Capitolo 6

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Passarono diverse settimane da quella chiamata ed il pensiero di sapere Margot in quelle condizioni logorò entrambi man mano che le giornate passavano.
Non ci voleva proprio, fu uno di quei fulmini a ciel sereno che portano con sé per certo un cambiamento.
Percepii un sacco di rancore, di rabbia e di frustrazione da parte di mio padre. D'altronde come avrei potuto biasimarlo, era con le mani legate e migliaia di chilometri di fronte a sé che separavano i loro due cuori rimasti uniti fino ad allora.

Lo ricordo, una sera di Marzo accompagnava i miei pensieri su ciò che stava succedendo in quel periodo. Sentii però che tutto quanto si stava connettendo: Rae, Margot, il concerto, le lettere. Tutto acquisì delle assonanze tali da portarmi a pensare di essere sulla strada giusta. Il tedio e la noia per lo scorrere del tempo stavano scomparendo, ogni secondo era sempre più vicino all'essere mio.

In quel momento ero sporto sulla finestra della camera da letto con delle cuffie incastonate nelle orecchie e il mio fidato mp3 in tasca ad ascoltare delle canzoni di Adam Jensen.
Lo riconosco, mi rifugio spesso nella musica, credo che abbia il potere di darmi tanto, soprattutto in attimi come questi.

Il tramonto era passato ormai da un bel pezzo, erano rimaste solamente le tenui luci di colori caldi che accompagnavano gli ultimi fiati del tramonto verso l'ennesima notte. Un vento fresco che portava con sé odori tipicamente primaverili portò dentro me sottili ma dolci sensazioni mentre ero assorto nel ritmo delle canzoni.
Pensai a Richmond, la città dove si trovava Margot. Il fatto che sia stata convinta a sradicarsi da Calgary mi sembrava oltremodo assurdo. Qui aveva tutto, qui per lei era tutto.

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