3 - LA VOLPE BIANCA

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«Mia madre?»

Ciel spalancò gli occhi per la sorpresa quando Alice reagì improvvisamente alzandosi in piedi di scatto e colpendo il tavolino. In realtà lei subito dopo si accorse che nel colpire il tavolino aveva fatto rovesciare le tazzine e la teiera spargendo parecchie gocce di liquido sul pavimento e addosso al ragazzo.

Sentiva la voce di Ciel lontanissima come se venisse dall'estremità di un lunghissimo tunnel, mentre il suo udito sembrava ovattato. Si calmò solo quando Undertaker la prese per un braccio, la invitò a sedersi di nuovo di fianco a lui e cominciò ad accarezzarle i lunghi capelli con fare amorevole. Lei era una donna forte ma per fortuna c'era il suo fidato amico vicino a lei; non era sicura che in quel caso sarebbe riuscita a calmarsi se lui non fosse stato presente.

«Tu sapevi chi fossi io realmente, Undertaker?»

«No mia cara, l'ho saputo pochi giorni fa quando il Conte è venuto a chiedermi di accompagnarti a questo appuntamento. E per la tua sicurezza mi ha fatto giurare di non dirti nulla prima del vostro incontro» aggiunse subito dopo vedendo uno sguardo di accusa negli occhi della ragazza.

Alice pensò al tempo trascorso con la sua "famiglia". La gente diceva pure che assomigliava a suo padre. Ma lui non era suo padre, lei non era la figlia di un mercenario. Era una principessa bastarda. Era persino più nobile dei Phantomhive, della sua famiglia e di chiunque altro avesse mai incontrato nella sua vita. Suo padre voleva che lei diventasse una mercenaria, voleva che seguisse le sue orme. Ma che diritto aveva lui di decidere per lei? E perché non le aveva mai detto nulla?

Voleva correre via da lì per raggiungerlo e fargli confessare il perché l'aveva adottata e le aveva fatto credere che non c'era nessun futuro per lei oltre alla vita da mercenaria nell'East End.

Ma guardando oltre la rabbia che la accecava realizzò che lui l'aveva voluta proteggere e non voleva veder soffrire una bambina innocente per gli errori commessi da qualcun altro. Aveva rischiato molto nel sposare sua madre e crescere una figlia che non era sua. E l'aveva cresciuta in quel modo affinché diventasse forte abbastanza per quando la verità sarebbe venuta a galla, perché sapeva che un giorno lei avrebbe scoperto la sua vera identità. Suo padre in fondo era il suo salvatore.

Cercò in tutti i modi di ricacciare indietro una lacrima che voleva scenderle dall'occhio prima di guardare di nuovo Ciel negli occhi.

«Spiegami cos'è successo! Come hai scoperto della mia esistenza?»

«Sebastian, pulisci questo disordine e portami qualcosa per coprire questo disastro. Fai in fretta che voglio finire questa conversazione.» Sebastian eseguì gli ordini del suo padrone e in men che non si dica ritornò con un mantello che gli drappeggiò sulle spalle al posto della giacca macchiata di tè.

Alice cominciò a scusarsi per la sua goffaggine ma Ciel la fermò con un gesto della mano «lascia che continui a spiegare. E niente interruzioni questa volta.»

Alice annuì e si sistemò meglio accanto ad Undertaker. Sebastian osservò i due che sedevano molto vicini alzando un sopracciglio.

«Qualcuno ti stava seguendo» sentenziò Ciel.

Un'altra ondata di rabbia invase Alice al pensiero di non essersi mai accorta di essere seguita. Frequentava un ambiente in cui se non si era intelligenti, scaltri e vigili si poteva finire assassinati in un vicolo. Avrebbe dovuto essere più furba di così.

Ciel continuò senza esitazione «ho ordinato a Sebastian di seguirti.»

Lo sguardo di Alice guizzò per un attimo verso il maggiordomo prima di ritornare sul viso di Ciel. Era furiosa; che diritto aveva di spiarla in quel modo? Ignorò l'accenno di un ghigno dipingersi sulle labbra di Sebastian, la cosa l'avrebbe solo fatta infuriare ancora di più.

The touch of a DemonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora