Capitolo 7

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Dyana avrebbe visto Phoenix esibirsi.

In quei giorni il ragazzo non le aveva rivolto la parola. Lo vedeva sempre sparire dopo le lezioni.

Quel giorno, alla fine degli allenamenti, era entrata in ritardo negli spogliatoi, si era infilata sotto la doccia e poi aveva spento l'acqua, iniziando a passare l'olio sul corpo ancora bagnato.

Non c'era il minimo rumore, fin quando non sentì un sospiro femminile rompere il silenzio, seguito da delle risate.

Riconobbe immediatamente una delle due voci: era quella di Isabel, accompagnata da una roca, maschile, profonda e adulta.

Schiuse appena lo sportello della doccia per vedere cosa stesse succedendo.

Il corpo possente e massiccio di un uomo teneva la ragazza bionda incastrata contro gli armadietti. L'uomo le fece avvolgere le gambe attorno al suo bacino e, in quel movimento, un paio di mutandine rosa scivolarono in basso, incastrandosi attorno alla caviglia fine e bianca di lei. Isabel gli sfilò la camicia, i muscoli delle sue spalle pulsarono sotto il tocco delle dita sottili della ragazzina, che pendendo dalle sue labbra, spalancò la bocca in un gemito muto quando entrò dentro di lei.

Dyana aguzzò gli occhi e poté vedere il professore di inglese, Ryan Daves.


Dopo le lezioni Andrew e Ashton camminavano l'uno affianco all'altro, il primo continuava a parlare, mentre il secondo rimaneva in silenzio. Ad entrambi era giunta voce della gara a cui Phoenix avrebbe partecipato, ma stavano ignorando appositamente la questione.

Fu Ashton a parlare, mentre erano sulla via di casa sua, quella nuova, dato che la vecchia era stata distrutta dalle fiamme

-Non ci posso credere che dopo quello che ha fatto può ancora permettersi di guadagnarsi i soldi in questo modo, qualcuno ne dovrebbe parlare con la polizia. Dovrebbero arrestarlo, Andrew. Meriterebbe di essere giustiziato e invece gioca ancora a fare il pugile-

-Cosa vorresti fare? Queste cose sono più grandi di te. E non so se ti ricordi, ma a Phoenix non è mai piaciuto gareggiare. Non lo faceva per suo volere, questo lo sai- Andrew cercava di farlo ragionare. Parlava di Phoenix con toni sempre pacati e neutri, come se non volesse andargli contro. Si leggeva, in quel suo modo di fare, un affetto e un attaccamento che non si erano mai dileguati per l'"ex" amico.

La nuova dimora dei Lee era più spettrale della precedente. La prima era in stile gotico, su uno degli altipiani della cittadina, si protendeva verso il cielo con il suo aspetto antico e lugubre; era affiancata da un vigneto e una cripta di famiglia, andata anch'essa in fumo durante l'incendio.

Andrew non si meravigliava che Ashton avesse assunto un carattere cupo come il luogo in cui abitava. La nuova casa invece era più allegra, anche se di passaggio: Ellen, la vedova Lee, stava facendo ricostruire la sua vecchia abitazione, sulle macerie ancora fumanti.

-Mia madre non c'è- disse Ashton

I suoi genitori non gli avevano mai prestato molte attenzioni, il padre sceriffo e la madre sindaco avevano altro a cui pensare. Due persone importanti, benestanti, che gli concedevano tutto sul piano economico. Ashton aveva vissuto rapporti familiari glaciali.

-Bene, vorrà dire che saremo solo io e te- come sempre, avrebbe voluto aggiungere Andrew.

Il loro rapporto non aveva mai avuto i caratteri di una convenzionale amicizia. Andrew aveva conosciuto Ashton e Phoenix al liceo. Erano state le prime persone a cui si era avvicinato. Lui, uno dei ragazzi potenzialmente più popolari della scuola, non aveva esitato ad affiancarsi a quelli che sarebbero stati due emarginati.

Li sentiva molto più vicini delle persone normali. Forse anche lui aveva una piccola increspatura dell'animo, un taglietto invisibile ad occhio nudo, ma che bruciava a contatto con ogni emozione.
Una sorta di microscopico buco nero in cui venivano risucchiate le speranze, con una forza attrattiva inversamente proporzionale alla sua grandezza.

Aveva un feeling particolare con Ashton, che non teneva nascosto agli occhi di Phoenix. Capitava spesso che la loro affinità emotiva si riversasse anche su un piano strettamente fisico: si abbracciavano per lunghi minuti, dormivano stretti l'uno all'altro, trascendevano in situazioni intime. L'ambiguità era rimasta tale.

Andrew prese i fianchi dell'altro nelle mani e lo fece indietreggiare fino a fargli aderire la schiena con il petto tonico, gli avvolse le braccia attorno al busto e gli mise la fronte nell'incavo della spalla.

Ashton rimase in piedi, difronte all'isola della cucina, mentre preparava un tè. Se da fuori appariva freddo e distaccato, dentro la sua rabbia si scioglieva al minimo contatto con le mani calde di Andrew.

Con lui il bello stava nel non doversi sforzare ad essere ciò che non era, poter rimanere con quell'espressione cupa, mentre un lieve sorriso spaccava le sue labbra accartocciate.

Si spostarono entrambi sul divano, Ashton si stese al fianco di Andrew

–Stasera voglio puntare contro di lui-

-Non penso dovremmo andare, Ash-

-O mi accompagni, o ci vado da solo-

Se c'era una cosa che non poteva fare era dissuadere Ashton da una sua intenzione autodistruttiva. E se avesse potuto, non avrebbe voluto.

La coscienza che una minima parte di lui era attratta dalle tendenze autolesioniste del ragazzo, scopriva la ferita bruciante della colpa. La colpa di non essere un buon amico. Non avrebbe mai detto di no al male.

-Sarà divertente-

Quella sera furono tutti lì, fuori l'entrata che conduceva ai sotterranei della prigione. Entravano solo quelli che avevano intenzione di scommettere.

La prigione sorgeva dieci chilometri di lontananza da Steeland, isolata nel nulla.

Dyana si avvicinò alla coda di persone che man mano diminuiva. Aveva indosso un abito rosso scarlatto, perfettamente aderente, che lasciava in mostra la sua scollatura e una pelliccia bianca e gonfia le avvolgeva le spalle. Aguzzò la vista e vide da lontano Isabel, con due biglietti che sventolava nella mano.

-Sei sola?- le chiese Dyana

-Con chi altro dovrei essere?- domandò Isabel confusa, porgendole i due biglietti della scommessa, entrambi puntati a favore di Phoenix.

-Con nessuno, domandavo- disse, nascondendo la falsità delle sue parole. Aveva una bomba pronta ad essere lanciata, ma non lo avrebbe fatto in quel momento.

-Qui si può accedere solo con questi biglietti. A meno che qualcuno di fiducia non te li procuri, questo posto è off limits- le spiegò, mentre si metteva in coda con lei

Entrarono, senza fare in tempo a vedere che tra la folla c'erano anche Andrew e Ashton.

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