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(REVISIONATO)

I ALLYSON'S POV  I

Svegliarmi era diventato così difficile dall'ultima volta che, aprendo gli occhi su un materasso, avevo un sorriso abbozzato sul volto e gli occhi innamorati.

Nonostante tutto mi tirai su, legando i capelli corti in una coda bassa.

Ebbene sì, li avevo tagliati. Decisione drastica. 

Avevo donato trenta centimetri per la fabbricazione di parrucche per malati oncologici appena tornata a Los Angeles e non mi ero sentita mai così fiera di una scelta istintiva, nonostante le lamentele di Alay ed Eva.

Indossai i primi vestiti che trovai nell'armadio e non mi guardai nemmeno allo specchio quando uscii di casa per raggiungere la scuola in uno degli ultimi giorni di lezioni. 

Avevamo recentemente vinto il campionato di football, sconfiggendo la South State High School in finale con un vantaggio di ben dieci touchdown, eppure non avevo festeggiato. Ero rimasta a casa mia, immersa sotto le copertone del letto a papparmi l'ultimo libro acquistato dalla prima libreria vicino casa. 

Insomma... non la mia serata migliore d'altronde.

«Mamma mia ragazza, avresti bisogno di uno specchio.» mi prese in giro Eva, alzando un sopracciglio e guardando il mio magnifico outfit. 

Scrollai le spalle e spalancai l'armadietto, sprofondando la testa all'interno per non sentire le occhiate dei miei coetanei.

«Erano gli unici disponibili, il resto era tutto a lavare.» mentii, infilando dentro la scatola in metallo alcuni libri e afferrando quello di inglese. «Non è colpa mia se mia madre sente la puzza in tutti i miei capi d'abbigliamento.» quella era una mezza verità, a discapito mio.

«Per forza, ricordando le condizioni di camera tua.» alzai gli occhi al cielo e la guardai mentre si appoggiava con la schiena contro l'armadietto di Alay. «Da quanto tempo è che non la sistemi?» sorrisi leggermente.

«Mah, non così tanto.» sorseggiai il cappuccino che avevo preso al bar accanto alla scuola. «Due mesi forse?» Eva si lasciò andare ad un'occhiataccia di richiamo, eppure a me non interessava chissà quanto. In realtà non mi interessava poi molto di ciò che succedeva attorno a me e nella mia vita da quando era diventata piatta e monotona.

Insomma, era ritornata quella dell'anno prima. Nulla che mi preoccupava, avevo vissuto bene. In solitudine, però almeno avevo vissuto.

«Sai che il mondo non si è fermato a Sacramento e che la tua vita va avanti?» chiusi l'anta e iniziai a percorrere i grandi corridoi, cercando di non scontrarmi contro i miei compagni di scuola. «Non esci più da due mesi, ti ricordo che lui non spunta come un fungo.»

«Non dirlo troppo forte.» mi girai, facendo quelle poche falcate all'indietro. «Qui le cose strane stranamente succedono in un battito di ciglia.» la lasciai, mandandole un bacio volante per entrare all'interno della mia classe.

Passai le prime ore ad ascoltare annoiata i professori mentre cercavano di trovare argomenti divertenti da portare ai propri alunni negli ultimi giorni di scuola. Mi facevano quasi pena, tutti così preoccupati di fare bella impressione su di noi quando nessuno li ascoltava realmente ultimamente.

Uscii dall'aula di spagnolo e mi scontrai con Alay che, dandomi una spinta con la sua mano sul mio collo, mi spostò più lontano in un evidente scherzo poco divertente.

«Sorridi.» urlò, facendo voltare qualche ragazzo verso di noi.

«Come se ci fosse qualcosa per cui sorridere al momento.» mi guardò male, seguendomi verso il bagno. «Che vuoi?» lei scrollò le spalle, lasciando ricadere lo zaino dietro la porta socchiusa della toilette. «Quando fai così vuoi sempre qualcosa.»

Per Sempre TuaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora