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(REVISIONATO)

 I NOAH'S POV  I

Mi sedetti sulla panchina a bordo campo, stremato da quell'allenamento troppo intensivo a cui il coach ci aveva obbligato.

Theo per poco non svenne a terra davanti a tutti dai battiti del cuore troppo accelerati. Ero sicuro gli sarebbe presto venuto un infarto se il coach avesse continuato a farci allenare mattina e pomeriggio in quel modo.

Mi asciugai il sudore con l'orlo della maglietta che indossavo, poi lanciai uno sguardo a Wil che scosse la testa ma si alzò e raggiunse Carter per parlare degli schemi da mettere in pratica per la prossima recente partita. 

Mason rimase tramortito sulla panchina con una borraccia di acqua gelida sopra la fronte e le guance rosse dal calore che il sudore gli aveva portato. «Coach, non si può più così.» si lamentò subito dopo. «Dovrebbe darsi una calmata.» riuscì a dire tra un sospiro e l'altro.

«Pappamolle.» alzai gli occhi al cielo, nervoso per quel nomignolo assolutamente falso. «Voi volete vincere il campionato, ma non volete faticare. Non è così che si sistemano le cose, dovete sudare per raggiungere i risultati che cercate.» Bryan lo contraddisse con un grugnito di dolore mentre mi lanciò per l'ultima volta l'ultima palla, annuii perché ero pienamente d'accordo con i miei amici.

«Col cazzo.» tuonai. «Ci alleniamo da mesi per quattro ore al giorno, svegliandoci insieme ai galli, e non ci siamo mai lamentati. Io non riesco più nemmeno a guidare dal dolore che sento in corpo ogni volta che contraggo un muscolo.»

«A me non mi si alza più coach, cosa dovrei dire?» scoppiammo tutti a ridere a quella rivelazione, mentre il coach ci guardò male. 

Beh, quello non era un problema che riscontravo anche io. Mi bastava anche solo pensare a quella bambolina bionda che il mio corpo reagiva di conseguenza anche da solo. Una delle tante prove era la biblioteca la settimana prima.

E fortuna che poi mi aveva obbligato a non darle più allenamenti di basket perché quando si presentava con quelle magliette attillate e quello sguardo colmo di sfida mi faceva eccitare fin da subito e la cosa, per me, non andava bene visto che poi mi lasciava prosciugato.

Rientrammo negli spogliatoi dopo aver assistito alla ramanzina fatta dal coach e poi ci infilammo tre alla volta sotto le docce degli spogliatoi maschili. 

Quando l'acqua calda scivolò lungo il mio corpo, mi beai di quella sensazione di piacere ma subito mi ripresi. Finii di sistemarmi, spruzzando il mio solito profumo, mentre ascoltavo le varie conversazioni tra i miei compagni di squadra. Alcuni parlavano di ragazze, altri invece di sport, i restanti al contrario sembravano già eccitati al pensiero della prossima festa.

Spalancai la porta della stanza, salutando i miei amici e aspettando che Wil mi raggiungesse.

«Che pensi?» scrollai le spalle, puntando il corridoio davanti ai miei occhi. «Ti vedo distante in questi giorni, che succede?» spostai la mia attenzione sul volto corrucciato del mio migliore amico e accennai un mezzo sorriso.

«Pensieri per la testa.» non mi fece altre domande, capì che non avrei detto altro se non il minimo indispensabile. E sapevo che William Smith era una becera di prima categoria e avrebbe voluto sapere tutto di ciò che mi frullava in testa. Ma come avrei fatto a dirgli che l'unico mio pensiero fisso era quella biondina tutta sorrisi e sfide? Come potevo fargli capire cosa mi succedeva se lui non lo aveva mai provato con nessuna? Come mi sarei fatto capire se nemmeno io ero in grado di dargli un nome?

«Ti aspetto a casa?» scossi la testa, fermandomi al mio armadietto per prendere un libro.

«No, penso di poter ritornare a casa.» mi lanciò uno sguardo di preoccupazione e io scrollai e spalle. «Lo sai che al massimo ti darò uno squillo se dovrai prepararmi la camera.» mi diede una pacca sulla spalla.

Per Sempre TuaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora