13. Giro in cucina

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24 dicembre, 00:34 am

Ci sono delle stanze al Manor che sono sempre chiuse, le porte si erigono alte e sono sbarrate da incantesimi. Non ci sono mai entrato, non me l'hanno mai permesso e io, d'altro canto, non sono mai stato intenzionato a metterci piede. Il fatto è che nei volumi di "storia della magia moderna" sono descritte così dettagliatamente, che mi basta sfogliare il mio libro di scuola per avere un'idea di cosa ci sia, ma soprattutto, su che cosa sia accaduto lì dentro.

Se mi concentro riesco ancora ad avvertire gli sguardi disgustati dei mei compagni sulla pelle, mentre il professor Ruff legge ad alta voce le testimonianze stampate su carta. Erano le lezioni che odiavo di più in assoluto.

Mio padre non ne parla mai, perché d'altronde le storie sulla famiglia Malfoy non sono quel genere di racconti fantastici o anche solo piacevoli, che si narrano duranti i pranzi. Non conosco aneddoti divertenti sull'adolescenza dei miei genitori: mia madre è morta prima che potesse parlarmi davvero di lei, e mio padre ha vissuto nel terrore fino alla sconfitta di Voldemort. Tutto ciò che so l'ho letto nei libri.

A volte ci penso e mi rendo conto che è triste. Quando lancio un'occhiata alla casa in cui vivo, alle cose che possiedo, alla mia famiglia, persino quando mi guardo allo specchio, provo un freddo incredibile, un gelo che avvolge e distrugge il cuore.

Poi vedo Albus e tutti i Weasley-Potter e fa ancora più male, perché loro sono avvolti in una bolla di calore e d'amore che io posso solo percepire vagamente da lontano. Mi mostrano quello che avrei potuto avere se mio nonno non fosse stato un Mangiamorte.

Ho le palpebre pesanti ma non voglio dormire, nella mia testa ronzano troppi pensieri insistenti. So che se mi addormentassi sognerei la vita che svanisce velocemente, troppo velocemente, dalle iridi verdi di mia madre - l'unica persona che sia mai stata in grado di farmi sentire al sicuro dall'orrore del mio cognome - come ogni notte in cui mi sento troppo solo e freddo da quando se n'è andata.

•••
Rose

La vigilia di Natale è senza dubbio uno dei miei periodi preferiti dell'anno. Non solo per via dei regali colorati ammucchiati sotto l'albero - che poi, alla fine, si rivelano essere sempre i soliti maglioni fatti a mano o calzini ricamati, identici per ogni membro della famiglia - ma anche per l'atmosfera gioiosa e il cibo. A dire la verità il cibo è l'unico motivo che mi fa alzare dal letto presto, se le undici possono essere considerate tali, e scendere in cucina con un sorriso. Sorriso che spaventa persino me, visto che solitamente dopo essermi svegliata non faccio altro che ringhiare a chiunque mi parli come un cane rabbioso.

Osservo, seduta scompostamente su uno sgabello, nonna Molly mentre inforna qualcosa dall'odore tremendamente buono. L'elfo domestico dei Malfoy, Wonka, la scruta con un cipiglio indignato ma al tempo stesso curioso. Immagino che non gli capiti tutti i giorni di vedersi soffiare il lavoro da un'arzilla nonnina in grembiule.

«Wonka può aiutare la signora?»

«Oh non preoccuparti caro, prendi un cornetto e rilassati»

Albus ruba l'ultimo biscotto rimasto - me lo strappa proprio dalle mani, l'idiota - facendo sparire il sorriso pacifico dalla mia faccia in un instante, perché non si gioca con il cibo di Rose Weasley: ora è guerra.

Il mio gomito gli finisce in mezzo alle costole con così tanta forza, che per poco non lo scaravento giù dallo sgabello.

«Nonna, hai visto cosa mi ha fatto?!»urla lagnando. Cade a terra di sua spontanea volontà con fare drammatico, ma almeno adesso il biscotto è di nuovo nelle mie mani, lo addento con forza fingendo che sia la sua faccia.

«Rose!» nonna Molly posa le mani sui fianchi, però lo so che non è davvero arrabbiata con me. «Non picchiare quel rammollito di tuo cugino» dice infatti, facendo evaporare il sogghigno vittorioso di Albus.

«Ehi! Ma non è giusto»

Di prima mattina il cervello di Al regredisce, portandolo a comportarsi come un bambino di cinque anni. (Sempre meglio di James, comunque, che fissa rissoso chiunque osi sfidare o commentare l'indecenza del suo abbigliamento - solitamente gironzola per casa in mutande - o dei suoi capelli da pazzo). Non mi stupisco affatto, perciò, quando mi lancia in pieno viso la sua ciabatta puzzolente.

Sono pronta a rovesciare il contenuto della mia tazza sul suo pigiamino blu, quando vengo distratta dai passi pesanti di qualcuno appena entrato in cucina. Si schiarisce la voce.

Scorpius è fermo sulla soglia, indossa una tuta dai toni scuri a contrasto con la pelle ed i capelli. Ci guarda con velato divertimento.

Abbasso la tazza perché non mi sento affatto dignitosa in questa posizione e Al si alza in piedi, sistemandosi l'orrenda maglietta dai disegni infantili che non si addice affatto al ragazzo tosto che sostiene di essere.

«Buongiorno principessa» erompe mio cugino, rifilandogli un'occhiata. «Dormito bene?»

Chiaramente no, è evidente e lo sappiamo tutti e tre. Le occhiaie viola che gli contornano gli occhi ne sono la prova schiacciante, pare quasi che abbia passato la notte in bianco.

«Una meraviglia, fiorellino» esclama, trattenendo uno sbadiglio. Prende posto su uno sgabello.

Arriccio il naso, fingendo disgusto. «Non sono pronta per i vostri scambi di battute zuccherose, mi sono appena alzata. Risparmiatemi questa tortura»

«Che c'è Rose, sei gelosa dell'amore tra me e Scorpy?»

«Talmente gelosa che inizierò a strapparmi i capelli»

Al scuote la testa divertito e Scorpius ride sommessamente, nascondendo le labbra dietro un bicchiere di caffè. Vorrei dirgli qualcosa, perché nonostante a volte mi piacerebbe strangolarlo a mani nude, provo una strana sensazione a vederlo ridotto così: è stanco e triste, anche se cerca di nasconderlo. Nessuno dovrebbe sentirsi in questo modo la vigilia di Natale.

Sono talmente presa a fissare il fondo della mia tazza, che non mi accorgo che Albus si sta avvicinando di soppiatto ai fornelli, sfoggiando la sua espressione più angelica. «Nonna posso prendere una fetta di torta?»

«Tesoro, provaci e ti spezzo le mani»

Ed è mentre lui è distratto che mi sporgo in avanti e sollevo lo sguardo, piantando gli occhi in quelli grigi di Scorpius. Alcuni ciuffi di capelli biondi gli ricadono arruffati sulla fronte e con questi abiti sembra meno irraggiungibile, più un normale ragazzo incasinato che una gelida statua di marmo. «La prossima volta, svegliami» dico piano.

Prima che possa rispondere, protestare o quant'altro, mi alzo in piedi, uscendo dalla cucina.

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