Tre

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Ginevra's Pov

Erano passati due giorni da quando ero entrata in quella struttura. Non mi sarei mai ambientata lì.

<Tu devi essere Ginevra> disse una voce dietro di me.

Un ragazzo dai capelli rosa mi stava squadrando da capo a piedi.

<Sai mio padre mi ha parlato molto di te> continuò.

Ero pronta a scommettere che fosse il figlio di Gyan Cinquedea. Stessi capelli, stesso ghigno strafottente e stessa capacità di farsi odiare in due secondi.

<Ti ha descritto come una che non parla mai> sorrise <Sai, a me quelle che non parlano, piacciono molto>

Alzai gli occhi al cielo.

<Mio padre ha anche detto che sei veramente carina, ma io direi che tu sei più che carina, figa, come si suol dire in questi casi>
<Tuo padre ti ha anche detto che qui dentro mi state tutti sul cazzo?> sbottai andando via.

Mi chiusi nella mia camera, immersa in un silenzio assoluto. Questo stato di quiete però, venne interrotto dall'entrata di mio padre.

<Mi spieghi che ti passa per la mente?!> mi urlò contro.

Non alzai gli occhi dal mio cellulare.

<Guardami, Ginevra!> urlò di nuovo.

Ma non accennavo a spostare lo sguardo su di lui.

<Adesso basta!>

Si avvicinò a me, mi prese furibondo il cellulare dalle mani e poi lo lanciò contro il muro.

<Cosa diavolo fai?!> questa volta fui io a urlare.

Feci per alzarmi e vedere se il cellulare funzionava ancora, ma mio padre mi bloccò.

<Non ti azzardare a fare un altro passo> scandì bene le parole mentre incatenava i suoi occhi taglienti ai miei.

Cercai di distogliere lo sguardo.

<Guardami quando ti parlo>
<Non voglio parlare con te>
<Sarò io a parlare, non tu. Domani andremo sull'isola Imperiale, non voglio sentire una parola al riguardo, e voglio che tu eviti di metterti nei guai>
<Va bene> alzai gli occhi al cielo.

Il giorno dopo

Salii su un elicottero con mio padre, mentre Austin sarebbe rimasto a Tokyo.

<Signor Zabel, siamo arrivati>

Mio padre si alzò dal sedile e scese le scalette, seguì un servitore senza neanche aspettarmi.
Io seguii un altro servitore, che mi fece salire su una specie di scala mobile che ci avrebbe condotto all'interno di un palazzo.
Mentre ero su quella scala mobile, mi sporsi di sotto e vidi uno scenario impressionante. C'erano tanti campi da calcio, di grandezza ridotta, distrutti. Solo uno era usato, c'era un uomo, tozzo e vestito di rosa, e poi per terra c'era un ragazzo, della mia età. Era sfinito, ma poi si alzò e dalle sue spalle comparve una figura enorme. Non riuscì a sentire bene le sue parole, ma capì qualcosa tipo "Lancelot". Poi cadde di nuovo a terra, ma quando alzò il viso dal suolo, i nostri occhi si incontrarono.
Mai avrei pensato che quegli occhi avrebbero potuto farmi vivere di nuovo.

Just you and I ~sequel~Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora