Capitolo 26

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Dyana era riuscita a mettere la pulce nell'orecchio di Isabel, che ora camminava a passo svelto verso la villa del professore. Non le interessava di apparire insistente, cercava una spiegazione ragionevole per non sentirsi illusa e tradita. Quando fu fuori da lui suonò il campanello ripetutamente.

Ryan era seduto nel suo ufficio, con la testa chinata su una risma di compiti che non stava leggendo davvero. Quel suono improvviso lo fece catapultare nel corridoio e lo obbligò quasi a correre verso la porta.

Scosse la testa nel vedere la ragazza e fece per richiudere la porta, ma lei l'aprì con forza –E no, tu mi lasci entrare. Non mi sbatti fuori come si fa con un cane abbandonato. Sono stanca di essere il vostro rifiuto umano. Non sono un buco usa e getta da riempire, lo sai?- entrò e si richiuse la porta alle spalle.

Ryan era sofferente. Sembrava star tacendo qualcosa che le avrebbe detto con molto piacere. Fremeva sul posto, guardando quella ragazzina fragile che aveva raccolto piangente e tremante in stazione, all'alba di un lunedì mattina d'estate. Tese la mano verso la sua guancia e le toccò la pelle bianca arrossata.

Isabel lo scostò con forza –Chi sei tu?-

-Cosa intendi?- chiese ridendo.

-Intendo proprio questo. Chi sei? Dove vai ogni fine settimana? Come mai hai aiutato la polizia a risolvere un caso su un corriere della droga? E cosa ci fai in una città di pochi abitanti esclusa dal mondo?- avanzò verso di lui, che intanto indietreggiava –Io ti giuro che se non mi dici tutto, andrò dalla polizia e ti denuncerò. Ti accuserò di avere abusato di una studentessa minorenne, minacciandola di bocciarla se non ti avesse assecondato. Potrei dire qualsiasi cosa, la fantasia non mi manca, e nemmeno il risentimento.-

Era vero, ne sarebbe stata capace. Con tutto ciò che le avevano fatto, sarebbe stata capace di vendicarsi in ogni modo.

-Siediti. Ti racconterò ciò che vuoi- rispose freddamente Ryan, mentre entrava in cucina e prendeva del succo d'arancia dal frigorifero. Stava mantenendo la sua diplomatica calma, ma si sentiva ferito quasi quanto Isabel da quelle minacce. Ciò che aveva provato per la ragazza era vero. Non aveva mentito su niente.

-Lo confesso: non sono un professore, né ho mai pensato di fare un mestiere simile. Sono un investigatore privato e mi trovo qui per fare luce sul caso di Bred Lee. Ogni singolo segreto che si è trascinato nella tomba io lo andrò a riesumare: spaccio, prostituzione, minacce, smaltimento illegale di rifiuti, corruzione... mai nessun morto è stato vivo quanto lui. Quella sera nel locale pensavi che fossi lì per spassarmela con qualche prostituta, invece facevo il mio lavoro, cercavo di spillare quante più informazioni possibili da chi conosce Lee.

Ti fermo già prima che tu possa obiettare: allora dov'è che vado, mi chiederai, ogni fine settimana? Dalla mia famiglia, mi pare ovvio. Ho una moglie e dei figli, Isabel, ma tu stai mettendo tutto in crisi. Il mio matrimonio, la mia famiglia... niente ha più senso da quando ho iniziato a tradire le persone che amo, ma che sono lontane.

È come se vivessi due vite: questa, in cui sono il professore corrotto e amante di una studentessa e l'altra, dove sono un marito e un padre modello.

Io sono più che convinto che non sia stato Phoenix ad ucciderlo, la sua morte è qualcosa di più grande, che prescinde da semplicistiche deduzioni.-

Isabel rimase gelata a quella confessione. Infinitesimali parti di lei caddero nel vuoto dell'incertezza. All'improvviso, aveva appreso di non conoscere l'uomo di cui si era innamorata. Avrebbe preferito non conoscere la verità.

Si avvicinò alla porta.

-Dove vai?- domandò Ryan -Isabel, fermati, non andare via- le afferrò il polso.

Lei si strattonò indietro, spalancò la porta e scappò verso l'auto.

Dopo aver parlato con Isabel, Dyana aveva deciso di non ritornare a casa. Era stata assalita da una strana sensazione di irrequietezza. I segreti che voleva scoprire erano magma carico di gas, premeva contro il terreno per spaccarlo in due e scoppiare in un esplosione fantasmagorica. Rimase seduta al bar, con un libro davanti e una tazza in cui giacevano i resti di un cappuccino freddo.

Era un altro giorno in cui si era svegliata e aveva cercato di dare un senso alle ore. Si riempiva di cose da fare per non soffermarsi a pensare proprio come stava facendo ora, con la testa abbandonata sulla mano aperta e gli occhi spenti. Grandi finestre affacciate sul nulla.

Il telefono squillò e rispose senza neppure vedere chi fosse. Dall'altro capo sentì la voce di Phoenix –Dove sei? Devo parlarti. Vediamoci sempre allo stesso posto, tra mezz'ora. Ci sei?-

Rispose macchinalmente di sì, si alzò, prese la sua borsa e si incamminò verso casa. Una volta arrivata si inoltrò nel bosco e lo trovò seduto nello stesso spiazzo in cui lo aveva visto la prima volta.

Lui si scostò verso destra: c'era tutto lo spazio del mondo, ma voleva che lei occupasse il posto proprio al suo fianco.

Il cosmo poteva collassare su se stesso e ridursi in quel posticino grande appena per loro due.

-Cosa volevi dirmi?- chiese una volta essersi seduta. La domanda era fredda e distaccata. Voleva fargli dimenticare di avergli permesso di ficcare gli occhi nella sua anima.

Il ragazzo le mise una mano sulla spalla e rimase a guardarle il colletto della maglia, l'angolo inferiore del viso, il lobo dell'orecchio, il ciuffo di capelli avvolto attorno all'orecchino d'argento. Memorizzò ogni particolare di un solo angolo di lei. Aveva capito come era fatta, che con quell'indifferenza e quella superficialità cercava di riempire un senso di vuoto, che le sue emozioni erano anestetizzate e avevano lasciato i residui di un tormento mortifero.

La baciò infilando le dita sotto lo squarcio di viso che aveva fissato nella mente. Lui la capiva, sapeva cosa voleva dire spegnere tutto, diventare un automa, perdere l'umanità. Ogni volta che si macchiava le mani del sangue di un suo avversario, ogni volta che spaccava la faccia a un ragazzo proprio come lui e che riceveva dei soldi per farlo, si sentiva ad un passo più lontano dalla luce. In quel bacio Phoenix permise di lasciarsi denudare.

-Ashton vuole aiutarci. Gli ho chiesto di investigare, di guardarsi in giro nella sua stessa casa, e ha trovato qualcosa di molto interessante- dichiarò infine.

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