Prologo: un infausto inizio.
Mai accettare l'invito di un Ligure.
Pov. Maria Vittoria
♪Isse no se de fumikomu goorain bokura wa♪
‹‹Hey, ma che è 'sta roba?›› Francesca, la ragazza dai lunghi boccoli dorati che aveva posto la domanda, non ricevendo alcuna risposta, fu costretta a ripeterla una seconda volta, alzando sensibilmente il volume della propria voce.
♪Nanimo nanimo mada shiranu
Issen koete furikaeruto mō nai bokura wa♪‹‹Non ne ho idea, ma qualunque cosa sia deve estinguersi, ed in fretta! Sta coprendo la mia musica!›› a rispondere, Marta, una ragazza dai lunghi capelli color rosso fuoco (ovviamente tinti, anche se la proprietaria sosteneva che tale azione rispondesse al bisogno naturale e necessario¹ di fare pendant con il colore della propria moto).
‹‹Sì, che stai ascoltando con le mie casse!›› sbuffò la bionda, alquanto seccata. Non solo aveva monopolizzato il suo impianto stereo, come suo solito, senza manifestare la minima gratitudine, come suo solito, ma aveva anche il coraggio di atteggiarsi a proprietaria minacciata? Roba da matti! ‹‹E comunque sono abbastanza certa che sia la suoneria di un cellulare: mi sembra di sentire la vibrazione›› si ritrovò a riflettere con cipiglio corrucciato.
‹‹Musica? Quello schifo? Non ha un minimo di ritmo... e poi in che lingua sarebbe? Non si capisce niente!››
‹‹Non sei tu che fai il linguistico? E allora renditi utile e traduci!››
Marta passava il 70% del tempo a lamentarsi del fatto che la sua scuola era la più dura, il suo indirizzo il più difficile, la sua classe la più preparata, ed il restante 30% a tessere lodi ed innalzare inni al suo percorso d'eccellenza Esabac. (E poi, il liceo scientifico è il migliore, lo sanno tutti! nd: Francesca)
♪Nanimo nanimo mada shiranu
Udatte udatte udatteku
Kirameku ase ga koboreru no sa ...♪‹‹Oh, ma insomma, fatelo smettere! Lucia, belin, alza il c***o da quel c***o di divano e dacci una mano! urlò Marta, fissando con occhi spiritati l'amica che, incurante di tutta quella baraonda, se ne stava comodamente stravaccata sdraiata su un divanetto beige, dall'aria molto comoda. La rossa stava chiaramente entrando in modalità "possessione da mugugno genovese", e quella non era certamente una buona cosa, specie per chi/cosa si trovava nel raggio di 75 metri.
Lucia parve capire l'antifona, ragion per cui evitò di rispondere alle provocazioni della "geno-indemoniata" e si limitò ad alzare pigramente la testa dal morbido cuscino ed a gridare: ‹‹Maryyy! Ti suona il telefono››.
Il gatto, spaparanzato acciambellato sul suo ventre, drizzò orecchie e pelo, infastidito dalle voci stridule melodiose delle bestie fragili fanciulle che riecheggiavano nella piccola stanza (sommandosi, per altro, al campanello della magione, all'abbaiato dei tre cani da guardia, alla suoneria del telefonino e all'impianto stereo che sparava a mille la sigla della prima stagione delle Winx).
‹‹Solo un minuto, Lu›› rispose la diretta interessata, affaccendata ai fornelli nella stanza attigua.
‹‹Le ultime parole famose›› mormorò Lucia, ritenendo la scelta di alzare nuovamente la voce un inutile spreco di energia.
Dopo venti minuti, quindici chiamate perse e tredici sigle dei cartoni animati, si decise, finalmente, a degnare le altre della sua (ingombrante) presenza, comparendo da dietro la porta cigolante che separava il soggiorno dalla cucina. Maria Vittoria apparve in tutto il suo orrore splendore, oscurando la luce del caminetto con i suoi 164 centimetri di altezza, per 60 chili di larghezza. Il volto, arrossato dal calore delle fiamme (o dai foruncoli ricomparsi da sotto il fondo tinta, ormai sciolto, che la ragazza si ostinava ad applicare, nonostante fosse perfettamente consapevole che nemmeno cinque chili di stucco avrebbero potuto giovare alla sua causa), era incorniciato da una cascata di boccoli scuri resi, se possibile, ancora più ispidi dal vapore. Gli occhi verdi, l'unico punto di forza della ragazza, insieme alle labbra carnose, erano sormontati da sue sopracciglia che, se non potate regolarmente almeno una volta alla settimana, andavano a riassumere la loro conformazione naturale: il monociglio alla meridionale. "Suo padre con la parrucca", la definivano gli abitanti del paesino, descrizione a cui Maria Vittoria si sentiva in dovere di aggiungere "e un paio di poppe così grosse, che sembrano due pentoloni"², citando il Boccaccio (seppur utilizzando una similitudine un po' più "poetica" di quella utilizzata dallo scrittore). Per chi pensasse che avere una sesta di reggiseno potesse essere un buon compenso per l'assenza di bellezza, grazia e fortuna nella sua vita, bisogna sottolineare la scomodità ed i numerosi problemi "tecnici" che tale taglia causa nella pratica sportiva, specie per chi, come lei, aveva fatto delle arti marziali la sua unica di ragione di vita. Non passava mai lezione, senza che il suo istruttore non infierisse sulla sua già esigua autostima, lanciandole frecciatine del tipo: "Sai come mai le donne asiatiche sono state le prime a poter combattere? Perché hanno i capelli lisci e sono piatte".
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Una nerd, tre liguri e un mare di guai!
FanfictionQuattro ragazze trovano, per caso, un passaggio che collega il loro mondo a quello di certi pirati di nostra conoscenza e, ben presto, si renderanno conto che, forse, la Disney non ha raccontato proprio tutto... ***** Tratto dalla storia: "Allora è...