16. PROBLEMI

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Passammo il pomeriggio sdraiate sul letto a parlare e scherzare, era così piacevole. Mi sarebbe piaciuto passare tutti i giorni in questo modo, non avendo preoccupazioni o stando dietro alle pretese dei miei genitori. 

"sai, stavo pensando, che tra pochi mesi finirò la scuola e non so se ripeterò l'anno o meno" sospirò "mi piacerebbe essere ancora in classe insieme ma... vorrei anche poter fare quello che voglio" "e allora metticela tutta e studia, devi dimostrare al preside e ai professori che sei degna di avere un diploma" dissi convinta "la fai facile, ma ho perso molti mesi a causa di quello" "mi vuoi spiegare perchè sei finita dentro? Onestamente non credo alle voci in giro" si irrigidì "adesso no, non voglio rovinare la giornata" "a proposito che ore sono?" prese il cellulare sul comodino "quasi le otto" mi alzai di fretta dal letto "qualcosa non va?" chiese preoccupata "no, è che se mangio poco prima di andare a letto sto male" alzò il sopracciglio "a che ora intendevi andare a letto?" "di solito alle nove" scoppiò a ridere "quanti anni hai? sei?" "non prendermi in giro" mi lamentai, lei gattonò sul letto come una pantera avvicinandosi a me "tu lo sa che con me non dormirai?" "ma domani abbiamo scuola" scese dal letto e si posizionò davanti a me, si avvicinò, i nostri nasi potevano toccarsi "e tu lo sai che non mi interessa?" e mi ributtò sul letto, sdraiandosi sopra di me. Iniziò a leccarmi il collo e a lasciare dei piccoli morsi, gemetti sorpresa. "dai, non adesso" non si staccò dal mio collo "lo so che lo vuoi anche te infondo" soffiò e infilò le sue mani fredde sotto la mia maglietta, urlai "già urli? non sono ancora arrivata alla parte interessante" ammiccò "hai le mani fredde" arrossì. Le presi il viso e la baciai. Aveva ragione, volevo anch'io quel contatto, ma non ero ancora pronta. Di sorpresa la spinsi di lato e mi alzai dal letto "scusa?" alzò un sopracciglio, sembrava quasi un tic talmente tante volte lo faceva "ho fame" e uscii dalla camera. 

 Aprii il frigo trovandolo vuoto "ma cosa mangia questa?" borbottai. Mi girai per ritornare in camera e chiedergli dove era il cibo, e me la ritrovai dietro appoggiata al tavolo che mi osservava "guarda nell'armadietto sopra la tua testa", lo aprì e trovai delle scatolette di tonno e del pane a fette, li presi e li buttai sul tavolo  "tutto qui?" "sono ritornata ieri, non sapevo neanche se mi avessero lasciato la casa, la spesa è il minore dei mali" era seria "in che senso?" "nel senso che non sono affari tuoi" mi rispose fredda, adesso rivedevo al vecchia lei "va bene, non dirmelo" dissi offesa.  Fece per dire qualcosa ma improvvisamente il suo cellulare squillò e si alzò ritornando in camera per risponde. Io intanto aprì le scatolette di tonno e iniziai a cercare delle posate. "sopra il lavandino" era ritornata "non sai cosa cerco" "tu apri e basta" sbuffando aprì lo sportello e trovai le posate.  Mi sedetti al tavolo e feci un panino, lei mi osservava sullo stipite della  porta. "domani, non verrò a scuola" quasi mi strozzai, speravo che non scappasse come l'ultima volta "vado a trovare una persona" mi fissò "perchè ti sei offesa?" "non sono offesa" non la guardai " senti; io mi fido di te ma certe cose sono problemi miei, che tu non potresti capire e inoltre non voglio crearti problemi solo perchè sono i miei. Capisci quello che intendo?" "si" sospirai "ma non è una buona scusa. conosco bene questo tuo lato, tu tieni a nascondere i tuoi problemi, perchè hai paura di essere abbandonata, e sai perchè lo so così bene?" non le diedi il tempo di rispondere "perchè lo faccio anch'io. I miei problemi, magari in confronto ai tuoi non sono niente, ma per me sono importanti. Io ancora faccio fatica ad accettare chi sono e non posso dirlo ai miei genitori se no mi caccerebbero di casa e non voglio, questo problema posso affrontarlo da sola, ma i tuoi, i tuoi sono troppo grandi per essere affrontati da una sola persona". Avevo la gola bloccata a pensare ai miei genitori che mi odiavano "io... io vorrei che tu ti fidassi di me" mi scese una lacrima, perchè piangevo? Lei si avvicinò, spostò la sedia sulla quale ero seduta e si accovacciò tra le mie gambe. "ehy, guardami negli occhi" disse dolce, asciugandomi le lacrime "io mi fido di te, sei l'unica persona di cui potrei fidarmi adesso. So che è difficile la mia situazione, ma è ancora peggio di quello che sembra. Ogni settimana devo andare in un ufficio per dimostrare di star facendo qualcosa e di non ritornare sulla vecchia via. Mentre studio devo lavorare, perchè altrimenti non posso pagare questa casa. Io ti amo Viola, ma adesso non posso avere una vita normale, capisci? " sorrise dolcemente, l'abbracciai  buttandomi su di lei e finendo a terra. 

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