e so per certo che ha in mente qualcosa di grande»

Marchisi era stato punto sull'orgoglio, non poteva permettere alla concorrenza di risaltare: « Va bene, mercoledì mattina alle 10»

«E' perfetto. Buona giornata» gli strinse la mano e si allontanò.

Perso in quel ricordo, era riuscito ad annodare la cravatta, si avvicinò allo specchio e si guardò: era un uomo distrutto. Decise che avrebbe indossato il suo sorriso migliore, mascherando tutto dietro il suo savoir-faire.

Prese dal comò di legno nero il suo Rolex, lo indossò e guardò l'ora: erano già le 7! Doveva assolutamente correre, c'era tutto da preparare prima dell'incontro.

Prese la sua valigetta, il suo portatile e corse in sala a cercare le chiavi di casa e si fermò per un momento: il telefono di Chloe era lì sul tavolo, era certo che non voleva essere trovata!

Non ci pensò prese le chiavi dallo svuota-tasche al centro del tavolo e fece per uscire, ma qualcosa lo bloccò.

«Cazzo le scarpe! Non posso presentarmi in ufficio così!! Devo calmarmi o andrà tutto in rovina» si disse mentre andò a prendere le scarpe.

Era finalmente pronto, l'orologio segnava le 7:20. Doveva sbrigarsi o avrebbe perso l'autobus.

Chiuse la porta e uscì di corsa.

La giornata era calda, con un leggero venticello fresco che dava un po di sollievo alla sua corsa contro il tempo: anche un minuto sarebbe stato fatale.

Arrivò senza fiato alla fermata, guardò il tabellone e sorrise: «Almeno il lavoro riuscirò ad ottenerlo»

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