Confessioni ✔︎

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Dovevo schiarirmi i pensieri, avevo troppo la testa incasinata. Perché mi ha baciata? A quale scopo?

Dopo che tutti i bimbi sperduti stavano dormendo, uscii dalla tenda che Peter aveva fatto costruire per me, se fosse stato per me avrei subito contraddetto ma il sapere che alcuni ragazzi non vedevano una ragazza da secoli, e cosa avrebbero potuto fare o pensare di fare, mi metteva i brividi così senza fiatare dissi di sì.

Stavo camminando da una mezz'oretta, cercando di mettere un muro tra me e i miei pensieri, dovevano stare lontani da me, almeno perora. Troppe cose insieme, non riesco a pensare e faccio quello che mi viene, cioè correre e sentire i rami sfiorare la mia pelle olivastra lasciando anche dei piccoli taglietti. La frustrazione del non poter agire, di essere bloccata in un posto immaginario, o almeno così pensavo qualche giorno fa. Mi sta divorando.
Vorrei piangere, ma il mio orgoglio non me lo permette, il mio essere forte e poi dentro essere come un cane bastonato, ferito in ogni modo, rifiutata dalla persona che dovrebbe essere la mia famiglia ormai divisa per sempre. Mio padre.

Una lacrima solitaria mi scese e mi sentii come se ad un momento all'altro potrei scoppiare. Vorrei urlare!

Non ebbi neanche il tempo di formulare altri pensieri che un urlo mi arrivò alle orecchie.

Non era un urlo di sofferenza ma di frustrazione.
Cercai di addentrarmi nella foresta e seguire quel suono poco gradevole.
Ogni secondo che mi avvicinavo analizai bene ogni singolo rumore, erano gridi alcuni forti alcuni meno, con dei singhiozzi.

Camminavo da 12 minuti, credo. Finché scrutai una figura, con le gambe al petto e le mani sulla testa. Era l'unica persona che non avrei mai immaginato di vedere in questo stato.
Peter.

Era seduto a terra, con le gambe vicino al petto e le mani che si stringevano sui capelli ormai scompigliati.
La sua pelle brillava dal sudore e i suoi occhi erano rossi e gonfi, e numerevoli lacrime rigavano quelle guance rosee. Un viso perfetto finito in queste condizioni non è un bello spettacolo. Non avrei mai pensato di dirlo ma è un bel ragazzo. Anche se ora sembra un pazzo nel bel mezzo di un attacco di panico.

Tentennai se andare o meno, ma mandai a quel paese il mio istinto e mi avvicinai a lui con calma.

Sentendo dei passi il ragazzo alzò il capo e scrutó la figura dinanzi a lui. La ragazza che gli aveva fatto battere il cuore dalla prima volta che la vide, ma il suo orgoglio gli impedì di confessarlo a sé stesso e tanto meno alla ragazza in questione.

«Peter... Perché piangi?»

Dissi sperando che riuscisse a rispondermi, ma ottenni solo un singhiozzo. Così mi avvicinai e mi sdraiai accanto a lui, lo guardai per un attimo e poi rivolsi la mia attenzione alle stelle.

«sai non so cosa tu abbia ma ti dico una cosa, le vedi quelle stelle?»

Dissi indicando il cielo pieno di puntini luccicanti, lui in tutta risposta annuì.

«quelle sono tutte le possibilità che gli uomini hanno avuto e che hanno buttato come spazzatura... Tra quelle ci sono anche i miei peccati, i peccati di una vita  e tutte le cose che sono successe a tutte le persone... Tutti sbagliano... Altri senza volerlo... Altri invece apposta fanno soffrire persone che non si meritano il male... Secondo te, tra quali di queste persone ci sei tu?»

«tra quelle... Cattive.»


«perché? Non sei cattivo!»

«invece si ho fatto cose orribili.... Ho... Ucciso mio padre... Stava per farmi del male e.... Mi sono ribellato e lui... È morto»


Disse tra un singhiozzo e l'altro pronunciando l'ultima parola con tono piatto.

«ho ucciso un paese per la rabbia.... Non riesco a controllare i miei poteri quando sto così... Io... Non volevo..»

«allora Peter non sei cattivo...»

«ah no! E che cosa sono buono?»

Disse con il suo solito tono sarcastico, con un sopracciglio alzato. Intanto mentre parlava si distese accanto a me con le braccia legate dietro la testa.

«Tu non sei cattivo, sei solo una persona buona a cui sono succese cose brutte.»

I nostri occhi si incontrarono nel buio della notte, i suoi brillavano, un verde che amo tanto.

«tu non meritavi il male che ti ha afflitto la vita..»

«tante persone soffrono senza meritarselo, e così che va il mondo, anche se ingiusto va così.»

Sospirai e rivolsi uno sguardo d'intesa al ragazzo accanto a me.

«Ma questo non cambia il fatto che tu mi abbia aiutata. Anche se non riesco ad ammetterlo a me stessa, lo ammetto a te. Tu mi hai salvata, da una vita che sicuramente  sarebbe finita a breve, o per colpa di mio padre o per colpa mia.... Quello che voglio dire è che una persona cattiva, non avrebbe mai aiutato una persona. Anzi l'avrebbe fatta soffrire ancora di più.»

Dopo di ciò mi alzai da terra e cominciai a spazzolarmi i pantaloni sporchi di terriccio.

«rimani con me, ti prego!»

Disse quasi con voce supplichevole. Rimasi stranita dalla sua richiesta ma questa volta, non diedi né conto al mio istinto né alla mia coscienza ma solo al mio cuore, che mi diceva di rimanere. Così mi distesi con lui e guardai per vari secondi le stelle finché i miei occhi si fecero pesanti.

Sentii un braccio cingermi la vita e avvicinarmi di più a sé. E un fiato caldo sul collo che mi fece calmare e scomparire tutti i miei pensieri dalla testa. Mi addormentai con la consapevolezza di aver visto il lato vulnerabile di Peter, mi ha dato il potere di fargli ancora più male, ma non lo feci e non lo avrei mai fatto sia chiaro. Per lui era una prova, doveva vedere se poteva fidarsi di me.
È una persona che è stata giudicata tutta la vita e che ora si sente uno straccio dentro anche se fuori finge di essere il masso più duro del pianeta.

«𝐓𝐡𝐞 𝐍𝐞𝐯𝐞𝐫𝐥𝐚𝐧𝐝 𝐏𝐚𝐧» 𝑜𝑢𝑎𝑡Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora