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(REVISIONATO)

Mi svegliai prima che lo facesse lei.

Guardarla dormire sarebbe diventato presto la miglior azione che potessi fare durante la giornata, soprattutto se il suo volto era appoggiato sul mio torace e la sua chioma bionda si distendeva lungo le sue spalle e la schiena, solleticandomi i fianchi.

A quel punto capii che non mi sarei potuto muovere senza averla almeno svegliata, ma non mi preoccupai. 

Finché quell'espressione corrucciata, con il naso arricciato e le labbra increspate in un misero sorrisetto, le decorava il viso io non mi sarei spostato nemmeno di un millimetro.

Erano le nove di mattina e il Sole era alto fuori da quella casa, lo si capiva soprattutto dalla luce che entrava dalla mia finestra e che puntava contro il fondo del letto e quindi non disturbava il suo sonno. Mi allungai appena per prendere il telefono sul comodino e scossi la testa quando vidi il messaggio di Wil.

"Non stressarti troppo a guardarla, potresti sciuparla oltretutto" come se facessero ridere le sue fantastiche battutone, visualizzai ma decisi di non rispondere. Quel piccolo bastardo mi avrebbe sentito quella sera, non poteva sfuggirmi.

Poi, neanche ebbi il tempo di riappoggiare il telefono sul comodino, che una musichetta spagnola a tutto volume inondò la mia abitazione e mi fece corrugare la fronte. 

Che cazzo succedeva in casa mia? Cercai di sollevare la testa della biondina senza destarla dal sonno, ma ci aveva già pensato la melodia a svegliarla.

Scesi dal letto, vagai alla ricerca della provenienza di quella strana musica spacca timpani e poi ritornai indietro. Lei era seduta sul mio letto, si stropicciava gli occhi mentre accennava un sorrisetto. «Adam.» disse soltanto, coprendosi la bocca per lo sbadiglio. «L'altro giorno, quando è venuto qui, ha impostato tipo una sveglia.» mi portai la mano alla fronte, poi la osservai mentre si alzava dal materasso e si sgranchiva le ossa. «Si spegne da sola, o almeno così ha fatto ieri.» borbottai qualcosa mentre lei mi sorpassava per entrare in bagno.

«Quel cretino adesso mi sentirà. Cosa gli passa per la testa?» raggiunsi la cucina e mi appoggiai i palmi sulle orecchie per coprire il frastuono di quella canzone, che di sicuro non era male ma non alle nove del mattino. «Se lo prendo, lo smonto.» prima di tirare fuori qualcosa dal frigo o di mettermi a cucinare per preparare la colazione, Allyson comparì con l'aria stramortita e la fronte corrucciata davanti all'isola della cucina.

«Che ci fai qui? Sono le nove.» per poco non le scoppiai a ridere in faccia. Guarda da dove arrivava la predica, era da una settimana che non si presentava a lezione. «Dovresti essere a scuola.» mi passai la mano sul viso e mi resi conto dell'accenno di barbetta che mi stava crescendo.

«Mi sono preso un giorno di ferie, si può fare eh.» mi voltai verso la cucina bianco panna e nera e aprii i vari mobili per trovare tutti gli ingredienti necessari per fare dei pancake. Erano la ricetta che sapevo fare meglio, se non l'unica tra i dolci. «Tu ti sei presa o no tutta la settimana? È un nostro diritto.»

Alzò gli angoli della bocca e finalmente mi accorsi che sua madre aveva avuto ragione. 

Le era servito del tempo, per elaborare il lutto e pensare a come sarebbe andata avanti la sua vita senza quella del suo migliore amico, ma poi sarebbe tornata quella di sempre.

E lì, con i miei vestiti addosso che le ricadevano lenti lungo il corpo sinuoso, in piedi sulla soglia della porta mentre mi guardava esasperata sembrava la cosa più bella che potessi mai aver avuto nella vita. 

«Devo ammettere che quelle cose stanno meglio a me, che a te.» la stuzzicai.

Alzò gli occhi al cielo e finalmente la musica si interruppe, lei indicò il corridoio e poi scrollò le spalle. Okay, lei ed Adam non me la raccontavano giusta e non sapevo se il rapporto che stavano creando in quei giorni sarebbe equivalso ad un'esplosione oppure al nulla totale.

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