Capitolo 11

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Dyana tornò a casa. Frank le chiese dove era stata. L'uomo si presentò davanti a lei con una teglia di focaccia calda appena sfornata e Dyana gli sorrise. Era bello il modo in cui tentava in tutti i modi di guadagnarsi l'amore di sua nipote

-In giro con Isabel- 

-Isabel? Pensavo che non ci fosse esattamente una simpatia tra di voi-

-Stiamo imparando a convivere-
Non gli avrebbe detto la verità: sapeva quanto suo zio fosse contrario a frequentare Phoenix.

-Mi fa piacere che ti sei trovata un'amica. La prossima settimana sarò con il sindaco per l'inaugurazione del nuovo parco pubblico. Cosa ne dici, verrai sul palco al mio fianco?-

-Il sindaco? Dici la madre di Ashton?-

-Proprio lei- 

Dyana non si sarebbe lasciata scappare l'opportunità di entrare in contatto con Ashton -Ci sarò, puoi scommetterci-

Ellen Lee, il sindaco della città e Frank Grayson si conoscevano dalla notte dei tempi. Avevano fatto le superiori insieme e Frank aveva sempre avuto una cotta per Ellen. Il carattere timido e i suoi modi di fare impacciati gli impedirono di fare breccia nel cuore di una ragazza raffinata come lei. Yvonne lo prendeva in giro un giorno sì e l'altro pure per la sua incapacità di relazionarsi con il genere femminile. Non era mai riuscito a conquistare il cuore della ragazza che aveva sempre ammirato in silenzio, dietro il rossore nascosto dall'imbarazzo di non essere all'altezza. Chi aveva le carte in regola per conquistarla era Bred. Sicuro di sé, i modi di fare del bullo del quartiere, sfacciato e presuntuoso. Lui ed Ellen formarono una coppia che si spezzò ufficialmente solo alla morte di lui. Un matrimonio a cui era stato invitato persino come testimone, firmava il documento che ufficializzava il suo fallimento.

Quando il giorno dopo Dyana arrivò a scuola, c'era una grande folla fuori l'istituto.
Una volta essere sbucata difronte a tutti vide una lastra di marmo piantata nel giardino, con su scritto, a caratteri cubitali, con una bomboletta spray rossa, il nome di Phoenix, con due date: quella della nascita del ragazzo e di quel giorno.
Phoenix era in piedi davanti alla lastra, non diceva niente, mentre Dyana vide Ashton, con un sorriso sulla faccia e le braccia incrociate.
Gli aveva costruito una tomba.

Phoenix si guardò alle spalle, non appena incrociò il viso di Dyana, entrò a scuola. Voleva evitarla.
Dyana quasi corse per raggiungerlo e gli afferrò la mano, il ragazzo si voltò con violenza e la spinse contro un armadietto.

-Cosa vuoi? Non vedi che cazzo sono capaci di fare? Perché non ti allontani?-

-Tu credi che io mi allontanerò da te perché un adolescente arrabbiato ha piantato in un giardino una pietra e ci ha scritto sopra il tuo nome? Che paura, sto tremando. Cosa farà adesso? Ti seppellirà con le sue mani e farà fare la stessa fine a chiunque ti sta attorno? Perché mi stai evitando?-

–Perché questo è meglio per tutti, Dyana- sussurrò in risposta, andando via prima che lei potesse bloccarlo.

Qualcosa di diverso catturò la sua attenzione: una porta venne sbattuta, il rimbombo del rumore arrivava direttamente dal piano terra. Dyana scese le scale, in quel momento la campanella dell'inizio delle lezioni suonò. Al piano terra c'erano solo laboratori utilizzati in pochi giorni della settimana. Sentì un rumore di banchi che venivano trascinati sul pavimento, delle risate soffocate e delle ante che si richiudevano. Dyana aprì la porta da cui provenivano tutti quegli schiamazzi e trovò davanti a sé Isabel e il professore Daves. A quella scena non si sorprese affatto: Isabel era tutta scombinata, mentre il professore aveva la camicia slacciata. Stavano allineando dei banchi che nella colpevole foga del momento avevano messo sottosopra.

 Ryan Daves era rimasto sotto una luce sinistra di mistero. A Steeland tutti conoscevano tutti, il nuovo arrivato sguazzava in quel mare di ambiguità in cui si era volontariamente immerso. Le persone sono curiose, vogliono scoprire gli affari di chi non conoscono. Nessuno trovava niente da ribadire sul comportamento del nuovo docente, era impeccabile. Mai in ritardo, mai una defaiance, mai una parola fuori posto. Quando parlava tutti si incantavano catturati dai suoi discorsi. Non era solo bello: la sua mente, i suoi pensieri e il suo modo di esporli affascinavano chiunque.

Isabel non gli aveva detto che Dyana sapeva cosa c'era tra di loro. Uscì dall'aula e prese l'intrusa sottobraccio, non disse una sola parola al professore, richiuse la porta alle sue spalle e la condusse verso la rampa di scale che portava al primo piano

-Mi spieghi cosa ci fai qui?- si leggeva nella sua voce una punta di odio e fastidio

-Una passeggiata, non posso?- 

Isabel la spinse con forza con le spalle contro il muro –Smettila di ficcare il naso in cose che non ti riguardano, tu hai già ciò che vuoi. Sei venuta qui per distruggere la mia vita, o cosa?- la lasciò andare, spalancò la porta ed uscì di fretta.

Dyana rimase stupita da quella rivelazione di debolezza. Un sorriso soddisfatto incrinò la sua bocca e uscì dopo qualche minuto, per non destare sospetti. 
   
Isabel ribolliva di rabbia. Quello che sentiva era odio feroce e incontrollabile: non per Dyana, ma per se stessa. Era bastata una ragazza spuntata da chissà dove per rompere il suo precario equilibrio e si stava prendendo tutto, poco alla volta. Phoenix, le cheerleader, la popolarità. Isabel era abituata ad essere un magnete, esercitava il suo campo di polarizzazione su tutti quelli che le stavano attorno e, ostentando un carattere forte e ambizioso, mascherava la fragile insicurezza che l'aveva sempre tenuta per mano. Era come se nella nuova arrivata fossero concentrate tutte le qualità genuine che lei aveva provato ad ammassare con fatica per plasmare una persona del tutto diversa da ciò che era realmente.

Ma chi era Isabel Taylor? Chi era dietro la facciata della figlia perfetta dell'avvocatessa più qualificata della città? Un concentrato di bugie e falsità mascherato da brava ragazza. Una vita sessuale confusa, violenta, che riusciva a sopprimere tutti i suoi pensieri. Una bambola di porcellana superficiale, una barbie senza cervello, che stava scivolando in un baratro di isteria.

In ogni letto in cui passava cercava la tomba della sua anima. Così delicata che una piccola spinta l'avrebbe fatta crollare.

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