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(REVISIONATO)

«Basta.» corrugai la fronte, fermando la forchetta a mezz'aria. «Ho deciso che quest'estate andrò in Italia e nessuno potrà farmi cambiare idea.» tornai a mangiare. «Ci sarei dovuta andare a Natale, ma mio fratello è un tale rompiscatole.»

«A questo punto, fortuna che sono figlia unica.» Alay sghignazzò.

«Insomma, è da anni che sogno i bei ragazzi italiani.» alzai gli occhi al cielo, guardandomi intorno quando la mensa iniziò a riempirsi. «E poi lì sono tutti così alla moda.» sorrisi, annuendo.

Non ero mai stata in Italia, ne avevo solo visto delle foto e non si poteva dire che non fosse bella. Purtroppo però non ero abituata a viaggiare spesso, anche se lo amavo, e Miami francamente era stato il mio primo viaggio in aereo.

«Ma se non sai nemmeno la loro lingua.» Eva, stizzita, si alzò e raggiunse il bancone della mensa per riempirsi il vassoio rosso.

«Mia madre ha contrattato, sei obbligata a venire alla cena di famiglia.»

«Che vuol dire 'ha contrattato'?» chiesi, leccandomi le labbra per togliermi il sugo residuo.

«Che se non mi presento insieme a te alla cena o se tu non ti presenti, mi toglie qualsiasi cosa e io ho bisogno della mia camera Dio.» sghignazzai, mettendo da parte il suo monologo su quanto la sua stanza fosse importante per la sua personalità quando dalle porte fece il suo ingresso il cugino.

Indossava un jeans nero che gli ricadeva largo lungo le gambe toniche e una felpa azzurra con una scritta in giallo ocra, il suo outfit era poi arricchito da un cappello nero con la visiera che gli copriva lo sguardo incantatore e un evidente orecchino nero a forma di croce.

Wil lo spintonò in modo scherzoso, facendolo finire contro Bryan che ricambiò il gesto. Noah afferrò il colletto della maglietta dell'amico castano e poi fece finta di colpirlo con un pugno sulla guancia, Wil lo tirò indietro ma poi vide le risate di entrambi e si tranquillizzò.

«Io vado.» spinsi il vassoio - qualche minuto più tardi - verso Alay che smise di parlare, arraffai le mie cose sparse attorno al mio posto e poi le mandai un bacio per poi uscire dalla mensa.

Raggiunsi presto il mio armadietto, restai a guardare il mio libro e poi mi decisi a raggiungere la biblioteca della scuola. Presi posto sulla mia solita poltrona verde, studiando per qualche minuto il ragazzo alle mie spalle che non faceva altro che alzare lo sguardo preoccupato.

«Stasera ci sarà la prima partita del campionato contro la South.» sussurrò al telefono, nascondendosi dietro il computer che aveva di fronte. «Ho studiato Logan nelle ultime settimane e sembra essere sempre innervosito, l'altro giorno ha spaccato il naso al tight-end avversario.»

Logan Anderson, meglio conosciuto come running back della South, era un tipetto dal fisico asciutto e senza dubbio invidiabile. La sua aura in campo da arrogante e narciso veniva, fuori dal campo, gettata a terra dal suo carattere solare e spiritoso. O almeno era così che lo dipingevano coloro che lo avevano incontrato.

Certo non era il principe azzurro delle favole - tirava certi ganci destri anche lui che facevano venire i brividi - ma non si poteva dire fosse brutto, o che non ci avresti mai fatto un pensierino. Gli occhi verdi, i capelli mori e i lineamenti marcati abbindolavano qualsiasi ragazza che lui volesse.

Non l'avevo nemmeno mai incontrato in giro per la città, girava voce che non fosse un amante delle compagnie. Era il motivo principale per il quale non avevo chissà quante notizie sul suo conto e non ero stata in grado di definire uno schema ben predisposto nella mia mente.

«Va bene, ti richiamo se so qualcosa.» lo avevo riconosciuto quel ragazzo: era uno dei tirapiedi di Noah del primo anno che per salire di popolarità lo aiutava a tenere il controllo della sua scuola e delle partite da giocare il venerdì sera.

Per Sempre TuaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora