11. Tende e luoghi magici

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Rose

Mia madre mi fissa. I suoi occhi - che i giornali hanno definito: un'immensa distesa infinita di dolce caramello fuso e pagliuzze d'oro colato, ma che in realtà sono solo marroni, e l'unica similitudine che il mio cervello riesce ad elaborare è come la merda - quindi, ricapitolando, i suoi occhi marroni come la merda mi stanno fissando colmi di gioia e affetto, mentre apro il regalo che mi ha comprato nella speranza di rendere il mio soggiorno al Manor meno tragico.

Io so che il regalo mi farà schifo, e schifo è una parola davvero gentile se associata ai regali di mia madre. Così come lo sanno Dominique, Albus, Scorpius, Hugo e tutti i cugini seduti sul pavimento della mia stanza, mio padre che mi sorride incoraggiante affianco zio Harry e persino nonno Arthur che ormai è talmente cieco da non vedere ad un palmo dal suo naso.

Ed è proprio quando tiro fuori dalla busta un'orrenda nuvola ti tulle verde acido con nastrini rosa, che il mondo mi crolla addosso sommergendomi con tutta la tragicità di cui è capace.

Che schifo. Penso.

«È stupendo» dico.

Mia madre mi afferra una spalla trafiggendomi con i suoi occhi merdosi ma belli. «Appena l'ho visto mi sei venuta in mente tu»

Sento qualcuno ridacchiare e so che si tratta di Scorpius perché solo lui ridacchia in modo così irritante.

Non credo che possa andare peggio di così.

«Indossalo per la cena di questa sera, sarai stupenda»

Ecco, come non detto.

Non appena la porta si rinchiude alle spalle degli adulti, lascio che un grido frustato esca dalle mie labbra prima di affondare la faccia in un cuscino. «Non indosserò mai una tenda!»

•••
Scorpius

Sono passati dieci minuti e Rose sta indossando una tenda.

È il vestito più brutto che abbia mai visto, eppure non riesco a toglierle gli occhi di dosso.

Affilo lo sguardo, poggio il viso sul palmo della mano e la osservo con la fronte corrugata. Nel frattempo i mei due neuroni ancora perfettamente funzionanti cercano di capire perché nonostante lei sembri un sacco di patate vomitato da un Troll, nella mia testa ci sia una vocina simile in modo inquietante a quella di Albus, che continua a ripetermi "dannatamente bella".

James mi ha appena lanciato un'occhiata molto significativa e minacciosa allo stesso tempo, perciò per preservare l'incolumità della mia persona, nascondo la mia profonda riflessione con un finto sbadiglio annoiato e punto lo sguardo da un'altra parte.

Già, com'è interessante quella parete.

***

Non mi è chiaro come o perché, ma la cena che dapprima era noiosa e opprimente, è sfociata tutto d'un tratto in un violento e rumoroso dibattito che ha coinvolto tutti, su come abbia fatto l'austero albero di Natale in salotto a prendere fuoco dal nulla. La tavolata è schierata in due fazioni nette e no, non ci sono vie di mezzo: da una parte c'è chi sostiene siano stati James e Fred, e dall'altra ci sono James e Fred.

Soffoco uno sbuffo, nascondendo la faccia dietro un bicchiere di vino che subito necessita di essere riempito nuovamente.

Troppa gente in una sola stanza mi opprime, e non importa se l'atmosfera sia allegra e famigliare, mi manca l'aria.

Mi verso da bere e quando faccio per mandare giù l'ennesimo bicchiere, il mio sguardo incrocia quello contrariato di Rose, seduta alla mia sinistra.

«Cosa diamine fai?» sibila. Una ciocca di capelli rossi le sfugge dalla treccia e le ricade sul viso.

Sollevo il bicchiere verso di lei. «Mi godo la serata, non lo vedi?»

«Non puoi ubriacarti ad una cena di famiglia»

«Perché, chi lo dice?»

Sbuffa irritata ed io non so perché se la stia prendendo così tanto. «Lo dico io, e le mie parole sono legge» mi sbatte davanti al viso una caraffa d'acqua. «Per te niente più vino sta sera» dice e me lo toglie dalle mani.

Inarco le sopracciglia scettico, per nascondere un leggero divertimento che si trasforma in uno strano senso di calore quando mi rendo conto che si sta preoccupando per me. «Non puoi dirmi cosa fare» ribatto.

«Davvero?» scocca la lingua contro il palato, mentre un sorriso ribelle le spunta sulle labbra. «L'ho appena fatto»

«Andiamocene» esclamo, senza smettere di guardarla.

«Eh? Andiamo dove?»

«So che voi restare qui tanto quanto me, ti si legge in faccia, quindi andiamo via»

«Punto primo» solleva un dito con fare autoritario. «La mia faccia è un pezzo di marmo e non ci si legge proprio un bel niente, punto secondo, se ce ne andiamo se ne accorgeranno»

«Ne sei sicura? Guardali, sono troppo impegnati ad urlarsi addosso per fare caso a noi»

Noto un lampo di indecisione balenarle in viso, e so che se non agisco adesso niente, neanche in esplosione di caccabombe, le farà più alzare il sedere da quella sedia.

«Se vieni con me ti farò vedere il mio tatuaggio segreto» sogghigno e mento, perché ho stuzzicato il suo interesse.

Sbuffa una risata. «Malfoy, tu non hai un tatuaggio segreto»‌

«Seguimi e scoprilo»

•••
Rose

Mi stringo al braccio di Scorpius con entrambe le mani per non rischiare di inciampare nel vestito o scivolare sui gradini ghiacciati. La mia tempia gli sfiora la spalla fasciata dall'elegante cappotto pesante; sento il calore del suo corpo così vicino al mio e il fatto che io non provi nessun impulso assassino nei suoi confronti, se non quello di avvicinarmi a lui ancora di più, mi spaventa da morire.

So che dovrei osservarmi attorno con stupore, perché il giardino innevato in cui mi ha portata sembra uscito direttamente da un libro delle favole; non trovo parole oltre magico per poterlo descrivere. Tuttavia non mi perdo ad ammirare i rampicanti che risalgono lungo la fontana di marmo incantata, o la luminosa serra di vetro attraverso la quale intravedo un'infinità di piante colorate, ma bensì sollevo lo sguardo su di lui. I suoi capelli sembrano ancora più chiari sotto la luce della luna.

Ed è adesso che mi perdo: con il viso sollevato sotto una cascata di stelle, a fissare il profilo statuario di Scorpius.

Ci guardiamo per un attimo troppo fugace prima di distogliere entrambi lo sguardo.

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