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Sistemò i girasoli nel vaso rosso e lo posizionò all'angolo della sua scrivania, sotto la fi­nestra. Fin da bambina amava piante e fiori, era sempre stata incuriosita dal poter parlare attraverso di loro, ma i girasoli erano i suoi preferiti.

Era affascinata dal loro seguire costan­temente il sole e trovava meraviglioso il loro significato: affrontare la vita con il sorriso, re­galarli infatti a qualcuno voleva dire ringraziare per l'allegria donata.

Scostò la tenda turchese lasciando entrare quel sole caldo che riflettendo sulle pareti lilla, sprigionò il luccichio dei brillantini sparsi sui muri.

La sua cameretta era rimasta esattamente come l'aveva lasciata un paio di anni prima, sua nonna non se l'era sentita di cambiarla, era il suo modo per assicurarle un rifugio, in qualsiasi momento ne avesse avuto bisogno.

Appoggiò il ginocchio sul letto e si allungò per strappare la pagina dal piccolo calendario appeso al muro, era il 7 giugno e la frase del giorno recitava: «Non può piovere per sempre».

Fu colpita da quelle parole, sentì il cuore stringersi e socchiuse gli occhi sperando di ve­dere al più presto il sole nella sua vita. Fu inevitabile pensare a lui, a quella lite in piaz­za.

Erano passate due settimane da quella serata, non l'aveva più visto né sentito. Si era trasferita dalla nonna la mattina dopo, aveva bisogno di stare in un posto suo, di sentirsi protetta, l'albergo non poteva darle tutto questo.

La libreria bianca, davanti al suo letto, conteneva ancora tutti i suoi harmony e i roman­zi che l'avevano fatta sognare. In cima una cornice rosa con quella foto: erano loro tre sorridenti, in quel piccolo ritratto era racchiuso un pezzo del suo cuore.

Accanto c'era un armadio a tre ante scorrevoli di betulla, e una di quelle era dedicata a tutti i ricordi della sua adolescenza.

Tornare in quella casa non era stato semplice, ci aveva pensato a lungo avendo paura di dare un dolore alla donna più importante della sua vita che l'aveva cresciuta come una mamma. Era alta non più di 1,55 metri, corpulenta e con i capelli grigi corti sulle spalle, con un accento napoletano che lei amava tantissimo.

«Gioia,vuoi ancora un po' di torta?» la calda voce della nonna la distolse da quei ri­cordi.

«No nonna grazie, devo preparami per andare in redazione» le rispose sorridendo.

«Va bene, ti lascio preparare tranquilla» disse uscendo dalla stanza.

Chloe la osservò allontanarsi nel suo vestito rosso a righe e senza un perché le tornò alla mente la mattina che si era trasferita da lei.

Si era presentata con le valigie e il viso sconsolato, la nonna appena aperta la porta aveva capito che qualcosa non andava, si alzò in punta di piedi e la strinse forte, poi la fece accomodare al tavolo della cucina e davanti ad una fetta di torta ascoltò tutto il racconto. Era rimasta incredula dal comportamento di Marco, non le sembrava possibile tutto quello, ma la cosa che le straziava di più il cuore era vedere la sua ado­rata nipotina così distrutta. Le aveva asciugato le lacrime ripetendole che quella era casa sua e poteva fermarsi quanto avrebbe voluto.

Aprì il primo cassetto del comò e tirò fuori una camicia a body in tessuto color rosa an­tico, con un profondo scollo a V, con maniche volant e una zip sulla schiena, una delle sue preferite. Fece scorrere l'anta centrale dell'armadio alla ricerca del pantalone giusto.

La sua attenzione, però, venne attratta da una piccola scatola di tessuto verde. Divorata dalla curiosità la tirò fuori, si appoggiò sul letto e la aprì.

Cartoline di posti visitati o regalate dagli amici, biglietti di film, tutti pezzetti della sua adolescenza, sfiorava con i polpastrelli quei cimeli ricordando quei felici momenti finchè non le capitò sottomano quel biglietto: "3 aprile 2015 concerto di Ligabue", il suo cuore rallentò.

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