9. Puffi nel gelato

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La macchina che Lily ha tirato fuori dalla borsetta (la cui provenienza mi è ancora sconosciuta e su cui non ho affatto intenzione di indagare) è stata magicamente ingrandita con un incantesimo in modo da farci entrare tutti. Fisso fuori dal finestrino il paesaggio grigio e scolorito che mi scorre davanti agli occhi mentre ci dirigiamo verso il centro di Londra.

Ammetto che affidare la nostra giovane vita nelle mani di Fred è stato un errore - non che comunque avessimo molta scelta, l'idiota si è fiondato sul sedile del guidatore sedimentando lì le chiappe. Le ruote dell'auto continuano a frenare e stridere sull'asfalto e la situazione sta iniziando a farmi innervosire, soprattutto perché ho una spalla schiacciata contro la portiera, l'altra premuta contro quella micidialmente ossuta di Dominque e, davanti a me, la faccia di Cassie continua ad ammiccare in maniera indecente.

L'inferno è made in Weasley.

«Basta!» sbotto d'un tratto, quando il limite delle mia pazienza viene superato notando Lucy flirtare spudoratamente e senza dignità con uno Scorpius annoiato, e Hugo stendere alla cieca sulla sua palpebra una striscia di eye-liner spessa quanto un dito, rischiando di diventare orbo.

Avverto gli occhi di tutti incollati su di me, ma la musica di sottofondo mi fa sentire potente, come una regina in un video musicale.

«Fred, ferma la macchina» ordino.

«Cosa? Perché?» chiede confuso.

«Fermati e scendi»

«Oh Merlino» impreca, ma esegue il mio ordine.

James gli assesta una pacca su una spalla. La sua mano penzola fuori dal finestrino e la sigaretta che tiene tra le dita diventa sempre più corta. Il vento gli scombussola i capelli neri già arruffati di loro, sulle sue labbra aleggia il solito sorriso divertito che stona con la sua anima da pazzo e da ribelle. «Tranquillo Freddie, ti difendo io» dice mentre il motore si spegne.

Apro lo sportello, i piedi affondano nel nevischio. Arranco verso il posto di guida cercando di non scivolare sull'asfalto bagnato, prendo il suo posto e allaccio la cintura.

Ora va meglio.

«È ingiusto» si lamenta Fred mettendo il broncio.

Lo ignoro e parto.

Una volta mi sono rotta un braccio lanciandomi di fianco da un albero in giardino, perché provare l'ebrezza di cadere nel vuoto, anche se per pochi secondi, mi fa sentire come se stessi sfidando la vita, come se le stessi gridando di smettertela di impormi limiti. Si tratta di stupidità, probabilmente, io però la chiamo libertà. "Non farlo Rose" mi sento dire quando spingo troppo il piede sull'acceleratore della macchina, come in questo caso, se scendo con la scopa in picchiata verso il suolo, quando indosso gonne corte per il semplice gusto di sentirmi bella o ostento fiera il mio essere una donna indipendente, perché spavento gli uomini, li provoco.

Amare la vita, l'adrenalina che mi scorre nelle vene, non è un difetto, mi fa sentire completa. Solo che non capisco sempre quando la libertà si trasforma in pericolo, e ho paura di spingermi troppo oltre e non riuscire più a tornare indietro. Non so quando fermarmi.

Ora li sento gli occhi grigi che mi trafiggono la nuca, che mi chiedono perché lo fai? Ma senza giudicarmi.

***

Mi sento quasi in colpa ad ammetterlo ma devo farlo: il gelato mi disgusta. Insomma, oltre ad essere immangiabile, ibernarti il cervello e distruggerti i denti, non ha neanche senso. Perché le persone dovrebbero leccare una pappetta ghiacciata al gusto di puffo?

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