Capitolo 35

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La notizia apparve non solo sul giornale di Steeland, ma anche sui telegiornali nazionali. La foto di Ellen Lee stava girando il mondo, assieme a quella della lapide di Bred.

Phoenix si chiedeva cosa sarebbe cambiato per lui se fosse stata arrestata definitivamente quella donna. Gli interessava davvero cosa pensavano le persone sul suo conto? Ora sarebbe stato visto come un martire, gli si sarebbero aperte nuove strade, offerte possibilità di redenzione per tutti gli sbagli commessi? Sarebbe stato davvero possibile uscire fuori da quel circolo di violenza?

Guardava la televisione nella sua roulotte, nella camera da letto chiusa a chiave, con le persiane abbassate, l'odore di sesso che premeva contro le pareti, Dyana sdraiata sul suo petto e gli occhi socchiusi, non abbastanza per non vedere quello che lo schermo trasmetteva. Immagini di Ellen con le mani legate dietro la schiena, veniva abbassata nella macchina della polizia e portata lontano.

-La prossima settimana si terrà il processo. Sarò chiamato a testimoniare. Ryan mi ha detto che ci sarà bisogno di confessare ciò che ho fatto pagato da lei. Passerò un sacco di guai, e per cosa? Essere sincero? Non voglio tornare dentro.-

-Che confessi o meno, non ha importanza. Prima o poi queste cose si verranno a sapere. L'importante è che questo caso si chiuda e che tu rimanga fuori almeno dall'omicidio di Bred. E poi la giustizia sarà molto clemente con te, un povero ragazzo plagiato dall'assassina del padre da cui non è mai stato riconosciuto. Già li vedo i titoli pietosi del prossimo telegiornale; la faccia da cucciolo abbandonato senza una casa ce l'hai proprio tutta- gli prese il mento tra due dita –Piuttosto, mio zio in questo periodo è proprio nervoso. Mi controlla, vuole sapere dove vado, con chi, quando torno. Sta diventando troppo apprensivo e mi domanda spesso di te. Ti odia, ancora di più da quando hai cercato di soffocarlo. È convinto che sia stato tu ad uccidere Bred.-

-Lo sono quasi tutti.-

-Ancora per poco.-

Ed era vero. Se in quel momento contro Ellen c'era solo una camicia sporca di sangue, dopo ci sarebbero state tutte le deposizioni delle persone che la conoscevano. Non era stato solo Phoenix ad essere tiranneggiato da lei. Già una decina di prostitute era pronta a deporre per testimoniare contro Ellen. Se Phoenix avesse confessato tutto alla corte, avrebbe anche dovuto parlare di come quella donna gli metteva le mani addosso, di come gli chiedeva di spogliarsi, di toccarla contro la sua volontà. Lo aveva usato più volte, sotto minaccia, prima di una gara, o dopo una delle sue vittorie. Anche in casa, affianco alla camera di Ashton.

E Ashton naturalmente non sapeva ancora molte cose, ma si preparava al processo nell'unico modo che conosceva, con il dolore. Chiuso in casa come un hikikomori. L'unico modo che conosceva per affrontare i problemi era seppellirsi vivo ed estraniarsi dal mondo, lasciare che le cose andassero avanti senza di lui.

Ciò che gli faceva più male era non poter stare con Andrew, che era venuto più volte, testardamente, senza accettare il fatto che non gli avrebbe aperto. Le gambe erano così pesanti che non riusciva ad alzarsi dal letto, non ce la faceva a parlare, non riusciva neppure a muovere il braccio per rispondere al telefono. Non sentiva di avere forza per nulla.

Si dimenticava di star piangendo, le lacrime gli si infilavano tra le labbra e gli davano da bere. Andrew non aveva nessuna intenzione di lasciarlo lì. Sapeva quanto poteva essere autodistruttivo. Il ragazzo che amava era un autolesionista, proprio come lui, si faceva del male e non se ne rendeva conto. Ashton aveva una strana malattia dell'animo, accumulava tanta sporcizia da rimanerne soffocato.

Era notte quando Andrew decise di riprovare ad entrare in casa. Suonò il campanello a ripetizione, erano quasi dieci minuti che teneva premuto il dito contro il pulsante metallico. Stava per girare le spalle e andarsene, quando la porta fu dischiusa. Lo vide in un pigiama tre volte più grande di lui, con due occhiaie profonde e del sangue secco sulla bocca.

-Che c'è?- lo chiese in modo così naturale che per un attimo sembrò che non fosse successo niente, che non si fosse chiuso in casa per giorni interi.

-Volevo vederti- la risposta di Andrew fu identica alla domanda di Ashton, formulata con rilassatezza e pacatezza.

Entrò senza problemi, chiuse la porta alle sue spalle e guardò l'interno della villa immerso nel buio. Prese la mano di Ashton e lo condusse verso il divano, dove si sedettero insieme, l'uno affianco all'altro, senza dire una parola.

E anche ad Isabel sarebbe piaciuto avere qualcuno vicino, in quella notte trascorsa nella sua camera, da sola. Aveva litigato con sua madre, la relazione che aveva avuto con Ryan era ormai stata scoperta. Se quella donna avesse saputo che anche il suo attuale compagno ci provava ripetutamente con la figlia, forse avrebbe avuto altre priorità di cui occuparsi. Ma Isabel era bravissima a incassare e a rinunciare alla felicità. Aveva provato a chiamare Ryan, ma il numero del suo cellulare non esisteva più. Dopo la deposizione che avevano fatto insieme alla polizia, non si era più fatto vivo. Aveva lasciato la vita della ragazza vuota e triste, come una casa addobbata a festa, ma senza nessun invitato.

Si chiedeva dove fosse in quei momenti. Forse dalla sua famiglia? Si era rappacificato con la moglie? Stava portando i suoi figli al parco? Chissà com'era la sua vera vita, quella da uomo normale. Chissà se la pensava, la notte, quando alzava gli occhi verso il cielo e gli capitava di sentire una canzone.

Ora casa sua era vuota, affisso in giardino c'era un cartello con la scritta "vendesi". Il suo lavoro era finito, non c'era nient'altro che lo teneva legato a Steeland.

Almeno era quello che si sforzava di pensare Ryan, seduto nel vagone del treno, con la testa poggiata al finestrino e gli occhi ipnotizzati sulle rotaie che correvano veloci, illuminate dalla luna e dai neon artificiali delle gallerie in cui il veicolo veniva inghiottito per lunghe tratte. Andava via, avrebbe cercato di riappropriarsi della sua vita. Sarebbe tornato da sua moglie e i suoi figli, il caso era quasi chiuso.

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