2.Un'ombra dal cappello maculato

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Una volta salita in camera mia, mi cambio, mettendomi il pigiama. Cerco  il telefono che pochi minuti prima avevo lanciato non so dove nella stanza.
<<Martina...>>sento da una voce tremante. <<Perché hai dovuto parlare così a nostra zia...?>>.
Mi volto verso la porta.
<<Perché diavolo stai piangendo adesso?>>chiedo infastidita a mia sorella, alzando gli occhi al cielo.
<<Perché io non sopporto di vedere te e zia Elena che vi urlate contro! E poi perché hai dovuto dire delle cose non vere su di me? L'hai fatto solo per farla infuriare?>>dice mentre le lacrime non ne vogliono sapere di fermarsi, bagnando il suo viso.
<<No, l'ho fatto per vendetta, così impari a ridere durante i discorsi di Trafalgar, coprendo la sua voce sexy>>.
Lei mi guarda a bocca aperta, continuando a piangere.
<<Ahh... La vuoi smettere?! Sembri una mocciosa>>dico, ora veramente infastidita da questo suo comportamento.
<<Perché fai così? Hai un cuore di ghiaccio... Non hai versato una lacrima nemmeno per la morte di mamma e papà, non hai mai riso per una singola battuta! E non so neanche perché provi tutto questo odio per nostra zia, non so nemmeno perché tu continui a disprezzarmi! Perché? Perché tutto questo?>>alza la voce mentre le lacrime le scendono molto più copiosamente sulle guance.
<<Non ho alcun motivo né per piangere né per ridere. Al contrario tuo, la morte dei nostri genitori mi ha reso più forte. Inoltre, sai benissimo perché odio quella donna>>dico tranquilla.
<<E perché odi anche me? Che cosa ti ho mai fatto?>>.
A questa domanda, rimango in silenzio.
Lei rimane qualche secondo a guardarmi, poi sospira rassegnata e chiude la porta alle sue spalle, andandosene.
Sbuffo, prendendo il telefono, decidendo di ascoltare un po' di musica per rilassare i nervi.
No, lei non dovrà mai saperlo...
Prendo le auricolari e faccio partire una canzone.
Mentre essa mi rimbomba nelle orecchie, noto la pila di libri sulla scrivania, i vestiti lanciati per la stanza, le varie bottigliette e lattine in giro... In questi ultimi tre giorni non mi ero accorta del disordine che avevo accumulato. Alzo gli occhi al cielo con espressione sofferente, ma mi obbligo a mettere un po' a posto, già sapendo che nei prossimi giorni preferirò darmi fuoco piuttosto che darmi alle pulizie.
Raccolgo i vestiti, per poi metterli in una busta vicino alla porta, nella speranza di ricordarmi di lavarli il giorno dopo. Butto tutte le lattine e le bottiglie che non avevo avuto voglia di togliere, per poi dedicarmi ai libri.
Metto sulle mensole sopra alla scrivania quelli scolastici, per poi prendere qualche altro libro per riporlo nella mini libreria vicino all'armadio. Quando li sollevo però, un foglietto vola a terra.
<<Ah, maledizione...>> impreco, riposando i libri e abbassandomi per prenderlo, accorgendomi che, in realtà, si tratta di una foto.
La giro osservando i volti di me e mia sorella a cinque anni, mentre eravamo sedute sulle ginocchia dei nostri genitori. Guardo il simpatico sorriso di mio padre e quello dolce di mia madre. C'erano volute ore prima di convincermi a fare quella foto, e come ne erano rimasti felici i miei genitori, e anche mia sorella.
Passano tre secondi prima di aprire un cassetto al mio fianco e buttarci dentro la foto con frustrazione, richiudendolo con forza. Mi alzo e finisco di mettere a posto i libri.
Una volta finito, mi stendo nuovamente sul letto guardando la finestra, concentrandomi sulle parole dette dal cantante.
Distolgo lo sguardo, cominciando a guardare il soffitto.
A d'un tratto, con la coda dell'occhio, alla finestra mi sembra di vedere un'ombra. Così, senza pensarci due volte, mi alzo dal letto, mi affaccio ed apro la finestra. Sul prato che occupa lo scenario, vedo correre un'ombra, decisamente alta. L'unica parte chiara di esso è un cappello bianco con delle macchie, tutto il resto è oscurato dal buio della notte.
In meno di qualche secondo l'ombra è completamente scomparsa.
Sgrano gli occhi, ricordando perfettamente il proprietario originale di quel cappello.
No, non può essere vero...
Non faccio uso di droghe, quindi non può essere quello. Le opzioni sono due: o ho le allucinazioni, il che è probabile, oppure è solo uno scherzo.
Mi volto verso un'immagine di Law attaccata alla parete. Accidenti, il cappello è lo stesso!
Dai, ma che vado a pensare, sarà solo uno scherzo, oppure qualcuno sarà andato a una festa a tema e si è mascherato. Ma pensandoci, in questa minuscola cittadina, solo io e mia sorella siamo a conoscenza di One Piece. Ogni singolo oggetto a tema in questa stanza l'ho acquistato su internet, perché qui prima di trovarci qualcosa in più di un videogioco dovrebbe scendere Dio sulla terra. Avrò davvero le allucinazioni? Poiché, è chiaro come il sole che il cappello era quello. Forse era solo un richiamo d'aiuto del mio cervello per farmi intendere il mio desiderio che Law sia reale. Ma, in tal caso, perché avrei dovuto immaginate proprio lui che scappava?

Non ho chiuso occhio tutta la notte, ripensando a ciò che ho visto, alle domande che mi offuscavano la mente.
Forse ho solo visto male, ma non mi sono mai tolta quell'immagine dalla testa.
Decido di alzarmi. Sono già in ritardo.
Mi preparo velocemente e vado scuola a piedi, avendo ormai perso l'autobus ed essendo priva di un passaggio.
Arrivo alla seconda ora beccandomi una sgridata dalla prof che ignoro completamente. Mi siedo al mio posto, poggiando la testa sul banco, e chiudendo gli occhi. Ho bisogno di dormire.
Vengo svegliata dalla campanella che segna l'inizio dell' intervallo.
Vado alle macchinette e digito il pulsante del caffè. Non c'è niente di meglio la mattina.
Volgo lo sguardo verso il corridoio e vedo Giada osservarmi. Non appena incontra il mio sguardo lo distoglie, ed entra in bagno. Devi avere un aspetto orribile. Poi però ripenso alla discussione che abbiamo avuto ieri sera, fra le tante cose. Sospiro.
Prendo anche una barretta al cioccolato e torno in classe.
Afferro il telefono per passare il tempo mentre consumo quella che dovrebbe essere la mia colazione.
La giornata passa in fretta e senza fermarmi a mangiare alcunché, torno a casa. Non ho per niente fame, ragion per cui vado in camera mia. Non so neanche il perché, ma mi affaccio alla finestra in un gesto spontaneo.
Devo essermelo solo immaginato.
Mi guardo intorno. Se Trafalgar Law esistesse veramente, credo che mi prenderebbe per pazza. Insomma ho la sua felpa, la sua giacca, il suo cappello e persino la sua katana. Tutto questo l'ho preso su internet, però si, se una persona avesse le stesse identiche cose che ho anche io, persino delle mie immagini, beh... la prenderei per psicopatica anch'io.
Sospiro e mi decido a provare almeno un po' a fare i maledetti compiti, come mi aspettavo senza successo, vista l'eccessiva noia.
E io che pensavo mi avrebbero aiutato ad eliminare i pensieri.
Sono anche facili, ma la mano non riesce neanche a reggere la penna. La stanchezza e il sonno prevalgono sul mio corpo, costringendomi a sdraiarmi sul letto e a cadere fra le braccia di Morfeo.

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