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Scese dall'auto con il cuore in gola e corse immediatamente verso il parco oltrepassando la fontana, mentre Matteo gli urlava di aspettarlo. Il suo unico pensiero era di trovare Chloe, guardare i suoi occhi e poterle spiegare tutto.

Esaminò ogni angolo, ogni persona incontrata poteva essere lei. Il problema però era che Marco vedeva Chloe in ogni luogo, in ogni viso.

Percorse il vialetto alberato, scrutò tutte le coppiette rilassate sul prato stese su una coperta e fu inevitabile ripensare a tutte le volte che si erano rifugiati lì tra baci e carezze, scese sulla stradina che costeggiava il fiume ma di lei non c'era traccia, ciononostante non si diede per vinto e proseguì deciso.

Oltrepassò il ponte levatoio entrando nella piazza del castello, rallentò il passo ed entrò in ogni bottega con il cuore che batteva fortissimo, con gli occhi pieni di desiderio. Chloe non era neanche lì, sconsolato si avviò verso l'ultimo negozietto davanti al castello quando un forte strattone lo tirò indietro.

«Fermati!» gli urlò Matteo grondante di sudore, tenendosi una mano sul fianco mentre cercava di riprendere fiato.

«Devo trovarla! Potevi aspettarmi in macchina!» rispose riprendendo a camminare verso il negozio.

Matteo si asciugò la fronte con il dorso della mano e lo seguì in silenzio, era testardo quando decideva di voler qualcosa, il suo obiettivo ora era lei e non avrebbe mollato per nessun motivo al mondo.

Entrarono e li accolse la sorridente commessa. Il locale era piccolo e ben curato, bastò uno sguardo per notare la sua assenza ma quella fata di cristallo attirò la sua attenzione.

Si avvicinò alla vetrina per osservarla meglio, era la stessa che le aveva regalato lui al suo compleanno l'anno prima, la conservava ancora in cima alla sua libreria.

Un nodo gli strinse la gola, rendendo più difficile respirare, doveva uscire di lì, salutò e riprese a correre seguito dall'esausto Matteo.

Dopo quella folle corse si ritrovò al punto di partenza dove si fermò per bere un sorso d'acqua dalla fontanella a forma di toro nel parcheggio.

«Marco dove vuoi andare adesso?» chiese Matteo appoggiato al cofano dell'auto.

Lui non gli rispose ed iniziò a camminare nervosamente, Torino era immensa poteva essere ovunque, doveva pensare come lei.

"E' solo spaventata" gli tornarono alla mente le parole di Aurora e fu allora che capì: se era in quello stato si era rifugiata in un posto dove sapeva di essere protetta.

«Andiamo al bar sotto...» si bloccò, non poteva pronunciare quelle parole, era troppo doloroso, troppo.

«Il bar di Alessia e Gianni» concluse stringendo i pugni, come a voler contenere il dolore.

Matteo annuì, salirono in auto e partirono sperando di trovarla lì.

*****

Il trillo della sveglia la destò, allungò la mano per trovare il cellulare con le palpebre ancora chiuse. Aveva ancora bisogno di dormire, ma quell'aggeggio non solo era introvabile ma continuava a suonare. Sbuffando aprì a fatica gli occhi, ci mise un po' per mettere a fuoco e rendersi conto che il telefono era sul comodino.

Finalmente lo spense e si buttò di nuovo sul letto in posizione supina cercando la risposta di cui aveva bisogno, ma quel bianco soffitto non le consigliò assolutamente nulla.

Sapeva che Marco aveva intenzione di parlarle, probabilmente le avrebbe riproposto la stessa versione della sera precedente, ma non era disposta ad ascoltarlo.

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